CANNES 59 – I segmenti dell'incomunicabilità

Presentati in concorso "Red Road" di Andrea Arnold e "Selon Charlie" di Nicole Garcia. Il primo film inizia a crescere nel momento in cui si libera della sua programmaticità teorica. L'altro appare invece come un esempio corale non pretenzioso ma comunque vuoto e soprattutto impermeabile dove si resta, dall'inizio alla fine, sempre alla stessa distanza.

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Giunto al suo quarto giorno, il concorso di questa 59° edizione del Festival di Cannes fatica a decollare. Tranne per il caso del cinese Summer Palace di Lou Ye, il livello della competizione di quest'anno appare insolitamente di livello modesto. Non riesce certamente ad innalzarlo il primo film francese presentato nella selezione ufficiale, Selon Charlie di Nicole Garcia, attrice-cineasta francese che si era fatta apprezzare soprattutto per i suoi primi film dietro la macchina da presa, Un week-end su due (1990) e Le fils préféré (1994). Selon Charlie cerca di comporre un tessuto corale in cui, in una città nei pressi dell'Atlantico, viene raccontate le vicende parallele di sette personaggi che s'incrociano, si amano, si lasciano. Incroci di punti di vista immersi nei colori grigi della fotografia di Stéphane Fontaine dove dovrebbe essere accentuato quel senso di spaesamento, e comunque di solitudine, dei diversi protagonisti. In un cast ricco che vede attori come Jean-Pierre Bacri, Vincent Lindon, Benoît Magimel e Benoît Poelvoorde, la Garcia entra all'interno di alcuni microcosmi familiari come aveva già fatto con L'adversaire, presentato in concorso a Cannes nel 2002. Questa moltiplicazione appare come l'esigenza di costruire una specie di puzzle visivo dove dietro l'apparenza, vengono messe a nudo le debolezze e i vizi dei personaggi. La presenza costante è quella dello sguardo del bambino, Charlie appunto, a cui lo sceneggiatura di Jacques Fieschi-Frédéric Bélier-Garcia e della stessa cineasta vorrebbe dare la funzione non tanto di un punto privilegiato ma di un elemento di collegamento, segno di come tutte le figure di Seloin Charlie stiano lottando in definitiva contro la loro infanzia. È il bambino, per esempio, a far scoprire al suo insegnante che sua moglie ha un rapporto con suo padre. Alla fine i conflitti vengono anche esasperati, portati al loro punto di esplosione. Ma la Garcia costruisce un teorema sull'incomunicabilità spento, senza accensioni, dove anche lo stesso spazio in cui è ambientato il film finisce per diventare anonimo. Non è sicuramente un film detestabile Selon Charlie ma è impermeabile. Dura circa due ore e un quarto. Potrebbe finire dopo mezz'ora o terminare dopo quattro. Nessuno si accorgerebbe quando inizia e quando finisce.

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Sempre in concorso è stato presentato Red Road diretto dalla cineasta inglese Andrea Arnold, qui al suo primo lungometraggio dopo i corti Milk (1998), Dog (2001) e Wasp (2003). Red Road è il primo fillm nel quadro del progetto Advance Party, prodotto dalla britannica Sigma e dalla danese Zentropa, che implica la realizzazione di tre film diretti da tre registi che devono utilizzare gli stessi nove personaggi. Protagonista è Jackie (Katie Dickie) che lavora come operatrice per una società di videosorveglianza. Tutti i giorni osserva spesso gli stessi personaggi che sembrano quasi protetti dal suo sguardo. All'improvviso un uomo appare sullo schermo, un individuo che non avrebbe mai pensato di rivedere in quanto ha causato la sua infelicità essendo responsabile della morte del marito e del figlio. Capisce a quel punto che è arrivato il momento di affrontarlo direttamente.


La Arnold immerge la protagonista in una dimensione dove sembra che stia sempre sul punto di annegare. Per certi versi la programmaticità del film richiama le regole del Dogma. La macchina da presa è sempre vicinissima alla protagonista, la segue nervosamente. Inoltre tutti gli elementi da voyerismo video sono tipici del peggior cinema di Haneke come Niente da nascondere. La vista di Katie sulle persone e sugli oggetti permette effetti di avvicinamento e distanziamento. Dal suo punto di osservazione può ingrandire i dettagli, seguire le traiettorie. Fortunatamente, ad un certo punto l'opera della Arnold si libera di questa sua struttura cerebrale asfissiante e riesce ad avvicinarsi in maniera più spontanea ai personaggi. Il momento del rapporto tra Katie e il suo carnefice/vittima cresce gradualmente, rivelando e smascherando il dolore dei personaggi. La donna, ad un certo punto, finge di essere violentata dall'individuo che ha causato la sua infelicità e decide di farlo arrestare dopo aver consumato con lui un rapporto sessuale. Sullo sfondo di questo momento, dalla finestra, il pianoè caratterizzato dal colore rosso, che rende asettico quell'interno e trasforma il restante spazio rendendolo simile a un film post-futuristico.  Da quel momento emerge il talento della cineasta, precedentemente rimasto sommerso. Forse dal prossimo film potrebbe esplicitarsi in maniera più compiuta e diretta.

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