Cinema d’iDEA 2020 – I premi

Vince l’edizione online del festival Antonella Sudasassi Furniss con il suo El despertar de las hormigas. Premi anche per Mina Akbari, Chithra Jeyaram, Giulia Louise Steigerwalt, Narineh Grigoryan

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Cinema d’iDEA, festival internazionale di film diretti da donne che si svolge di norma a Roma, si è tenuto quest’anno in streaming sulla piattaforma Streeen.org a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia. La giuria composta da Giovanna Koch (sceneggiatrice italiana), Nicolas e Sarah-Lou Billon (produttori francesi), Paula Rivera (attrice e autrice messicana), Nino Russo (regista, sceneggiatore e drammaturgo italiano), Christine Höfferer (giornalista austriaca) e Gianni Celata (economista e docente italiano, esperto presso due sottocommissioni del Mibact), ha voluto premiare in diretta sui social il primo lungometraggio di Antonella Sudasassi Furniss, El despertar de las hormigas. Gli altri riconoscimenti sono andati alle registe Mina Akbari, Chithra Jeyaram e Giulia Louise Steigerwalt, e all’attrice Narineh Grigorian, presenti nel corso della diretta.

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Di seguito tutte le vincitrici e le motivazioni della giuria:

Miglior Film: El despertar de las hormigas di Antonella Sudasassi Furniss
Il film tratta un tema essenziale per la biografia femminile: la pressione da parte della società di sottomettersi ad un ruolo tradizionalista come madre e sposa. La regista è stata ispirata dalle domande con le quali le donne vengono spinte ad agire in un modo desiderato dagli altri: “Quando viene il prossimo figlio?” Domande di questo tipo suggeriscono che quello che la donna sta facendo non sarà mai sufficiente. La regista risponde con un altra domanda che la protagonista pone a se stessa: “Che cosa voglio io?”.

Miglior sceneggiatura: Foreign Puzzle di Chithra Jeyaram
Per aver affrontato con coraggio e grande sensibilità il tema di una malattia essenzialmente femminile come il tumore al seno, prendendo in esame tutti gli aspetti di relazione con il proprio corpo, con la propria famiglia, con la propria professione, che in queste situazioni vengono drammaticamente feriti e ridotti – come ci spiega il titolo – in pezzi da ricomporre, con sofferenza e tenacia, per tornare di nuovo in salute e integre. I pezzi delle relazioni si trasformano dunque in linee narrative che si intrecciano perfettamente tra loro come i gesti della danza delle ballerine che la coreografa protagonista mette in scena per raccontare di sé e della sua rinascita.

Miglior documentario: Formerly Youth Square di Mina Akbari
Per essere riuscita a raccontare un tema politico come la lotta per la libertà di stampa attraverso l’avventura, fatta di aspetti comici accanto a quelli drammatici, delle storie personali dei redattori minacciati nelle singole possibilità di sopravvivenza, quanto il loro giornale che infine è stato chiuso dall’ostilità del regime imperante. La regista ha fatto parte della redazione e ha voluto raccontare questa storia, la sua, la loro, con un mestiere diverso: proprio attraverso il racconto della sua trasformazione da giornalista in documentarista riesce a legare, andandoli a cercare nelle loro nuove situazioni, il gruppo dei “liberi” di allora, in una foto ricordo che li ritrae ancora sorridenti e combattenti. Mina Akbari continua a fare coraggiosamente sempre e ancora la giornalista.

Miglior cortometraggio: Settembre di Giulia Louise Steigerwalt
Settembre racconta il primo approccio all’amore di due adolescenti in un modo semplice, fresco, realistico ed esilarante ma profondo al tempo stesso. La regista ha curato nei minimi dettagli i dialoghi , dimostrando capacità e conoscenza di un mondo che spesso viene trattato in maniera superficiale o non adeguatamente, e altrettanta capacità nel dirigere i giovani attori in maniera convincente e delicata.

Migliore attrice: Narineh Grigoryan per il film Yeva di Anahid Abad
Bella, sottile, misteriosa e potente, l’interpretazione tiene lo spettatore in un costante stato di tensione e speranza che l’attrice interpreta con maestria una madre, una professionista, un’amante, una donna che non può vivere veramente la sua vita in maniera compiuta. Questo rende il viaggio del personaggio così difficile e devastante. Questa donna è trattata ingiustamente da una società che condanna le donne che si contrappongono a vecchie e obsolete tradizioni. Narineh Grigoryan ci rende partecipi della lotta di Yeva, ci dipinge il suo dolore in maniera ineluttabile ma elegante raccontandoci una storia di passione, amore e perdono.

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