"Il mio grosso grasso matrimonio greco", di Joel Zwick

Sviluppato su un'ammiccante tessuto di stereotipi narrativi e fondato su un "rassicurante" tradizionalismo, il film dispone di un meccanismo comico che, pur non spiccando per originalità, possiede la necessaria scioltezza per risultare avvincente.

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Produzione indipendente in grado di ottenere un enorme successo commerciale, scritta (a partire da un suo spettacolo teatrale) dall'attrice protagonista e diretta da un navigato regista televisivo, questa commedia romantica possiede, almeno sulla carta, tutti gli ingredienti per risultare coinvolgente e riscuotere l'entusiasmo delle platee. La vicenda si sviluppa su un ammiccante tessuto di stereotipi narrativi e, nella fattispecie, cinematografici: la ragazza impacciata e bruttina che scopre la propria femminilità, operando una trasformazione che la conduce a realizzarsi nell'amore e nel lavoro; le peripezie sentimentali di una coppia di innamorati alle prese con il rifiuto della famiglia di lei; il difficile equilibrio tra un microcosmo familiare geloso della propria connotazione etnica e le diverse sollecitazioni provenienti dalla società "aperta". La morale dell'opera risulta poi improntata ad un quieto conformismo a sfondo conservatore, tanto "rassicurante" quanto furbamente in linea con i tempi: seguendo il percorso dei protagonisti viene da pensare che la massima aspirazione della specie umana sia quella di sposarsi e figliare, mentre la famiglia tradizionale, pur invadente e repressiva, viene rappresentata con quell'ironia bonaria che stempera i conflitti nella melassa.

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Il meccanismo comico – basato su collaudati espedienti, come la deformazione caricaturale e la contrapposizione tra mondi inconciliabili -, pur non spiccando per originalità, possiede la necessaria scioltezza per risultare avvincente, grazie soprattutto all'incalzante susseguirsi delle stazioni narrative, ai briosi dialoghi che a tratti sfiorano il nonsense («Non mangi carne? Bene, allora cucinerò l'agnello!» sentenzia la zia della protagonista rivolta al fidanzato di quest'ultima) nonché all'abile orchestrazione degli attori, tutti in gran forma, a partire da Michael Constantine, che può essere considerato il vero e proprio mattatore del gruppo. Non si può quindi negare al film una certa forza espressiva, merito anche di una ricercatezza stilistica superiore alla media, nonostante il budget limitato: il regista fa talvolta percepire la propria presenza attraverso l'uso di soggettive, la scelta di particolari angolazioni di ripresa e l'impiego di ariosi movimenti di macchina. Ma non si riesce comunque a dimenticare l'impressione del già visto.


 


Titolo originale: My Big Fat Greek Wedding
Regia: Joel Zwick
Sceneggiatura: Nia Vardalos
Fotografia: Jeffrey Jur
Montaggio: Mia Goldman
Musica: Chris Wilson, Alexander Janko
Scenografia: Gregory Keen
Costumi: Michael Clancy
Interpreti: Nia Vardalos (Toula Portokalos), John Corbett (Ian Miller), Michael Constantine (Gus Portokalos), Lainie Kazan (Maria Portokalos), Andrea Martin (zia Voula), Joey Fatone (Angelo), Gia Carides (Nikki), Louis Mandylor (Nick Portokalos), Fiona Reid (Harriet Miller), Bruce Gray (Rodney Miller)
Produzione: Gold Circe Films, Home Box Office, MPH Entertainment Productions, Playtone
Distribuzione: Nexo
Durata: 95'
Origine: Usa, 2002

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