#Cannes2018 – Cosa succede a Cannes

Il Delegato Generale Thierry Frémaux ha parlato ieri di alcune delle novità della 71º edizione di un festival alla ricerca di un nuovo look pur essendo legato alla tradizione. Cosa succederà?

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Forse ci voleva la canzone di Vasco: “Cosa succede, cosa succede in città…”. Chissà se qui a Cannes la conoscono. Perché dopo tutte le novità annunciate, si avverte un senso di disorientamento. Come se all’improvviso ci si trovasse in un altro luogo. Il primo motivo della discussione è il fatto che le proiezioni per la stampa non saranno più anticipate, ma  saranno in contemporanea o posticipate rispetto alla première ufficiale. Molti addetti ai lavori hanno protestato sostenendo che in questa maniera si ostacola il loro lavoro. Non possiamo giudicare se questo cambiamento sarà positivo o negativo. Le somme le tireremo alla fine di questa edizione. Certo è che i festival in qualche modo devono cercare di modernizzarsi. La stampa è sicuramente un fattore indispensabile ma non l’unico. Devono recuperare l’appeal perduto, soprattutto presso le generazioni più giovani, negli ultimi anni sempre meno presenti sulla Croisette. Infatti quest’anno appare fondamentale la decisione di dare la possibilità agli ‘amateurs du cinéma’ tra i 18 e i 28 anni di seguire il festival con il pass “Trois jours à Cannes”.

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Ieri pomeriggio Thierry Frémaux, Delegato Generale del Festival di Cannes ha convocato una conferenza stampa straordinaria in cui ha spiegato alcine delle novità di questa edizione:

1) Il divieto di selfie sul red carpet. “La gente viene a Cannes per vedere i film non se stessi”. Gli anni scorsi, pubblico e giornalisti si facevano spesso delle foto mentre salivano le scale del Grand Théâtre Lumière e qualcuno ha fatto anche un bel ruzzolone. Del resto Bazin ai suoi tempi non li faceva. E a questo proposito ci è stato consegnato un cartoncino che ce lo ricorda. Forse si tratta di uno dei cambiamenti maggiormente decisivi.

2) Netflix. L’anno scorso il tentativo con due film in concorso – The Meyerowitz Stories di Noah Baumbach e Okja di Bong Joon-ho – è andato male. Quindi quest’anno non se ne fa nulla. In concorso ci vanno solo i film che saranno distribuiti nelle sale francesi. In realtà ci potevano stare Roma, il nuovo film di Cuarón, in concorso e il film restaurato di Orson Welles, The Other Side of the Wind, fuori competizione. Ma, come spiega Fremaux, nel primo caso non è stato possibile proprio per il regolamento del festival. Nel secondo non ci sarebbero stati problemi ma Netflix ha a questo punto declinato.

3) Dopo il caso Weinstein anche Cannes si muove in prima linea contro gli abusi sessuali.Almeno 100 donne sfileranno tutte insieme la sera del 12 maggio sulla Montée in segno di protesta contro le violenze”. E ci sarà un numero telefonico per le vittime (+33 (0)4 92 99 80 09) che riceveranno immediata assistenza dall’équipe del Festival, disponibile anche ad accompagnarle in ospedale o al commissariato e, se vogliono, essere messe in contatto con un’associazione specializzata.

4) Serie tv. “Le serie Tv sono industria, il cinema è poesia”. Forse, nel 2018, questa frase si commenta da sola

5) Pochi film americani. Cannes è svantaggiata dal periodo in cui si svolge soprattutto per i produttori statunitensi che puntano all’Oscar.

6) Lars Von Trier. Dopo il caso Melancholia del 2011 dove il cineasta danese era stato bollato come “persona non grata” è arrivato il momento del perdono. “Il comitato ha deciso che la punizione è finita”. Presenterà fuori concorso The House That Jack Built che vede protagonista Matt Dillon e con Uma Thurman in una piccola parte.

7) Omaggio a Ermanno Olmi. Il cineasta verrà ricordato con L’albero degli zoccoli, il film che gli ha fatto vincere la Palma d’oro 40 anni fa.

8) The Man Who Killed Don Quixote di Terry Gilliam. Dovrebbe chiudere il festival sabato 19 maggio ma è in corso una battaglia legale con il produttore Paulo Branco. “Mercoledì sapremo se il film potrà essere o meno al Festival”.

Dei cambiamenti, come si sottolineava erano necessari. Da capire quali siano quelli essenziali e quelli superflui. Si avverte sempre una frattura. Da una parte la necessità (più che la volontà?) di modernizzarsi. Dall’altra una tradizione legata all’apparenza che è stata per anni sinonimo di eleganza ma che rischia oggi più di imbalsamare che far luccicare il festival. Quale prevarrà?

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