CANNES 59 – "Guisi (Silk)" di Chao Pin-su (Fuori concorso)

Scoperto il trucco, Chao Pin-su ripete lo stesso schema nella ripetizione dell'omicidio. Per filmare i fantasmi è necessario un altro approccio e un'altra sensibilità, più invisibile, più sotterranea, più dinamica visivamente. Quelli che al cineasta taiwanese mancano.

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Quando l'autorialità sui generi prende il sopravvento, gli esiti sono molte volte negativi. Guisi ne è una dimostrazione. Chao Pin-su, già regista di Ai qing ling yao/Better Than Sex, si orienta nella direzione di un horror soprannaturale in cui l'apparato scientifico lo trasforma in una sorta di film nebuloso, assolutamente privo di tensione. Forse Guisi testimonia uno stato di crisi del cinema taiwanese che va avanti ormai da qualche anno. Al tempo stesso però rappresenta anche l'esempio di un cineasta che utilizza il genere per condensare apparizioni improvvise, effetti come quella della mano che tocca il cuore e perde sin da subito quell'ambiguità visiva come quella dell'immagine del bambino che è presente inizialmente solo nella fotografia.

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Al centro della vicenda c'è una squadra di scienziati che vuole catturare l'energia di un ragazzino fantasma grazie a un cubo inventato da Hashimoto. Il bambino è isolato in un appartamento deserto e Hashimoto assume l'agente Ye per fargli scoprire cosa il bambino può rivelare sulla vita e sulla morte.


È proprio l'eccessiva presunzione del cineasta a far perdere consistenza a un horror freddo come un teorema e che però pretende al tempo stesso di mostrare le angoscie esistenziali e le pulsiono sentimentali dell'agente Ye e il suo legame con la madre morente e una fioraia. Scoperto il trucco, Chao Pin-su ripete lo stesso schema nella ripetizione dell'omicidio, con il filo che lega il bambino alla vittima designata e lo sguardo che non si deve incrociare. E anche i momenti potenzialmente più forti, come quello dell'agente Ye che cerca di proteggere la ragazza indicandole i gesti da compiere via telefono per evitare di morire, vengono subito bruciati dalla necessità di seguire lo schema di una vicenda già segnata. Per filmare i fantasmi è necessario un altro approccio e un'altra sensibilità, più invisibile, più sotterranea, più dinamica visivamente. Quelli che al cineasta taiwanese mancano.

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