Un giorno Adriano Panatta disse che "il tennis lo ha inventato il diavolo". Una cosa simile deve averla pensata Lichtsteiner quando col volto paonazzo finisce con il fissare il vuoto, incastrato nella rete della sua porta una manciata di secondi dopo il gol di Angel Di Maria al 118 minuto. Pensieri sparsi dentro un volto trasfigurato dalla fatica e l'incredulità di un calcio mai come in questo mondiale estremamente competitivo e sadisticamente "ingiusto". Anche Argentina-Svizzera è andata così, in concitato equilibrio fino ai supplementari, con il gol dei sudamericani all'ultimo minuto e il palo colpito dagli svizzeri qualche istante dopo. Qualcosa di simile è accaduto più tardi in quella che forse è stata la partita più bella della manifestazione dopo Olanda-Spagna: Belgio e Stati Uniti hanno dato vita a un concentrato di contenuti tecnico-tattici straordinario. Gli Usa, da anni in rampa di lancio in questo sport, si sono arresi alla squadra più talentuosa e bella dell'anno. E' un Belgio forse più forte di quello che arrivò secondo all'Europeo 1980 e quarto a Messico '86. Ora la sfida con l'Argentina diventa una rivincita della semifinale messicana di 28 anni fa, decisa da una doppietta di Maradona.

Quanti finali in questi pazzeschi ottavi! Partite assurde, sorprendenti, infinite, (im)perfette. Partite in cui la qualità calcistica e quella emotiva sembrano preoccuparsi soprattutto di superarsi l'un l'altra in una sfrenata e folle corsa fino all'ultimo respiro. In realtà Godard esiste nelle partite di Brasile 2014 soprattutto nel disprezzo assoluto per il sacro, un disprezzo marchiato soprattutto dalla meccanicità spettacolare della tecnica televisiva, sempre più perfetta nel generare emozione "solo" attraverso il mezzo e il piccolo/grande schermo in surround. Per il resto volendo immergersi drammaturgicamente nell'evento sportivo la longa manus è quella di Hitchcock. Il ritmo dei match segue uno spartito collaudato che alterna momenti di distensione a improvvise accelerazioni da mestro del brivido con una particolare predilezione per i minuti di recupero e la pratica del remake. Argentina-Svizzera come Brasile-Cile. Neymar e Julio Cesar come Messi e Di Maria. Dzemaili come Pinilla. Gli sconfitti rubano gli occhi, mentre i favoriti passano il turno. C'è una sorta di cinico fatalismo che continua ad avvantaggiare i forti contro i deboli.

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Curiosamente Argentina e Brasile, le due squadre più accreditate nelle previsioni per il raggiungimento della finale – con un tabellone costruito appositamente per celebrare il big match nella partita decisiva al Maracanà  – hanno finito con il vivere lo stesso thriller: un (mezzo) delitto sotto il sole scampato grazie alla forza del talento ma anche alla benevolenza di un dio del calcio particolarmente sensibile alle inclinazioni economiche e pubblicitarie della Fifa, quest'anno fortunatissima nei passaggi di turno (le ha detto male solo con Cristiano Ronaldo). E se il calcio lo avesse inventato il diavolo?

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