El Paraiso, di Enrico Maria Artale
Sostenuto dalle interpretazioni dei protagonisti, un melodramma familiare punteggiato da elementi criminali, gestito con cura dal suo regista. VENEZIA80. Orizzonti

Quando la musica latinoamericana si abbassa, il corpo imponente di Julio e quello esile e grazioso di sua madre si staccano, smettendo di volteggiare. Un sorriso d’intesa e tra i due si frappone un ometto con un doppio taglio improponibile per la sua figura. Julio, però, non fa storie. Sua madre è libera di ballare e flirtare con l’uomo, facendosi offrire svariati drink. Julio rimane a osservare, malinconico, fino a quando riaccompagna a casa con la sua barca la caracollante madre. La notte per lui, però, è lungi dal concludersi. Si accompagna con una prostituta, con la quale condivide la sua dose di cocaina. Prima del sorgere del sole, Julio è di nuovo a casa, in quel nido familiare avvelenato nel quale si svolge la maggior parte di El Paraiso, terzo film di Enrico Maria Artale all’80° Mostra Internazionale del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti.
Alla produzione troviamo Groenlandia, che prosegue la sua esplorazione dei generi cinematografici e delle loro possibili ricombinazioni. Stavolta è il turno del melodramma mescolato con la criminalità da fuori Grande Raccordo Anulare del quale l’immaginario si è saturato in questi ultimi anni. Siamo, infatti, non molto lontani dalla Capitale, a Fiumicino. Lì, vive il personaggio di Edoardo Pesce (Dogman) insieme a sua madre, una Margarita Rosa De Francisco Baquero (star di una delle telenovelas colombiane più seguite di sempre, Cafè con arome de mujer) capace di eruzioni di euforia e improvvisi inabissamenti. Il loro legame è asfissiante, anche se la mancanza di ossigeno sembra colpire molto più il sensibile e taciturno Julio. La loro relazione è in costante declino, anche e soprattutto per il fatto che i due si guadagnano la vita attraverso la stessa occupazione: il traffico internazionale di cocaina proveniente dalla Colombia, luogo natìo della madre di Julio. Quando una ragazza colombiana, usata come corriere, è costretta a rimanere per qualche giorno in casa loro, la gelosia della madre di Julio si accende e la tensione esplode.
Artale riesce a gestire quest’esplosione emotiva, incanalandola in dialoghi sentitissimi nei quali dà giustamente spazio ai suoi grandi interpreti. Spiccano i protagonisti, appoggiati da personaggi secondari sfaccettati che riescono ad alleggerire l’atmosfera mentre portano la scrittura a un livello più profondo. C’è la dolce (ma all’evenienza determinata) ragazza colombiana interpretata da Maria del Rosario e il grottesco trafficante di Gabriel Montesi (Favolacce), coi quali Pesce e Baquero formano una rete di emozioni struggente. Mettendo in secondo piano il racconto di Fiumicino e della provincia, attingendo quanto basta alla sfera criminale, El Paraiso trova il suo centro nel cuore della storia. Un cuore malandato, ferito, che sanguinerà in maniere inaspettate, fino, purtroppo, a incenerirsi.