Colour out of Space, di Richard Stanley

Da H.P. Lovecraft, Stanley ritorna sulla scena horror con un Cage-movie che tira un ponte tra due concezioni del genere, quella militante old school e quella arty che piace a questa generazione

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Al di fuori dello spazio i colori ci vanno quando non li facciamo rientrare lungo i bordi tratteggiati, e una linea o uno scarabocchio partono dalla nostra matita colorata o dal nostro pennarello e disubbidiscono al confine del disegno, delle pagine bianche con le figure ben delineate che vengono date ai bambini per passatempo (e da qualche anno anche agli adulti come pratica antistress). Cosa succede alle zone del foglio quando vengono invase da un colore che non appartiene a loro, estraneo e in grado di modificare in maniera perentoria i livelli dell’equilibrio del totale? Stanley chiarisce il piano della metafora inquadrando più volte il più piccolo dei pargoli dei Gardner intento a completare un album da colorare: che sia una divinità altrettanto capricciosa quella che fa piombare proprio ad un soffio dal tetto della fattoria di questa famigliola americana un meteorite da cui si sprigiona il colore letale del racconto di Lovecraft? L’evento inaspettato lascerà dei segni indelebili e oltraggiosamente corrosivi sulla psiche e sulla pelle di mamma, papà, tre figli e tutto ciò che capita intorno al cratere, animali, vegetazione, vecchi vagabondi e segnali elettronici di telefonini, radio e televisori.
Il ritorno sul grande schermo di Richard Stanley, cineasta di culto dell’alt-horror (personalmente ricordo un discreto fomento nel mio circolo di imberbi appassionati intorno ad un passaggio tv di Demoniaca a Notte Horror, metà anni ’90) sostanzialmente scomparso dalle produzioni di lungometraggi dopo la lavorazione interrotta del suo L’isola perduta, poi concluso da John Frankenheimer, è un’opera straordinaria almeno quanto la colonna sonora firmata da un Colin Stetson qui più aperto del solito a strumentazioni “canoniche”, ma micidiale come sempre anche soltanto con un gorgoglio minaccioso del suo sax. Colour out of space è anche un purissimo Cage-movie, state tranquilli, con i freak-out al punto giusto e la progressione sempre più incontrollata del suo benemerito, cristallino overacting: ma soprattutto, il nuovo film di Stanley è un ponte clamoroso e intergenerazionale tra due concezioni dell’horror, e due modalità espressive del genere.

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La struttura è quella dell’apologo apertamente politico (esplicitato dall’evidente caratterizzazione grottesca di alcuni passaggi) sulle basi della società statunitense, l’assalto condito da escalation di gore al sogno di questo nucleo familiare di città che si trasferisce ai confini della civiltà per allevare alpaca (“l’animale del futuro”) è portato avanti da una narrazione sospesa e da una scansione astratta degli eventi, che non lascia spiegazioni o appigli se non solo accennati a questo incubo carpenteriano (tra La cosaIl seme della follia Il signore del Male) che recupera un body horror davvero dal sapore nipponico nelle mutazioni della carne e nelle metamorfosi mostruose dei personaggi (la malcapitata madre Joely Richardson). Allo stesso tempo, però, le campiture irreali a cui il colore venuto dallo spazio costringe il cielo, la natura e pian piano qualunque elemento dell’inquadratura, fino alla visionarietà spintissima della feroce sezione finale, sembra un link lanciato ai campioni attuali della scena arthouse del genere, tutti neon e panels imbambolati, simbologia scoperta da baccanale e spirito performativo da happening.
Se da un lato è innegabile insomma il mood di omaggio ad un fuoco sacro dell’horror oggi probabilmente sepolto (il film recupera in qualche maniera anche l’atmosfera di un Friedkin dimenticato come L’albero del male), dall’altro Stanley dimostra di essere ancora un cantore irrequieto, urticante e meravigliosamente lisergico dello zeitgeist, come ai tempi del suo esordio Hardware con Iggy Pop e Lemmy. Speriamo non si tratti solo di un meteorite di passaggio ogni 20 anni.

 

Titolo originale: id.
Regia: Richard Stanley
Interpreti: Nicolas Cage, Joely Richardson, Madeleine Arthur, Elliot Knight, Brendan Meyer, Q’Orianka Kilcher
Durata: 111′
Origine: USA, 2019

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.13 (8 voti)
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