English Rose?

Ci si domanda se il talento dipenda dalla matrice britannica. Ma la naturale inclinazione al sentimento trattenuto non impregna davvero la recitazione dell' attrice di Reading. Più appassionata, Kate Winslet riempie di emotività il suo viso ovale, bianco e dominato da occhi espressivi come pochi.

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Dopo essere stata la più giovane attrice a ricevere due nomination all'Oscar e la sola due volte nominata assieme a una co-protagonista nello stesso ruolo, essersi spogliata per Di Caprio in un Kolossal pluripremiato per poi voltare la schiena al mainstream, avere vinto un Grammy per il tema cantato di un cartoon natalizio entrato a sorpresa in top ten, che sfida rimaneva a Kate Winslet? Interpretare Jim Carrey, being Jim Carrey come sottolinea lo sceneggiatore di Being John Malkovich e Eternal Sunshine of the spotless mind, dove l'attrice si prende tutta la verve che è negata al suo partner, ex Truman, ex Mask ed ed Ace Ventura. Cinque diversi colori di capelli in una sola pellicola, comunque molti meno di quelli previsti nella stesura originaria. E un solo amore da cancellare. Così Kate Winslet si presenta nel film che passerà agli annali come il peggio tradotto della storia. Se mi lasci ti cancello al posto del verso di Alexander Pope L'alba eterna della mente immacolata. Immacolata come la neve mista a sabbia del film e la pelle di Kate Winslet, bellezza morbida e candida, inglese come la rosa inglese di tanti altri versi meno prestigiosi ma popolarissimi nell'immaginario britannico. Troppo paffuta e volitiva però per incarnare la rosea fragilità del topos socio-estetico della english rose. Nondimeno richiestissima nelle pellicole che attingono al repertorio classico inglese. Da Ragione e sentimento (Ang Lee – Jane Austen) a Jude (Michael Winterbottom – Thomas Hardy), senza contare i tanti passaggi teatrali. Fino all'Ofelia cinematografica di Hamlet per cui non ha nemmeno sostenuto un provino, tanto Kenneth Branagh la trovava tagliata per la parte.

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E fino a Titanic di James Cameron, piuttosto lontano dalla letteratura inglese e le sue rose, ma che proprio Rose battezza la sua protagonista. In quel ruolo la Winslet è controparte di Leonardo di Caprio. Strano assortimento per molti, che la vedono troppo materna per l'adolescenziale partner e ancora una volta troppo paffuta. Fatto sta che proprio la sua presenza ricca di intensità diviene una delle componenti del successo del film. Oltretutto la nostra si prende una piccola rivincita per quella volta in cui le fu negato il ruolo di Giulietta in Romeo + Juliet perché "troppo vecchia per stare accanto a Di Caprio". E anche se Titanic lancia più che altro la Di Caprio mania è quello il momento dove anche per Kate, veterana con oltre 10 anni di lavoro e riconoscimenti vari alle spalle, si accendono le luci anoressiche di Hollywood. "No grazie", più o meno, la risposta. Figlia di attori di teatro con stipendio traballante, discendente di una stella del vaudeville, allenata all'alternanza tra piccole parti in tv e lavoro part-time in un mini-market, Winslet non pare impressionata dalle promesse di un'industria pronta a coprirti di dollari per stritolarti in diete e typecasting. Rifiuta i ruoli in Anna and the king (andato a Jody Foster) e Shakespeare in love (che porterà l'Oscar a Gweeneth Paltrow). E se ne va in Marocco. Riga in mezzo, camicie hippy e figlie a seguito, è la protagonista di Hideous Kinky, tratto da un romanzo autobiografico di Esther Freud che già conosceva, perché regalatole anni prima da un fidanzato. Dopo le spese immense di Titanic, un film minuscolo, finanziato da una vincita alla lotteria, che non le porta successo ma le fa conoscere il futuro marito. Dopo di lui arriverà una bambina, Mia Honey, un divorzio, e un nuovo amore, fulminante, per il fulminante Sam Mendes.

Intanto la carriera la porta ancora a indossare costumi, per poi farseli sfilare come in Quills dove è la compiacente servetta del Marchese de Sade. E appare del tutto nuda in Holy Smoke di Jane Campion, dove è un'invasata di India e sette religiose che seduce il suo presunto psico-salvatore Harvey Keitel. Un altro film di cui si parlerà un gran male, ma che è tagliato sulla pelle dell'attrice, piena di rotondità e coraggio, e crea un'affascinante intesa con la regista, quintessenza del cinema feminine. Soltanto nel 2001 la rosa inglese si degnerà di calpestare il suolo americano (Titanic era stato girato in Messico) con lo spinoso The life of David Gale, girato da Alan Parker, comparso con molto ritardo nel 2003 e dedicato alla lotta contro la pena capitale. Nel film l'attrice è una giornalista che si ritrova a proteggere, inutilmente, il suo intervistato, un ex attivista ora nel braccio della morte interpretato da Kevin Spacey. Dura e affascinante, in questa pellicola Winslet è bionda e ingessata nei tailleur, ma resta difficile togliere la luce drammatica che sempre riempie le sue interpretazioni.



Ci si domanda se il talento dipenda dalla matrice britannica, poiché l'Inghilterra sempre sembra sfornare performer di talento. Ma la naturale inclinazione al sentimento trattenuto, splendida caratteristica dell'attore inglese, non impregna davvero la recitazione della trentenne attrice di Reading. Più appassionata, Kate Winslet riempie di emotività il suo viso ovale, bianco e dominato da occhi espressivi come pochi. Dunque questo approccio volitivo alla recitazione è più da ricercare nel codice genetico. Molto in quella famiglia un po' bohemienne (zio attivo sul palco e in tv, sorelle attrici, oltre alla citata eredità familiare dell'avanspettacolo), e certo qualcosa in un una serie di sventure che colpiscono a più riprese la sua sfera degli affetti. Ma molto appartiene al carattere di una bambina un po' in carne, soprannominata Blubber dai compagni di scuola, che a 11 anni impone al padre di iscriverla a una scuola di recitazione dove sarà messa in un angolo dai compagni ricchi e saccenti ma da cui l'ascesa non si fermerà mai. E se con il senno di poi la possiamo vedere come la fatina che porterà fortuna a Peter Jackson, che con Human Nature le da il primo ruolo cinematografico, osservare la carriera serena di quest'attrice che non è una star dà una certa fiducia nella possibilità di intendere la recitazione non solo come un noioso biglietto da timbrare per accedere alla celebrità. E anche notare che una bellezza incontestabile ma imperfetta non spinge sempre a fare di tutto perché la perfezione sia raggiunta, e quanto prima. E fa piacere vedere una Winslet che, smessi letteralmente i panni lascivi di Quills si infila occhialoni e golfino marrone per essere una nerd più goffa che mai in Enigma. Salvo poi gettarsi nella sexy-fluorescenza di Clementina-Mandarina in Eternal Sunshine of the spotless mind dove, in attesa di vederla ancora una volta madre in Neverland, possiamo gustarne un'altra sfumatura di recitazione drammatica. Drammatica, e recitazione, indeed.



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