#Cannes2018 Todos los saben. Incontro con Farhadi, Penélope Cruz, Javier Bardem

Mentre il regista iraniano parla del film d’apertura, motivazioni, inquietudini e la sfida di girare in spagnolo, l’incontro continua a rivolgersi al rapporto Bardem-Cruz, dentro e fuori lo schermo

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Più che Una separazione, la conferenza stampa dell’ultimo film di Asghar Farhadi a #Cannes2018 sembra un estratto di Scene di vita coniugale di Bergman. Mentre il regista e il cast – Penélope Cruz, Javier Bardem e Ricardo Darin – tentano di andare avanti e parlare del film d’apertura Todos los saben (everybody knows), il flusso della conversazione continua a galleggiare e tornare sugli stessi punti: Cruz e Bardem, marito e moglie, lavorando insieme, per la seconda volta in meno di due anni (dopo Escobar, presentato l’anno scorso alla Mostra di Venezia). E soprattutto, riuscendo a uscirne vittoriosi. Sin dalla presentazione, s’intuisce la dinamica con cui si svolgerà l’incontro: nel lontano 2010, quando Bardem vince la Palma d’Oro alla miglior interpretazione per Biutiful, l’attore spagnolo dichiarò il suo amore per Penelope pubblicamente per la prima volta. A quanto pare, però, nemmeno lui si ricorda. Entrambi sorridono, scambiano sguardi e poi cercano con lo sguardo il conforto nel regista Asghar Farhadi, a cui durante l’incontro dichiareranno – pubblicamente e più di una volta – il loro vero e grande amore.

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Innanzitutto, si parla di lingue. Questa volta, il regista iraniano si è spinto ancora di più e ha deciso di fare un film in Spagna, sulla Spagna, e in spagnolo. Idioma che, tra l’altro, lui non parlava. Con tutta calma e nella sua propria lingua, si confessa: “Ovviamente è più difficile girare in un’altra lingua, ma a me piace mettere il focus nelle cose che abbiamo in comune, perciò continuo a lavorare all’estero. Contrario a ciò che dicono i media, gli esseri umani non sono così diversi a seconda della nostra  cultura, quando si tratta di emozioni, di sentimenti, amore, odio, rabbia, siamo tutti uguali, soltanto il modo di manifestare ciò varia secondo la cultura”. Poi, aggiunge: “Alla fine, quello che conta è l’opera, non la persona che l’ha creata. Questo è un film molto iraniano che rientra in una cornice spagnola, ma che racconta una storia semplicemente umana”.

Detto questo, cominciano le vere dichiarazioni d’amore. La prima, Penélope Cruz, che da voce a un regista che si racconta attraverso altre storie, ma non parla molto di se stesso: “In questi anni, abbiamo lavorato così vicino, e due anni fa Asghar si è trasferito in Spagna. Aveva una insegnante di spagnolo, non dormiva per memorizzare i nostri dialoghi. Oltre al talento, lui è uno che lavora tantissimo, che ha messo anni della sua vita per raggiungere un obiettivo. E poi, ti scordi del fatto che lui non parla spagnolo!” Javier conferma: “Per me è un onore essere accanto a questo signore che ha prodotto uno dei film più spagnoli mai fatti, assolutamente dedito al suo lavoro”.

“Allora, mi stai domandando se lavorare insieme interferisce nel nostro matrimonio?”, dice Penelope un po’ stupita, quando l’incontro riprende la sua dinamica principale.Noi abbiamo imparato a non portare il lavoro a casa. Quando ero più giovane, pensavo di dover rimanere per mesi dentro un ruolo, ma poi mi sono resa conto che è inutile, che ho una vita e un lavoro e quello mi permette di entrare ed uscire nella realtà e la finzione in un giorno”. Poi, si torna a parlare di lingua, e pure del catalano e del conflitto nella Catalunya. Javier prende la parola e la fa breve: “Per me l’identità non ha a che fare soltanto con la lingua, sia spagnolo o catalano, non dovremmo distinguerci come persone riguardo alla lingua che parliamo”.

Il tempo sta per scadere e si parla di finali aperti. Il regista riprendere la parola e condivide un ultimo pensiero:Quando finisce un film, voglio che subito cominci un altro nella mente degli spettatori, una nuova trama, nuove inquietudini. Riguardo al tempo, penso che esistano due tipi di persone: quelli che pensano che crescere, invecchiare, sia costruire un tesoro, e quelli che lo vedono come un countdown verso la fine. Non sappiamo cosa ci aspetta, e non misuriamo le conseguenze delle nostre scelte quando le facciamo. Il film mostra anche quello, tutto ciò che fai ti cambia e cambia il  tuo posto al mondo”.

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