FAR EAST FILM 8 – All'estremo del musical… A proposito di Inoue Umetsugu

Quest'anno il festival ha dedicato un'ampia retrospettiva al musical asiatico. In particolare si è voluto omaggiare il più "minnelliano" dei registi, l'antesignano del periodo migliore: il giapponese Inoue Umetsugu. Tradizione che si maschera nel dopoguerra, moderno che si scopre prima d'ogni genere.

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Se le labbra vibrano canticchiando "Linda Linda Linda", agli occhi ritorna l'immagine simbolo del festival: il buco di un proiettile in mezzo agli occhi di una donna di piacere, che invece di morire, vede raggiungere cime inimmaginabile il proprio quoziente d'intelligenza. Tutto succede nel film capolavoro "pink" di Meike Mitsuru, The Glamorous life of Sachiko Hanai, sottotitolo: The Kinkiest Gorge W. Bush invasion. Il pertugio è uno spiraglio sempre aperto e accogliente, che macina immagini e parole alla velocità della luce. È come essere catapultati in un pianeta inesplorato in cui si depositano i rifiuti (intesi come ciò che non ci va che invadi la nostra testa) del mondo. Alla fine quel pertugio sembra fumare come un'arma che ha esploso il suo colpo ma che resta puntata sulle nostre aride coscienze inesplorate. Dall'estremo oriente, Udine insegna da anni che non arriva solo horror e azione, ma opere minimaliste, melodrammi e soprattutto musica e musical. Quest'anno il festival ha dedicato un'ampia retrospettiva, appunto, al musical asiatico, privilegiando principalmente la categoria dei film "con inserimento di musiche" nella quale i numeri musicali (spesso canzoni) sono incorporate in modo organico nello scorrimento della trama. Spesso sono ambientati in bar o nightclub, con canzoni e cantanti di successo. In particolare si è voluto omaggiare il più "minnelliano" dei registi asiatici, l'antesignano del periodo migliore per il genere: il giapponese Inoue Umetsugu. Proprio negli anni sessanta e settanta il musical tocca le vette più alte, diventando il collante culturale e popolare che sapeva tenere insieme fiction e musica, dramma e lieto fine, arte millenaria della danza e le tendenze pop melodiche occidentalizzanti. Tra i titoli di maggior successo: Hong kong Nocturne, Tokio Cinderella Girl, The Performers. Se gli stereotipi sono sempre quelli: la giovane o il giovane di umile estrazione sociale che dalla campagna si trasferisce in città in cerca di fortuna nel mondo dello spettacolo, davvero impressionante è la cura nella caratterizzazione dei personaggi e la raffinata ricerca del bello cromatico e coreografico. Non c'è mai però la tendenza di voler dimenticare il pubblico che esige il bel finale, dove tutto ritorna a posto come nella migliore tradizione del genere stesso. In più, quello che più impressiona è quell'olisitca e meravigliosa abilità di legare e confondere il canto al parlato, la coreografia alla scenografia. Magiche moltiplicazioni che invadono anche l'immaginario e i sogni dei protagonisti, come se fossero bilingue. La sensazione è quella di sentire ancora meno ostile e lontano il musical, insieme al melodramma, perché sa ascoltare quando non canta e sa rivelare quando non parla. È il paradosso: il musical di Umetsugu  è la tradizione che si maschera nel dopoguerra, è il moderno che si scopre prima di ogni mito.

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