CANNES 58 – "Match Point", (Fuori Concorso), di Woody Allen

“A qualcuno bisogna pure ispirarsi”. L'impressione che Woody Allen riposi per sei giorni (o sei film, piu o meno) per poi creare al settimo. Fuori Concorso si ferma tra gli umani, tra gli acuti melodrammatici percepibili ai sensi terreni. La commedia e' servita e la creazione particolarmente ispirata.

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Fuori Concorso, come sempre, dopo Hollywood Ending, prediligendo da qualche anno il fuori fuoco non tanto palese e tecnicamente esplicito, ma proprio l'affievolirsi (o il controllo) dell'esagitato autocitazionismo come effetto collaterale. Un giovane insegnante di tennis entra a far parte dell'alta borghesia londinese. Fa innamorare una donna ricca che non disdegna l'aiuto del padre per agevolare la scalata sociale del rampollo. Tra i due s'insinua un'altra donna, la passione carnale, il desiderio incontrollabile. Quella donna è Scarlett Johansson, che corrompe/corrode tutto il set con diabolica consapevolezza. La passione acceca e rende oltre che vulnerabili anche paurosamente egoisti. Il sentimento invalidante sconfina nella follia e nell'annullamento del corpo difeso e/o innocente. Si puo' rinunciare alla carriera e avere il coraggio di rimettersi in discussione, di restare in bilico fino alla fine, di giocare per la vita l'ultimo punto decisivo? Match point è una rete in mezzo e una lenta parabola della morale precipitata sul nastro, rimbalzante e (de)cadente nel campo che il destino pensiamo abbia scelto per noi. Cinema che sogna insieme allo spettatore di poter arrivare all'ultimo punto, per potersi riposare per sempre, poter tirare il fiato prima di fare i conti con se stessi. Ricorda Crimini e Misfatti, andando oltre la dialettica teologico-filosofica del rapporto con il Supremo: stavolta ci si ferma tra gli umani, tra gli acuti melodrammatici percepibili ai sensi terreni. Il richiamo che va oltre ogni sensibilità immediata, spinge al sogno incrociato, terribile congegno oscuro che riflette la personalità molteplice dostoevskijana. Per perder(si) definitivamente la partita, è necessario sacrificare gli innocenti o chi ostacola l'involuzione progressiva del progetto social/divino: a qualcuno bisogna pure ispirarsi.­

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Sembra che Woody Allen si riposi per sei giorni (o sei film, piu o meno) per poi creare al settimo. La commedia è servita, prima del finale tagico, ma senza drammi, solo tanta attenzione per lo sdoppiamento del classico dal neo-classico che normalizza o scorpora estreme sentenze.   

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