CINEMA – 1a Festa Internazionale di Roma – "La Niebla en las Palmeras", di Lola Salvador, Carlos Molinero (EXTRA)

Come una conferma, direttamente dal Tribeca Film Festival il film quadra il cerchio con le suggestioni arrivate proprio dalle pellicole provenute a Roma dal Festival di De Niro. Manipolazione dell'immagine digitalizzata, cinema come menzogna, quale novità, passato sempre presente che altera il nostro futuro, il futuro del Mondo

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Come una conferma, questo The mist in the palm trees direttamente dal Tribeca Film Festival quadra il cerchio con le suggestioni arrivate proprio dalle pellicole provenute a Roma dal Festival di De Niro. F for Fake, Orson Welles citato più volte lungo il film, La guerra dei Mondi ("che la guerra la si fa sempre contro i marziani"), manipolazione dell'immagine digitalizzata, tradimento del passato e della sua immagine, delle sue immagini, della sua verità – cinema come menzogna, quale novità, passato sempre presente che altera il nostro futuro, il futuro del Mondo. "Io non ho più immagini, quindi la mia memoria è perduta, dispersa, bruciata", dice la voce off del protagonista a inizio film. Interrogarsi sulla memoria, ancora una volta, e su quelle cose che si ricordano solo perché sono testimoniate da filmati, foto, prove tangibili del loro essere-state. Santiago Bergson viaggia nel tempo, in un passato che è un puzzle di vecchie foto gialle, filmati risalenti alle origini del cinema, gente intabarrata nei propri ingombranti abiti d'inizio Novecento, macchine d'epoca – per sei volte la sua voce off ci racconta una storia diversa, modificata, una nuova avventura in qualche guerra o Rivoluzione (e una volta addirittura partecipa come fisico al Manhattan Project per la costruzione della Bomba Atomica con Einstein e Fermi…), una variazione-variante della sua vita da fumetto, costruita sull'alterazione digitale delle stesse fonti, sul loro tradimento evidente (manca qualcosa di diverso dalle foto ogni volta, c'è qualcosa che è saltato in quel filmato a quel punto…), una nuova donna amata, una figlia differente che vuole conoscere la verità, una verità sul padre. Ogni volta un'attrice diversa, un volto che muta, digitale sgranatissimo "ai giorni nostri", una panchina sul lungomare, ricordi sul padre che anch'essi ogni volta cambiano, si confondono, si contraddicono tra di loro. Ricordi nebbiosi, come la "nebbia tra le palme", ma anche come la "nebbia" televisiva, le interferenze, la 'sabbia' sulle immagini. Il film della coppia Salvador-Molinero è forse un esercizio abbastanza sterile a metà tra la visual art e una versione con veri filmati d'epoca trattati al computer del sublime La Jetée di Chris Marker – i due autori cercano e ottengono il cortocircuito, ma è uno scarto programmato, telefonato, filtrato attraverso tutti gli strati di modifiche con cui hanno ricoperto i filmati reali (?) – al di là del nostro cortocircuito personale per cui per un attimo senza alcuna ragione apparente si è tornati con la mente a (F for) Fuga in Francia di Mario Soldati, proiettato a Venezia e poi giunto anche qui a Roma, e a quella meravigliosa sequenza in cui Folco Lulli balla goffissimo Come facette mammeta per nascondere con il piede il giornale per terra che pubblica la foto di lui come gerarca fascista ricercato (occultamento della realtà – delle prove…). Resta allora di La nebla en las palmeras forse soprattutto il piacere di una serie di ennesime affascinanti storie d'avventura alla Hugo Pratt in periodo di guerra, ed è probabilmente quello di cui ai due registi importava meno.

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