"Apnea", di Roberto Dordit

L'opera prima di Roberto Dordit, appare come un noir innervato dal thriller politico anni Settanta. In una naturale e ormai tacita convenzione nazionale alla sopravvivenza, per eludere il rischio del silenzio, la parvenza nera non sporca, si trasforma in un paralogismo di tipo simmetrico, genere "neneista", tendente al grigio. Per la terza via…

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Opera prima di Roberto Dordit, documentarista veneziano che vive a Bologna ma che ha lavorato in passato soprattutto in Francia, anche nel dècoupage tecnico di spot pubblicitari. Apnea è stato realizzato, grazie anche al contributo ministeriale, nel 2004, nel 2005 ha partecipato al Taormina Film Festival, ma soltanto due anni dopo ha trovato spazio in sala, per merito soprattutto dell'Istituto Luce e di Nanni Moretti, l'unico a Roma a proiettare il film nel suo Nuovo Sacher. Girato a Vicenza, appare come un noir innervato dal thriller politico e si confonde tra le nebbie della "bassa" e i "và in mona!!!". Andare a quel Paese, dove le concerie più famose del mondo sono da anni in forte regressione economica, dove un uomo muore per presunto infarto a trenta anni e dove il suo amico, si ritrova a sbrigliare il giallo della prematura scomparsa. Niente è tutto come sembra: la crisi produttiva, lo sfruttamento della mano d'opera clandestina, gli incidenti mortali sul lavoro, gli uomini senza scrupoli, concorrenza sleale, ricatti, fanno parte tutto e tutti dello stesso mondo, di un mondo inquinato e senza scampo. È un film di genere che innesca il coinvolgimento dello spettatore attraverso una storia a sviluppo verticale fino a svelare l'ambiguità dei personaggi, dipanando lentamente i loro clichè di partenza. Proprio in un cinema come questo, asciutto e sobrio che ha come sfondo la cruda realtà socio-politica del paese, che si nutre di alcuni stilemi noir, proprio in un cinema come questo, appunto, atipicamente italiano, si evidenzia ancora di più lo scarto tra l'essere e il voler essere, l'abnorme divario tra testo e contesto, disamina e riflessione. Rischiare ma non troppo, osare senza eccedere, il cinema non propriamente nazionale è mutuabile non mutabile. Il contesto risucchia il testo, senza che da esso venga impreziosito, contaminato, compenetrato. C'è una naturale e tacita convenzione alla sopravvivenza per eludere il rischio del silenzio, al restare a galla o in apnea anche in eterno, perché anche il noir, la parvenza di noir, il neonoir italiano, non sporchi ma si trasformi in un paralogismo di tipo simmetrico, genere "neneista", né bianco, né nero, grigio. Allora si spiega forse così l'apparente spaesamento del protagonista, Claudio Santamaria, improvvisato investigatore più che del marcio, dello stantio intorno a lui, che ti prende e ti porta giù, inabissandoti insieme alla speranza di sovvertimento e di corrosiva frattura.

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Regia: Roberto Dordit


Interpreti: Claudio Santamaria, Elio De Capitani, Fabrizia Sacchi, Michela Noonan, Diego Ribon, Giuseppe Battiston


Distribuzione: Istituto Luce


Durata: 93'


Origine: Italia, 2005

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