BFM41 – Memoria e oblio in “Visti da Vicino”

La sezione dedicata ai documentari del Bergamo Film Meeting 2023 propone un percorso immaginifico tra memoria e oblio. Vediamone alcuni dei principali titoli

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Si compone di sguardi privilegiati la sezione “Visti da vicino” del 41° Bergamo Film Meeting. Sguardi indipendenti che scavano, insinuandosi tra cinema del reale e indagine psicologico-filosofica. Sguardi che domandano e si interrogano, girovagando per i sentieri della memoria in cerca di risposte.

Di memoria ragiona The Missing Tale (Emlékek Őrei), lungometraggio della regista e direttrice della fotografia ungherese Klára Trencsényi. Un racconto e insieme un viaggio che si dipana dall’est Europa fino al sud dell’India. Una storia che parla di identità personale e collettiva, intersecando la quotidianità della comunità ebraica nella città di Cochin – e al contempo riflettendo sui sentimenti di odio e rivalità esistenti tra ebrei cosiddetti bianchi e neri –  con la percezione (della stessa) elaborata dalla regista nel corso della sua osservazione; per poi spingersi ancora più in là e investigare il legame tra visione dell’altro e di sè, ricercando, nelle pieghe della narrazione, il valore dell’atto di “preservare” propria del Cinema. In una eterna lotta all’oblio che immagini e relazioni umane possono forse aiutare a combattere.

Le immagini dunque come simulacro; come resistenza all’inevitabile sbiadirsi del passato e delle voci che lo popolano. Le immagini, per rubare un’espressione a Past Futures (Die Vergangenen zukünfte) di Johannes Gierlinger, come alfabeto del domani; eredità essenziale che guida la cinepresa, dando vita a un coro a due voci che pone nell’interrogativo la propria ragione d’essere. Il cineasta austriaco intesse una fitta rete di domande; lascia che si rincorrano e si dispieghino, a partire dalla rivoluzione tedesca di marzo del 1848, in un complesso percorso di riavvolgimento, di “inversione dei negativi” della Storia. E su questa teorizza, azzarda arzigogoli, voli pindarici. Convinto che solo da una sua attenta rilettura, dall’analisi dei rivolgimenti che ne hanno segnato il cambiamento, possa emergere una necessaria riflessione sul ricordo, sul significato dell’oggetto monumento (un “memoriale alla memoria”) e sul montaggio; inteso come possibilità di recupero e associazione di immagini, nomi e volti destinati altrimenti a divenire spettri.

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Ma può uno spettro abitare anche il presente? Rimanere confinato in una prigione di indifferenza, liberato e restituito alla propria corporeità solo dalla curiosità di un altro sguardo? La domanda – l’ennesima – sottende i 65 minuti di durata di La visita y un jardín secreto, di Irene M. Borrego. Un’incursione di poco più di un’ora all’interno dell’esistenza della misteriosa Isabel Santaló, dimenticata artista spagnola degli anni ’50/’60 e ’70. Riappaiono memoria e oblio; tornano le relazioni umane, qui zavorre di rancore tematicamente opposte allo slancio dell’arte. Riemergono voci passate e altre in attesa di futuro. Ma a farsi strada, tra il ricordo – a tratti offuscato – del pittore e scultore Antonio López García, le (pochissime) testimonianze familiari e le riprese con camera fissa del sornione gatto Ramses, è soprattutto la rabbia propulsiva di un’artista silenziosa; una donna dai tanti segreti e molto da raccontare; rifiorita e lanciatasi coraggiosamente verso l’ignoto per aprirsi alla casualità dell’arte.

Ricordare il vuoto, conservare il nulla. Si compone di ossimori la sezione Visti da vicino del 41° Bergamo Film Meeting; preservando il significato primo di quel cineocchio teorizzato quasi cent’anni or sono: mostrare l’umanamente invisibile. Avvicinarsi, quasi di soppiatto, come detective dotati di speciali lenti di ingrandimento. Per poi lasciarsi trasportare, che sia nella sperimentazione concettuale di Machines in Flames (Andrew Culp e Thomas Dekeyser) o nella lotta familiare di Pongo Calling (Tomáš Kratochvíl). All’interno degli archivi fantasma di CLODO – il collettivo che negli anni ’80 bombardò diverse aziende di computer per poi svanire nel nulla – o nel piccolo schermo del cellulare di Štefan Pongo, il camionista Rom fondatore della Czechoslovak Romani Union, attivo nella lotta contro il razzismo. E infine scoprire che ognuno di questi volti, ognuno di questi nomi e corpi è solo un piccolo tassello di un puzzle infinitamente più esteso, un pixel di un’immagine fra migliaia che nella luce che le ha dato la nascita nasconde tracce di quel fuoco che ne determinerà la distruzione.

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