Blob, 20 anni dopo

Compie vent'anni BLOB, una delle più originali e rivoluzionarie trasmissioni televisive italiane. Lo festeggiamo ripresentando la prima puntata, andata in onda il 17 aprile del 1989.

 

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Compie vent'anni BLOB, una delle più originali e rivoluzionarie trasmissioni televisive italiane. Lo festeggiamo ripresentando la prima puntata, andata in onda il 17 aprile del 1989.

 

Ripubblichiamo, con l'occasione, un testo su Blog del direttore di Sentieri selvaggi, Federico Chiacchiari, scritto nel decennale del 1999.

 

 10 anni di Blob
 
Gustoso esempio di “sviamento” situazionista (definito da Guy Debord, il teorico del movimento come “appropriazione indebita, il contrario della citazione, dell’autorità teorica sempre falsificata per il solo fatto di essere divenuta citazione”), Blob, come pure le trasmissioni di Antonio Ricci (la più famosa “Striscia la notizia”, nata sei mesi prima) è un po’ la dissoluzione dello spettacolo televisivo, la critica “spettacolare” della televisione.
 
Nata come rubrica quotidiana il 17 aprile del 1989, nella fascia oraria 20/20.20 della Raitre di Angelo Guglielmi, Blob fu “inventata” da Enrico Ghezzi e Marco Giusti e realizzata con la complicità di una decina di collaboratori, impegnati giornalmente a catturare frammenti di televisione  da ricucire nella rubrica.
 
Il titolo è tratto da un vecchio film di fantascienza degli anni cinquanta, The Blob (in Italia Fluido mortale), diretto da Irvin Yeaworth jr. nel 1958. The Blob era un mostro venuto dallo spazio che ingurgitava tutto e tutti apparendo come una strana forma gelatinosa rossa. Dopo aver massacrato e ucciso veniva fermato (ma non distrutto) con un potente gettito di ghiaccio e poi paracadutato al Polo Nord per impedirne il possibile risveglio.
 
Attraverso il montaggio di gag, papere, i “vuoti” televisivi, le dichiarazioni e gli errori, Blob ha ricostruito giornalmente il meglio (e il peggio, ma nell’ottica di Blob è uguale) della TV del giorno prima. Nulla è sembrato sfuggirgli di ogni momento caldo delle tante trasmissioni.
 
Blob, di fatto, è stata la trasmissione cult della TV degli anni Novanta. Leggera e superficiale, maleducata e volgare, informativa e “oscena”, comunque la si voglia descrivere, altro non è che la riproduzione dello spettacolo televisivo all’ennesima potenza. Consapevole delle mutazione del corpo dello spettatore (che dagli anni ottanta con il proliferare delle emittenti e con l’uso del telecomando è definitivamente mutato) Blob ne replica abitudini e inclinazioni, ri-costruendo criticamente la televisione come luogo di mille possibili frammenti. Soprattutto ne dichiara l’assoluta unità, interezza di fondo. Come ha scritto proprio Ghezzi: “un film finisce e dici “l’ho visto tutto”. Alla televisione puoi vedere un programma, ma un programma è un pezzo. Tu sai che hai spento, non sei più in contatto, ma questa vita parallela che continua”. Nel suo essere totalmente costruito con pezzi della televisione del giorno prima, Blob meravigliosamente opera un paradossale passaggio dal “tutto” televisivo al “niente” televisivo.  Tutto in TV diviene uguale, ogni cosa ha lo stesso valore, nessun momento prevale sull’altro. In questa sorta di nichilismo mediatico, dove i corpi ripetuti (gli Onofrio Pirrotta, gli Sgarbi, o i politici della prima e seconda repubblica, o il refrain della Sandra Milo che grida “Ciro Ciro!!!”) diventano pezzi di palinsesto, e dove la visione frammentata diviene “il linguaggio della TV”, Blob ha saputo raccontare il mezzo televisivo come nessun altra trasmissione o saggio sulle comunicazioni di massa. Indipendente e selvaggia,  ha ridotto il presente (il giorno prima, ieri) immediatamente a storia, e i personaggi del mondo dello spettacolo (unificato globalmente in un unico mondo dove ci sono i politici, attori, soubrette, sportivi, ecc…) a pure icone ripetitive, quasi parodia di sé stessi. In questo gioco al massacro,  involontariamente, Blob ha però contribuito al successo personale di alcuni personaggi, che hanno utilizzato la popolarità che proprio il continuo passare su Blob gli conferiva. Autogol involontario di una trasmissione che nasceva da quel gusto situazionista di irrompere nella società dello spettacolo per rovesciarne il senso e distruggerla “spettacolarmente”. Oggi, dopo dieci anni di provocazioni, Blob continua imperterrita la sua battaglia quotidiana per raccontarci povertà e ricchezze “dell’altro mondo”, quello, beninteso, che esiste soltanto se è mostrato sul piccolo schermo. Eppure, avvincente paradosso, Blob ha nel suo meccanismo interiore una sorta di preparazione all’estinzione dell’audience: se esiste un luogo, un concentrato di TV che permette di non perdere nulla di “essenziale” di quello che la TV stessa ha mostrato il giorno prima, a cosa serve più guardare la TV, nell’impossibilità certa di poterne controllare flussi e imprevisti, e di seguirne i tanti palinsesti 24 ore su 24??  Sorta di inchiostro sensibile (allo 007) della TV contemporanea, Blob vorrebbe condannare la TV stessa all’autoestinzione per mancanza di spettatore. E non è detto che questo non accada tra pochi anni, quando ormai i palinsesti possibili con pay TV, video on -demand e Internet permetteranno a tutti di costruirsi il proprio personale palinsesto televisivo (la propria personale realtà?….) .
 
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