"Johan Padan – A la descoverta de le americhe" di Giulio Cingoli

Dalla commedia di Dario Fo una controstoria della colonizzazione che restituisce agli Indios la dignità di una resistenza tenace e coraggiosa. Nel passaggio allo schermo si è tentato di dar vita all'estro lunare dei disegni coniugandolo alla rutilante densità del testo teatrale

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Da immagini statiche a parole corpose a cartone animato. E' questo il percorso compiuto dalla storia dell'avventuriero Johan Padan per approdare sul grande schermo guidata dalla mano del suo creatore Dario Fo. Dopo una ricerca appassionata sulle testimonianze dei viaggiatori che compirono la traversata verso le Americhe all'inizio del 1500, l'istrionico premio nobel ha ricostruito una controstoria della colonizzazione europea restituendo agli indigeni la dignità di una resistenza tenace e coraggiosa. Di qui la vicenda romanzata di uno stralunato bergamasco che si ritrova inconsapevolmente a condurre la rivolta di una tribù della Florida contro la sopraffazione degli invasori spagnoli. Le picaresche avventure del funambolico Johan sono state fissate da Dario Fo in fumetti fantasiosi e coloratissimi usati poi come copione del monologo teatrale che nel 1991 l'autore ha messo in scena. In questa ulteriore rivisitazione per il cinema si è tentato di dar vita all'estro lunare dei disegni coniugandolo alla rutilante densità del testo con un'operazione mirante a spianare la ricchezza di spunti per rendere divulgativamente accessibile la vicenda.

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L'esigenza di comprensibilità, seppur ammirevole per la diffusione di un racconto edificante, è causa d'altra parte di uno schematico appiattimento che permea tutti i piani dell'opera. La più evidente modifica nella trasposizione è la perdita della debordante plasticità del linguaggio che nella resa teatrale si intride di una miscellanea di dialetti e cadenze e che sullo schermo persegue, invece, una standardizzazione che lo rende inevitabilmente monocorde e privo di guizzi. La contestualizzazione geografica dei rocamboleschi spostamenti di Johan, non potendo dunque avvalersi della caratterizzazione verbale, si affida unicamente alle musiche che più genericamente introducono il folclore dei nuovi scenari.


Non bastano, d'altronde, neanche le forzate smorfie e le impennate degli accenti a restituire la vulcanica mimica di Dario Fo che da solo sul palco riesce a modellare, negli occhi degli spettatori, figure e umori molto più immaginifici di quanto non faccia la variopinta sfilata di personaggi animati. Anche lo sviluppo narrativo ne risente, soprattutto nella prima parte, con un affastellamento precipitoso delle peripezie del protagonista che manca di un respiro affabulatorio commisurato alla copiosità degli eventi. Esteticamente il processo si ripercuote sull'evocativa opacità dei fondali fatalmente diluita dall'internazionalizzazione del disegno dei personaggi meno "animato" degli schizzi che lo stesso Johan tratteggia per illustrare la storia del cristianesimo (uno dei momenti più candidamente beffardi del film). Le figure femminili sembrano più di tutte soffrire di questa tipizzazione conformate come sono ad un modello televisivo di bellezza. Della satirica e claunesca vena dell'autore rimane dunque solo un'impronta embrionale destinata a restare ai margini come la sua sottile firma curvilinea che nel locandina si adombra sotto i sontuosi caratteri cubitali del titolo.


 


Regia: Giulio Cingoli
Sceneggiatura: Giulio Cingoli, Dario Fo, Lorenza Cingoli, Luca Raffaelli
Montaggio: Darko Debelic
Musica: Fabrizio Baldoni, Gino De Stefani, Paolo Re
Sviluppo visivo personaggi: Adelchi Galloni
Effetti speciali: Enrico Pieracciani
Voci: Rosario Fiorello (Johan Padan)
Produzione: Luciano Beretta, Maurizio Manni per Progetto Immagine/Green Movie Group/RAI Cinema
Distribuzione: Mikado
Durata: 83'
Origine: Italia, 2002



 

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