Addio a Kenji Damo Suzuki

È scomparso all’età di 74 anni lo storico performer giapponese, membro dei Can nei primi anni ’70 e volto dell’improvvisazione rock

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È stata una vita nomade quella di Kenji Damo Suzuki, storico performer giapponese classe 1950 scomparso lo scorso 9 febbraio a causa di un tumore al colon. Una vita avvinghiata a caso e talento; i due ingredienti fondanti di una carriera legata anche, ma non esclusivamente, al gruppo tedesco dei Can, a cui si unì nel 1970 quando due membri della band lo raccattarono a Colonia dopo averlo ascoltato strimpellare a bordo strada accompagnato dalla sua chitarra acustica.

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Un punto di svolta fondamentale all’interno di un’esistenza votata comunque già da tempo alla musica itinerante, da quando – lasciato il Giappone da adolescente – aveva iniziato ad affinare l’arte dell’improvvisazione, ritrovandosi a vagare per le vie del vecchio continente e diffondere il proprio inconfondibile stile psichedelico. Una collaborazione che sarebbe durata solo tre anni. Ma tre anni intensi, fatti di grande krautrock (corrente musicale anni ’70 basata sulla musica elettronica e il rock progressivo precedenti) e di album indimenticabili (Tago Mago, Ege Bamyasi e Future Days), nonché del singolo del 1972 Vitamin C, pezzo immortale riutilizzato anche su grande schermo – come in Vizio di Forma di Paul Thomas Anderson.

Da lì in poi il momentaneo abbandono della scena, la deriva religiosa con i Testimoni di Geova e la prima diagnosi di cancro datata 1983, con il conseguente ritorno sul palco e il re-incontro con il proprio pubblico. Quindi una prima guarigione e, in particolar modo, l’avvio del “Damo Suzuki’s Network”: un programma di improvvisazioni disseminate in giro per il mondo e arrangiate (in tutti i sensi) con musicisti di ogni continente – e al quale il regista nostrano Francesco Di Loreto avrebbe poi dedicato un documentario intitolato Neverending Tour (2015)Un progetto interamente firmato Damo Suzuki, del quale teniamo a ricordare lo storico tour italiano del 2011 in compagnia di Manuel Agnelli, Xabier Iriondo, Erico Gabrielli e Cristiano Calgagnile; realizzatosi in una serie di quattro concerti nello stivale e confluito nella nascita dell’album Sette modi per salvare Roma

I suoi ultimi anni, segnati da un riacutizzarsi della malattia, hanno conosciuto le difficoltà psico-fisiche dell’ennesimo tour – sul quale è basato il documentario Energy realizzato da Michelle Heighway – e delle numerosissime operazioni a cui l’artista si è sottoposto. Momenti di fronte ai quali lo spirito indomito di Suzuki ha sempre risposto con la consueta curiosità e voglia di fare o viaggiare. Lui performer, lui cantante, lui artista di strada e su strada, incapace di fermarsi, ma destinato a rimanere.

Hey youYou’re losing, you’re losingYou’re losing, you’re losing your vitamin C

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