CANNES 57 – Esuli

Esilio come ricerca del proprio passato e delle proprie origini in "Exils" di Tony Gatlif (Concorso) o esilio come emarginazione da una società impermeabile in "Bad Santa" di Terry Zwigoff (Fuori concorso) opere diversissime ed entrambe riuscite

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Prime indiscrezioni dal Toto-Palma d'Oro cominciano a segnalare Fahrenheit 9/11 di Michael Moore assieme a La vie est un miracle di Emir Kusturica come ipotetici vincitori. Non sono comunque escluse sorprese interne come un'affermazione di Agnès Jaoui con Comme une image. Del resto un film francese non si aggiudica il prestigioso riconoscimento da 17 anni e cioè da Sotto il sole di Satana di Maurice Pialat. Zoom sulla passerella del Grand Théâtre Lumiére: Tom Hanks con la moglie Rita Wilson, attrice e produttrice. Kathleen Turner, membro della giuria; Béatrice Dalle, che sarà protagonista di Clean di Olivier Assayas; Joel Coen; Omar Sharif; Roger Moore assieme alla sua famiglia.

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Nel frattempo, oltre a Diarios de motocicleta, per il concorso è stato presentato Exils dell'algerino Tony Gatlif, che racconta il viaggio di Zano assieme alla sua compagna Naima dalla Francia fino all'Algeria per conoscere la terra dove sono stati uccisi i genitori del ragazzo. Exils è autentico film nomade, come Rue de départ e Gadjo Dilo, fatto di continui attraversamenti, di consumazioni e abbattimenti degli spazi. Gatlif si attacca con la macchina da presi sui protagonisti, rispettivamente interpretati da Romain Duris (attore spesso utilizzato da Cédric Klapisch) e Lubna Azabal (che si era già rivelata con Lontano di André Téchiné) e cattura la forza dei suoni, le luminosità che surriscaldano i corpi, segni già evidenti dalla prima inauadratura dove si vede la schiena di Zano. Gatlif disegna un road-movie dove i mezzi sono i pulman, i treni e le navi oltre a interminabili camminate,  dove la meta è come continuamente ritardata. Forse talvolta il rischio del film di Gatlif è quella di eccedere in appariscenti soluzioni visive come il riflesso sull'acqua o la goccia di sudore di una donna col velo che, cadendo, colpisce Naima. Exils invece esplode nella sua forza nel continuo contatto con la terra (la scena in cui i due ragazzi vanno a cogliere la frutta), nei conflitti tra i due protagonisti (Naima che tradisce Zano) o nella liberazione progressiva del corpo come nel finale con quella danza/rito dove Naima è come riposseduta. Exils vive sulle sue traiettorie frequentemente interrotte, su una fisicità che appare spesso come faticosamente trattenuta, su un continuo confronto tra culture in cui si mescolano lingue, culture e religioni diverse e dove i protagonisti si vedono a un bivio, davanti a quelle origini che, abitando in Francia, si sono sbiadite. In un concorso di un livello piuttosto medio, l'opera di Gatlif che da il meglio proprio nel momento in cui sprigiona un'istintiva fisicità, spicca comunque per la sua indubbia sincerità.


Altra vicenda di un esilio volontario è quella di Bad Santa di Terry Zwigoff, ex-documentarista statunitense che si è poi rivelato con Crush e Ghost World. Sui toni della black-comedy, il film vede protagonisti un uomo disincantato, Willie T. Stokes, che lavora travestendosi da Babbo Natale nei grandi magazzini durante le festività collaborando con un suo socio nano. In realtà i due sono due rapinatori che studiano la disposizione degli edifici per poi poterli derubare. Un giorno però arriva, tra i tanti bambini che gli vengono a fare visita, Thurman, un ragazzino obeso che i coetanei deridono e chiamano "loser". Tra i due nasce una particolare intesa. Prodotto dalla Miramax e dedicato a John Ritter, qui alla sua ultima interpretazione prima della morte, Bad Santa si porta dietro un amaro cinismo mai gratuito ma molto umano, in linea con i toni della "commedia nera" ma che lascia muovere i suoi protagonisti proprio con le caratteristiche del cinema d'animazione. Il volto di uno straordinario Billy Bob Thornton rappresenta uno dei segni di un'opera mai riconciliata, di un film sulla solitudine ma anche sul diverso, con quella malinconia di Il Grinch di Ron Howard e quella dimensione funerea di Nightmare Before Christmas. Zwigoff si spinge sull'onda di un umorismo cupo, vicino alla disperazione nelle scene in cui Babbo Natale/Willie si piscia addosso o nella scena in cui cerca di togliersi la vita, oppure più vitale e ribelle nei momenti in cui Thurman saluta Wille mentre questi gfli ha sottratto la lussuosa auto del padre. Bad Santa mostra frequentemente le cicatrici di un'opera sofferta, di sofferenza dietro l'impeccabile sceneggiatura di Glenn Ficarra e John Requa. Per questo ogni riscatto, od ogni tentativo di riscatto, appare ancora più vero e coinvolgente.

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