DVD – "Flesh", di Paul Morrissey

Primo titolo di una trilogia di film prodotti da Andy Warhol, diretti da Paul Morrissey e interpretati da Joe Dallessandro è un'opera totalmente autentica, vissuta (più che interpretata) da uno straordinario Dallessandro, icona sexy del cinema indipendente americano, che per anni ha contraddistinto la Factory di Warhol. Distribuito dalla Rarovideo

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TITOLO ORIGINALE: Flesh.

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ANNO: 1968.


DURATA: 86'.


CAST: Joe Dallesandro, Jackie Curtis, Candy Darling, Geraldine Smith.


REGIA: Paul Morrissey.


DISTRIBUZIONE: Rarovideo.


FORMATO VIDEO: free code pal.


FORMATO AUDIO: Versione originale con sottotitoli opzionabili in italiano e versione italiana del film.


EXTRA: booklet cartaceo bilingue.


Primo titolo di una trilogia di film prodotti da Andy Warhol, diretti da Paul Morrissey e interpretati da Joe Dallessandro, "Flesh" racconta la giornata di un marchettaro che va in giro per le strade di New York a prostituirsi per raggranellare i soldi necessari a far abortire l'amichetta della sua compagna. La cinepresa che pedina letteralmente il personaggio, scopre insieme a lui scorci di vita quotidiana underground. Tutto sembra (e in parte lo è) improvvisato, casuale, attraverso uno stile fatto di piani-sequenza con la camera a mano, di lunghi dialoghi, ecc. Ne viene fuori un'opera totalmente autentica, vissuta (più che interpretata) da uno straordinario Dallessandro, icona sexy del cinema indipendente americano, che per anni ha contraddistinto la Factory di Warhol.


 


IL FILM


Era il 1968, il Vietnam era in fiamme e così le miliardarie e geniali budella di Andy Warhol, bucherellato dalle pallottole della femminista schizoide Valerie Solanas. Il suo manager-cineasta-tuttofare Paul Morrissey, ex proiezionista, ne approfittò per girare in sei weekend un film che, semi-improvvisato e con un budget di circa tremila dollari, avrebbe cambiato la storia del cinema americano. Flesh, storia di un marchettaro a New York come il quasi coevo Midnight Cowboy, fu tante cose insieme: un medio alzato al ricordo del codice Hays, un incontro irripetibile tra sperimentalismo e tradizione narrativa, un ingresso trionfale del travestitismo nelle sale di tutto il mondo, un saggio sulla visione, una risposta alla liberazione sessuale  teorizzata da Marcuse, un film senza sceneggiatura, la celebrazione di un nuovo star system, il primo successo mondiale del cinema targato Factory. Soprattutto, fu l'invenzione del primo divo esplicitamente oggettuale della storia del cinema: Joe Dallesandro. Il corpo del diciottenne Little Joe, cantato da Lou Reed in Walk on the wild side, diviene nell'obiettivo di Morrissey lo specchio in cui la bellezza, ultimo ideale scampato al rogo della modernità, si riflette nello squallore di una società in cui la lotta per la sopravvivenza non è affatto un ricordo. La carne di Joe, posseduta, disegnata, fotografata, desiderata, tatuata, affittata, diviene il correlativo oggettivo di un'epoca in cui la scoperta delle libertà si riduce a scoperta della libertà di vendersi. Morrissey non filma, fotografa; non organizza, assembla; non dirige, imposta e osserva; manda all'aria qualsiasi principio registico precostituito dimostrandosi regista puro, creatore di forme dall'informe. La tradizione a cui si riallaccia, più che documentaristica o neoavanguardista, è neorealistica: Morrissey non ha mai nascosto la sua ammirazione per Rossellini e De Sica, e non è un caso se il soggetto di Flesh è ispirato a Una giornata balorda di Mauro Bolognini, scritto da Pasolini. L'influenza della teoria zavattiniana del pedinamento, poi, è evidente. Eppure non c'è fotogramma che non riassuma l'inquietudine e la frenesia anfetaminica degli anni '60, non quelli dell'utopia hippie e delle fughe psichedeliche ma quelli del disincanto, del realismo brutale, dell'eroina, dei Velvet Underground. Pochi esterni rubati, due strade e un marciapiede di Lower East Side (zona malfamata di Manhattan), tutto il resto è girato in interni; quanti film sono riusciti a raccontare il "New York state of mind" con mezzi tanto esigui? Flesh è una lezione di autenticità imprescindibile per il tutto il cinema contemporaneo, indipendente e non (Gus van Sant lo sa bene), ma anche un'istantanea pregna di quella malinconia e quella poesia invisibile che ha sempre animato la grande tradizione letteraria americana. "Non si può fare teatro con il teatro, letteratura con la letteratura" diceva qualcuno; "non si può fare cinema con il cinema", potrebbe chiosare Morrissey, e noi con lui.


 

IL DVD


La Rarovideo prosegue la sua coraggiosa opera di diffusione di certo cinema sotterraneo con la consueta competenza ed essenzialità. L'edizione è curata da Mario Zonta della Warhol Foundation da Silvia Baraldini. Se il cofanetto della trilogia di Morrissey era ricco di extra, a Flesh è allegato un booklet con informazioni sulle circostanze produttive del film e sul suo autore. La versione italiana è quella curata ai tempi dell'uscita del film da Alberto Arbasino; si consiglia tuttavia di fruire la versione originale per apprezzare le volute sporcizie del suono in presa diretta, della pronuncia degli attori, del loro inquieto balbettio di slang newyorkese impastato dalle anfetamine.  


 


 


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