Infinity Festival – Fantasmi ad Alba

Si chiude la seconda edizione di un festival difficile da raccontare, fatto per essere vis(su)to, attraversato…anche da “fantasmi”. Ha vinto un film argentino, “Extrano” di Santiago Loza

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Glissiamo sui ringraziamenti, sarebbero troppo lunghi; oppure non esaustivi sulla "situazione Infinity". Ringraziare soltanto Lorena Borghi o, ovviamente, il direttore Luciano Barisone e gli altri organizzatori escluderebbe tutti gli altri (dai registi al catering) che hanno dato vita a un festival legato non solo alla comunicazione di un'idea di cinema (di qualità, alta) ma anche alla "comunione della visione". Ad Alba si è stati benissimo e si è stati insieme, credo che tutti ne siano usciti con gli "occhi" (dal "pieno" dei bulbi ai "vuoti" delle pupille) un po' meno stanchi (tanto per parafrasare il titolo di uno dei film di Corso Salani, su cui torneremo presto in modo più approfondito).

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Infinity ha condotto la sua ricerca da entrambi i "lati" dello schermo; da una parte ha appunto provato a recuperare la visione comune che è il cinema, dando spazio (tempo) al confronto pre/post film (e film "di questo tipo" spesso si vedono nella, anche piacevole, solitudine di un programma fuori orario o "privato"), dall'altra, soprattutto nella sezione New Vision, il festival è sembrato risalire all'uscita (entrata) della fabbrica Lumiére… Alcuni fanno finta che sia una novità, la chiamano docu-fiction (si scriverà così?): film con situazioni ricreate appositamente e girate come "non previste" (ma non è così tutto il cinema?…), come fecero appunto i geniali fratelli francesi, quando "convocarono" gli operai dei loro stabilimenti di domenica per filmarne l'uscita (che rappresenta appunto l'entrata del cinema nella "fabbrica", come ha ripetuto per tante puntate e.g.).


In questo caso invece, si sono visti vari tentativi di uscire dalla serialità dei prodotti industriali, come il "(non)western" Wanted dell'inglese Kim Hopkins, ambientato in un non-luogo/riserva indiana degli USA in cui dei poliziotti ("mele" (pelle)rossa fuori, "bianchi" dentro) sono alle prese con una serie di omicidi di pellerossa costretti ad una (non)vita tra alcol e disoccupazione.


Nella stessa sezione The Wild East,del danese Michael Haslund-Christensen, ambientato nell'altro (capo del) mondo Mongolia, fotografa la splendida luce di una regione "di passaggio", dove i giovani sono divisi tra rock (autoctono, bello) e tradizione metaforizzate nel tentativo di commerciare intestini di pecora.


Saltando nel concorso "ufficiale", che ieri sera ha chiuso con l'ultimo film di Aurelio Grimaldi Un mondo d'amore (in uscita a fine maggio), sul trauma di Pasolini, accusato di pedofilia in Friuli nel '49 e costretto a trasferirsi a Roma con la madre, va segnalato l'argentino Extrano di Santiago Loza, film girato in video, vincitore al festival di Rotterdam, un etrangér di Camus di 90', un po' monocorde, con protagonista un chirurgo di 40 anni che attraversa il mondo come un fantasma.


Fantomes è il titolo di uno dei film più belli visti a Infinity, già a Berlino, qui fuori concorso del francese Jean-Paul Civeyrac, che presentava in concorso Le Doux amour des hommes.


Due film con protagonisti giovani trentenni, diversi nelle storie ma simili nel catapultare in primo piano, su sfondi spesso monocromi (in Fantomes, bianco/nero), corpi (s)fatti d'amore, materia/fantasma…Nel primo (2001) vivi e morti si confondono, uomini e donne spariscono, non si sa dove, dalla Parigi contemporanea e non vengono più ritrovati, ne Le Doux amour des hommes (girato in video "grazie" alla lungimiranza dei finanziatori statali francesi, che ci fa sentire "meno soli") un giovane bohemien passa di donna in donna alla ricerca di…(fantasmi??) finché non incontra Jeanne, finché non prova a scomparire nel nero della notte, per poi tornare a Parigi, in una "Alba" piovosa…(Che nel pomeriggio ci saluta col sole).

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