FESTIVAL DI ROMA 2012 – “El ojo del tiburon”, di Alejo Hoijman (Cinemaxxi)

El ojo del tiburon
El ojo del tiburon
non sente il bisogno di nessuna impalcatura narrativa da seguire, piuttosto si fa condurre dagli sguardi dei suoi due protagonisti, pur senza sapere bene dove lo porteranno. Alejo Hoijman si lascia prendere per la mano da Maicol e Bryan abbandonadosi, semplicemente, alle loro peregrinazioni senza meta, alla presenza così tangibile dei loro corpi

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el ojo del tiburonOgni cosa, al suo passaggio nel mondo, lascia dietro di sé le sue tracce, le immagini possono catturarne la voce, come le grida dei maiali selvatici che risuonano nella giungla, e rivelarne in tal modo la presenza. Al suo terzo documentario, dopo Dinero hecho en casa e Unidad 25, l'argentino Alejo Hoijman insegue le tracce lasciate nel mondo da Maicol e Bryan, due ragazzi che si avvicinano alla soglia dell’età adulta e che, mentre imparano a diventare cacciatori di squali al fianco dei loro padri, vivono quella che forse è la loro ultima estate da adolescenti, in uno sperduto villaggio del Nicaragua, Greytown, affacciato sull’oceano, circondato dalla giungla e da un fiume.

"Di cosa parla questo film?", chiede una ragazza e Maicol, con le gambe a penzoloni sul fiume, risponde: "di come è la vita qui". El ojo del tiburon non sente il bisogno di nessuna impalcatura narrativa da seguire, piuttosto si fa condurre dagli sguardi dei suoi due protagonisti, pur senza sapere bene dove lo porteranno. Alejo Hoijman si lascia prendere per la mano da Maicol e Bryan abbandonadosi, semplicemente, alle loro peregrinazioni senza meta, alla presenza così tangibile dei loro corpi. Come dice lo stesso Hoijman, El ojo del tiburon è una “poetica degli eventi”, è un collage di momenti intessuto della materia stessa dello scorrere della vita, le corse in barca, con i capelli scompigliati dal vento, lungo il fiume che abbraccia il villaggio, le reti srotolate a fatica sulle onde del mare, i colpi di machete per farsi strada nella giungla. E poi le chiacchiere sulle donne, le scorribande a suon di fionda con gli amici e i sogni di futuro. Momenti che rimandano ad un altrove emotivo, quello di Maicol e Bryan, impossibile da mostrare se non cercando di cogliere nei loro occhi quel fuoricampo verso il quale sono puntati i loro sguardi. L’hai visto?, grida Bryan alla camera, ma Hoijman non stacca dai corpi dei due ragazzi, non mostra mai il controcampo verso il quale Maicol e Bryan si volgono. L’unico modo di vedere veramente il mondo che si schiude davanti al loro sguardo è coglierne il riflesso che brilla nei loro occhi. 

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