Fernando Solanas, tra umanesimo e militanza

Ci ha lasciato a 84 anni lo scorso 6 novembre Fernando “Pino” Solanas, padre del Terzo Cinema latinoamericano, autore di un cinema umano e politico. Da La Hora De Los Hornos ai doc degli anni 2000

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Pino è un nome che mi hanno dato quando ero piccolo. Non so perché l’abbiano scelto, neanche mia madre ha saputo spiegarmelo, me lo sono trovato e basta”.

Forse il destino di Fernando Solanas, uno dei maestri del cinema militante latino-americano morto a Parigi il 6 Novembre, ad 84 anni, era nascosto fin dai suoi primi attimi di vita in quel soprannome, Pino, che gli era stato affibbiato da un’entità sconosciuta e per non si sa bene quale motivo.

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Un’identità, quella di Solanas, che finisce per moltiplicarsi in una moltitudine di identità differenti. Pino è l’alias del rivoluzionario impegnato in un’azione destabilizzazione ma è anche un’identità/riparo da cui l’oppresso può essere rappresentato, di qualcuno che porti all’attenzione del resto del mondo le sue istanze.

In Pino Solanas si coagulano non solo due elementi cardine di certa militanza politica ma anche i tratti essenziali del suo modo di intendere il cinema, legato al racconto delle tensioni politiche della sua Argentina e a favore della collettività.

La prima tappa della vita artistica di Solanas si sviluppa nell’ambiente universitario di Buenos Aires alla fine degli anni ’60: è qui che fonda, insieme a Octavio Getino e Fernando Vallejo, il gruppo Cine-Liberacion, collettivo artistico vicino alla sinistra Peronista. Fautori di un cinema militante, Solanas e Getino, nel 1969, firmano il manifesto Verso Un Terzo Cinema, nel tentativo di sviluppare un terzo polo cinematografico contrapposto a quello Hollywoodiano ed europeo che porti l’attenzione del pubblico sui paesi oppressi dalle ambigue politiche neoliberiste.

Il cinema concepito dai due intellettuali è figlio di un approccio collettivista ma anche nutrito da una spinta alla guerriglia artistica, sviluppato da piccole unità produttive e i cui progetti nascevano spesso da riprese non autorizzate.

Il progetto centrale del Terzo Cinema è La Hora De Los Hornos, opera monstre girata clandestinamente da Getino e Solanas e presentata anche al Festival Del Nuovo Cinema di Pesaro nel 1968 che, in tre parti, racconta i più importanti movimenti rivoluzionari in atto in quel momento storico, spostandosi tra le rivolte degli studenti in USA, la Primavera di Praga e le lotte in America Latina.

Nel 1976 Solanas va in esilio a Parigi e dà una nuova svolta al suo cinema. A metà tra cinema del reale e fiction Tangos è il primo film che Pino Solanas gira in Francia e in cui fa confluire tutta la delusione per il destino politico del suo paese. Nel gruppo di artisti argentini esuli a Parigi impegnati nell’organizzazione di uno spettacolo dedicato all’icona Carlos Gradel si possono riconoscere in controluce tutti quegli amici di Solanas che non sono riusciti a scappare dalla dittatura militare e in quei finanziatori francesi che non accettano di produrre lo spettacolo, forse si ritrovano i tratti di quella burocrazia che nei primi anni ’70 non permise a Solanas e Getino di distribuire il loro documentario su Juan Peròn, in un continuo inseguimento di fantasmi che ricordano al regista tutto ciò che ha lasciato indietro.

Tango raccoglie i semi di una nuova concezione del cinema da parte di Solanas, che guarderà ora alla realtà attraverso un approccio intimo all’umanità che racconta, influenzato anche dal realismo magico.

In Sur, il dramma dei desaparecidos è raccontato attraverso il linguaggio onirico dei sogni in cui è coinvolto il protagonista mentre nel successivo El Viaje l’elemento on the road è soltanto un pretesto con cui Pino Solanas affronta l’eredità culturale delle nuove generazioni sudamericane, entrando in contatto con l’umanità che popola le regioni più oscure del sudamerica.

L’ultima parte della carriera registica di Solanas rappresenta la chiusura di un cerchio artistico lungo trent’anni. Il regista torna al documentario militante ma sceglie di raccontare le vicende dell’Argentina degli inizi degli anni ’00 senza perdere quello sguardo intimo nei confronti degli ultimi che ha riscoperto durante l’esilio.

Da questa nuova consapevolezza nasce, tra il 2004 ed il 2009 un ciclo di documentari che studiano la crisi socio-economica argentina del 2001, storicizzandone le cause (Memoria Del Saqueo, 2004), raccontandone le vittime (La Dignidad De Los Nadies, 2005), aprendosi ottimisticamente sul futuro (Argentina Latente, 2007) e attaccando tutte quelle potenze straniere che volendo sfruttare fino all’ultimo le risorse dell’America Latina l’hanno spinta nel baratro in cui si trova in questo momento storico (Tierra Sublevada, 2009).

Pino Solanas è stato uno degli ultimi rappresentanti di un cinema che non esiste più, forse un vero e proprio unicum nel panorama artistico degli ultimi quarant’anni, un intellettuale capace di sporcarsi le mani in prima persona per ciò in cui credeva la cui pesantissima eredità, forse, ha finito per scomporsi, tra motivi, simboli, approcci, non solo in tanti maestri del passato ma anche in autori contemporanei come Pablo Larrain o Pablo Trapero.

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