FILM IN TV – Toro scatenato, di Martin Scorsese
Tra realismo ed espressionismo, in un equilibrio perfetto. Con Robert De Niro, alla migliore interpretazione della sua carriera, premiato con l’Oscar. Martedì 28 giugno, ore 00.45, Sky Classics
“È colpa tua, Charley. Eri mio fratello. Avresti dovuto prenderti cura di me almeno un po’, invece di farmi prendere tutte quelle botte solo per un po’ di soldi. Non capisci… È questione di classe! Potevo diventare un campione. Potevo diventare qualcuno, invece di niente, come sono adesso. Guardiamo in faccia la verità. È colpa tua, Charley. È colpa tua.’’ (Fronte del porto, Elia Kazan, 1954)
La madre di tutte le sconfitte. Una totale identificazione con la forza autodistruttiva che muove i bicipiti di Jack La Motta. Un film portato avanti e completato come se fosse l’ultimo, la sensazione maliconica di dover lasciare un testamento postumo. Toro scatenato non è un film sul pugilato, non è un film su Jack La Motta, non è un film sociologico su un italo-americano di Brooklyn che cerca una seconda possibilità. Martin Scorsese vuole rappresentare in un bianco e nero neorealistico (molto vicino all’esempio di Rocco e i suoi fratelli di Visconti) la lucida coscienza della propria via crucis esistenziale, l’evangelico “prima ero cieco, adesso ci vedo….”
L’incipit detta il ritmo lirico del film: sulle note dell’Intermezzo della Cavalleria rusticana di Mascagni vediamo Jack La Motta (Robert De Niro alla migliore interpretazione della sua carriera, Oscar 1981 miglior attore protagonista) avvolto in una nuvola di fumo, muoversi al rallentatore su un ring che sembra sospeso nel tempo e nello spazio, agitando i guantoni contro nemici invisibili; unico punto di riferimento le tre corde del ring che dividono il campo di ripresa in quattro segmenti, tra i flashes delle macchine fotografiche. Ascesa, trionfo, caduta, catarsi. Tutto raccontato tra realismo ed espressionismo, in un equilibrio perfetto. Nella fase ascendente della parabola vediamo il talentuoso Jack macinare ad uno ad uno i suoi avversari, con la determinazione di una rabbia giovane non contaminata dai compromessi.
Le riprese dei combattimenti sono entrate nella storia del cinema: Scorsese mette la macchina da presa in mezzo al ring, e i pugni dati e presi sono ingigantiti dalla soggettiva. Gli schizzi e le trasfigurazioni dei volti tumefatti sottolineano in maniera iperrealistica la violenta legge della vita, il corpo cristologico che sanguina in un martirio autoinflitto. Il montaggio di Thelma Schoonmaker, anch’esso premiato con l’Oscar, non fa che amplificare la sensazione di essere al centro del combattimento, alternando le soggettive dei due pugili e modificando immagine e suono secondo il mood: i primi incontri inondati di luce, con spazi più grandi e suoni nitidi, le ultime sfide accompagnate da versi di animali (barriti, nitriti), tamburi e infine da silenzi eloquenti. Nell’entrata in arena Scorsese segue il “Toro del Bronx “ in un lungo piano-sequenza regalando la sensazione di essere al fianco del protagonista. Già in questa fase viene tratteggiato il carattere di un uomo insicuro, corroso dalla gelosia per la giovanissima moglie (Cathy Moriarty), in competizione con il fratello (un Joe Pesci leggendario), ossessionato dal peso e dall’avere le mani troppo piccole.
I dialoghi tra De Niro e Joe Pesci sono quanto di più bello abbiano prodotto Martin Scorsese e Paul Schrader in termini di aderenza alla realtà: questi scambi, a volte improvvisati dai due attori, sono esaltati da veloci campo-controcampo e da una mimica irresistibile. In altri momenti il presagio di follia imminente è accompagnato da movimenti lenti della macchina da presa o quadri fissi: un televisore che non funziona, una rampa di scale in una panoramica insistita. La parabola discendente di Jack inizia proprio nel momento in cui è costretto a vendersi alla mafia. Adesso la paranoia riconosce nemici ovunque. I pugni colpiscono a vuoto, perché non si vede più il bersaglio. Jack si lascia massacrare da Sugar Ray come per espiazione, allargando le braccia in segno di resa. Cerca di inventarsi una seconda carriera aprendo uno squallido locale e intrattenendo gli avventori con battutine da avanspettacolo. In questo delirio masochistico viene beccato dalla polizia per corruzione di minorenne. Il grande Jack La Motta in cella, grasso come un bue (trasformazione straordinaria di De Niro, ingrassato veramente di 25 chili), dileggiato dai secondini. I fasci di luce nel buio fanno emergere una figura totalmente trasfigurata, un animale morente. Una fine indecente come indecente è staccare a martellate le pietre preziose dalla cintura iridata per ricavarne un po’ di soldi. Ma proprio nel buio della prigione avviene la conversione dell’uomo La Motta, in una delle scene più toccanti del film. Quella serie impressionante di pugni rivolti verso il muro sono in realtà diretti verso sé stesso, nella lucida coscienza di avere sprecato il proprio talento.
Il finale è un altro colpo di genio di Scorsese, un nuovo duello allo specchio (sul modello di Taxi Driver “ehi dici a me?”), ma stavolta il sorriso teatrale di Jack, mentre recita un monologo di Fronte del porto, sottende la rassegnata accettazione della sconfitta nella grande commedia della vita (that’s entertainment, anche questo fa parte dello spettacolo). Prima eri cieco, adesso finalmente puoi vedere davanti ai tuoi occhi il tuo vero avversario: questa volta non cercheremo un capro espiatorio, una moglie, un fratello, un pubblico ostile; questa volta sappiamo benissimo di chi è la colpa. It was you, Jack.
Titolo originale: Raging Bull
Regia: Martin Scorsese
Interpreti: Robert de Niro, Joe Pesci, Cathy Moriarty, Frank Vincent
Durata: 128′
Origine: Usa 1980
Martedì 28 giugno, ore 00.45, Sky Classics