Agnieszka Holland presenta Green Border al Tertio Millennio FF

La cineasta polacca è a Roma per ricevere il premio Fuoricampo, assegnato dai festival Tertio Millennio Film Fest, Religion Today di Trento e Popoli e Religioni di Terni, e tenere una masterclass

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“Mi sembrava assurdo. Dovevo fare qualcosa”.

Queste sono le parole della regista polacca Agnieszka Holland, la quale ha ricevuto presso la Filmoteca Vaticana il Premio Fuoricampo, assegnato dai festival Tertio Millennio Film Fest, Religion Today di Trento e Popoli e Religioni di Terni. Il Premio Fuoricampo viene attribuito al film che nell’ultimo anno è riuscito a scuotere gli animi e arrivare al senso più profondo della vita. Agnieszka Holland, conosciuta per essere una cineasta controversa e provocatoria, mediante il suo lungometraggio Green Border, pone sotto i riflettori lo straziante viaggio di migliaia di profughi alla ricerca di un posto dove ricominciare a vivere. Lei in prima persona si è sentita in dovere di trattare una tematica tanto dolorosa quanto importante: “Sono molto vicina al tema dell’immigrazione, anche io sono una migrante politica. Molti miei amici sono migrati nel ’68 dalla Polonia, quando il potere comunista ha cominciato la caccia contro l’intellighenzia di origine ebraica.”

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Il film, vincitore del Premio Collaterale CinemaSarà 2023 a Venezia, chiama in causa lo spettatore, lo scuote e non lo risparmia. Una visione drammatica e feroce dell’immigrazione, che segue la tragica condizione dei profughi rifugiati al confine tra Bielorussia e Polonia.   Non è la prima volta che la regista Agnieszka Holland denuncia ingiustizie di questo tipo; ricordiamo infatti Europa Europa del 1990, dove il focus dominante riguarda le nefaste violenze del nazismo. Questa volta i fatti trattati non sono lontani dalla nostra dimensione spazio-temporale, ma si stanno verificando ora, sono il nostro presente. “Un teatro di crudeltà” in cui i migranti sono respinti brutalmente da ambo le parti; torturati e oggetto di minacce tra Bielorussia e Polonia. Nonostante l’accesso in quelle aree sia non solo negato, ma anche illegale, la regista racconta durante la masterclass del 14 novembre all’interno del Tertio Millennio Film Fest a Roma, di aver voluto parlare con testimoni diretti. La sceneggiatura del film è stata scritta sulla base di tutte le informazioni ricavate dagli articoli, dai reportage e dalle approfondite conversazioni con gli attivisti che da anni lottano per la libertà delle vittime. Un film che la stessa cineasta definisce di finzione, ma che racchiude, nei suoi protagonisti e nella storia, la voce di migliaia di persone intrappolate in questo incubo senza fine. “E’ più facile mostrare il mistero del male perché non c’è nulla di misterioso”, spiega. “Quello che è misterioso è il bene perché è molto più difficile crederci”.

Così continua Agnieliszka Holland, che ancora una volta, come in altri suoi film, non ignora le ragioni del boia: un aspetto molto interessante per la cineasta, che cerca di indagare quella che è la psicologia che si nasconde verso coloro che vengono considerati “cattivi”. Nel caso di Green Border, l’attenzione si pone verso le motivazioni e i pensieri dei carnefici di vittime innocenti, in questo caso le guardie di frontiera. Durante gli incontri, avvenuti in maniera anonima, i giustizieri hanno raccontato i soprusi che avevano compiuto e, nel mentre, non riuscivano a trattenere le lacrime.

Il film è stato realizzato senza alcun contributo da parte dello Stato polacco, il quale avrebbe impedito il compimento dell’opera. La regista polacca durante la masterclass racconta di come lo Stato abbia respinto il film e utilizzato parole forti, contro la regista e contro tutti coloro che sono andati al cinema per avvicinarsi a questa tragica realtà: “Siamo stati attaccati per questo film. Il presidente della Polonia ha detto che non avrebbe visto questo film perché non voleva pagare il biglietto e la gente gli ha mandato dei biglietti per il film.” 

Un film di denuncia politica, un vero e proprio atto politico. Una presa di posizione che sfida i vertici del potere per una causa più grande: dare voce a chi non può essere ascoltato. 

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