DVD – "Quarantaduesima strada", di Lloyd Bacon

Film-archetipo dove scompare la differenza tra set e realtà, tra teatro di posa e falsificazione del mondo. Se il cinema è un composto della materia di cui son fatti i sogni, Quarantaduesima strada ne è una delle dimostrazioni più clamorose. Distribuisce la Warner Home Video

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Titolo originale: 42nd Street
Anno: 1933
Durata: 86'
Distribuzione: Warner Home Video
Genere: commedia musicale
Cast: Warner Baxter, Bebe Daniels, George Brent, Ruby Keeler, Dick Powell, Ginger Rogers
Regia: Lloyd Bacon
Formato DVD/video: 1.33:1 4/3
Audio: Dolby Digital 2.0 italiano e inglese
Sottotitoli: italiano, inglese, italiano per non udenti, inglese per non udenti, arabo
Extra: "Dentro uno studio di produzione di Hollywood", cinegiornale, Special, James Dean Collection Trailer

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IL FILM

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Un tuffo nell'età aurea della post-depressione. Sembrerebbe un ossimoro ed invece è la storia dello spettacolo a ricordarcelo: commedie e musical hanno spesso trovato terreno fertile nei momenti più drammatici della società (guerre, recessioni, etc.). Come una reazione ad un'azione uguale e contraria o se si vuole una fuga scintillante verso mondi stellati da ri-sognare. In fondo se ci si pensa, anche uno degli ultimi grandi musical della storia del cinema, il Moulin Rouge! di Baz Luhrmann è uscito nell'anno di grazia 2001, ,quello dell'attentato alle Torri Gemelle. Sarà un caso, sarà il destino, fatto sta che il kitsch postmoderno di quel film ci ha portato come pochi altri a riconsiderare l'irrealtà di un Sogno impossibile e di lì a poco il cinema statunitense si è modificato a poco a poco, addirittura ridando fiato a generi da tempo lontani dal mainstream come il bellico e l'horror che sotterraneamente avrebbero invaso anche altri. Predestinata sembra essere stata anche questa pellicola del '33 diretta da un Lloyd Bacon subentrato all'ultimo momento al regista designato Mervin LeRoy. Film-archetipo come raramente si è potuto riscontrare, inserito nel National Film Registry come "patrimonio nazionale", primo capolavoro del musical hollywoodiano degli anni '30, modello dello "spettacolo nello spettacolo" (e se Bob Fosse si fosse ispirato al regista interpretato da Warner Baxter per il suo All That Jazz più che all'8 ½ felliniano?) ripreso a Broadway cinquant'anni più tardi, prima espressione dello stile coreografico di Busky Berkeley, trampolino di lancio definitivo per alcuni (Dick Powell e l'esordiente Ruby Keeler), benaugurante per altri (la stella di Ginger Rogers, qui in un ruolo minore, di lì a breve splenderà ne La danza delle luci e, a partire da Carioca dello stesso 1933, nei film girati in coppia con Fred Astaire). Dinanzi a queste stellette la visione di quest'opera potrebbe apparire come un atto dovuto ed accademico ed invece il congegno stilistico ancora funziona e riesce a far interagire con vigore scenico e leggerezza invisibile stereotipi drammaturgici (l'amore, la lotta per il riscatto sociale) e riferimenti sociopolitici all'epoca depressa come in un film di gangster coevo. Tra difficoltà economiche e problemi di salute dati da ritmi di lavoro a dir poco logoranti, uno scontroso regista di successo riesce in sole cinque settimane ad allestire una nuova commedia musicale, Pretty Baby. Ma la sera della prima, la diva della compagnia, nonchè amante del produttore, si rompe una gamba. Sarà chiamata a sostituirla Peggy, l'ultima arrivata del corpo di ballo che, come Baxter profetizzerà, "esce dal camerino come una novellina, ma vi ritornerà come una stella". Ma più che la consueta ascesa dal nulla, a fungere da antidoto anti-Depressione sono le canzoni di Harry Warren e Al Dubin e i balletti di Busby Berkeley. Shuffle off to Buffalo, You're Getting to Be a Habit with Me e soprattutto quello che dà il titolo al film sono numeri d'alta scuola ma anche un'occasione di cinema perturbante. La macchina da presa nella sua fluidità di movimento ci restituisce le geometrie urbane, gli spazi organizzati e i corpi diventano un tutt'uno. Scompare la differenza tra set e realtà, tra teatro di posa e falsificazione del mondo. La magia berkelyana riesce così ancora a confonderci con la sua grazia. Se il cinema è un composto della materia di cui son fatti i sogni, Quarantaduesima strada ne è una delle dimostrazioni più clamorose.
 

IL DVD


La carta d'identità non incide neanche nella qualità della visione e dell'ascolto. La traccia video vanta un'invidiabile pulizia frutto e del restauro della pellicola originale e del nuovo riversamento digitale che consente di apprezzare nuovamente la fotografia di Sol Polito. Ulteriore momento di orgoglio per i medesimi trattamenti operati alle tracce audio ottiche. Gli extra non sono direttamente connessi al film ma aiutano ad entrare nel clima dell'epoca. Il vero anello di congiunzione in realtà è Harry Warren, definito nello short diretto da Ray McCarey come "il miglior compositore d'America". Lo vediamo esibirsi al piano con levigato mestiere come se suonasse tra amici con naturalezza. Non mancano poi i balletti tra silhouettes e movimenti di macchina delle folle di 42th Street. Poi si viaggia Dentro uno studio di produzione (A trip thru a Hollywood studio) per la regia di Ralph Staub. A metà tra il didattico e il promozionale, il percorso passa attraverso gli impianti delle varie Fox, RKO, Warner, Paramount, MGM, Universal, per poi passare ad illustrare varie figure professionali, dagli sceneggiatori agli addetti al casting, dalle chorus girls a Busky Berkeley. Scavando l'occhio fintamente indiscreto ci porta a momenti di privacy di una Dolores Del Rio in camerino o di uno James Cagney che accende una sigaretta. Nel cinegiornale diretto da George R. Bilson troviamo invece la squadra di football della Columbia University in visita agli studi della Warner Bros. o la giovane star della commedia musicale di Broadway Hal Leroy ballare il tip-tap e duettare assieme a Patricia Ellis. Memoria di un cinema che appare mitico e felice anche nei suoi momenti di propaganda.  


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