La casa dei ricordi. Valerio Mieli a Sentieri Selvaggi

Ripercorriamo il racconto del cinema di Valerio Mieli lasciatoci dall’autore stesso nell’incontro con redazione, studenti e pubblico della nostra sede romana, lo scorso 28 marzo. Guarda il VIDEO

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Fare cinema, nel senso autoriale e poetico dell’espressione, equivale a creare delle immagini, dei ricordi, delle storie personali capaci però di riecheggiare nelle menti di ogni spettatore. Il cinema di Valerio Mieli si avvicina tantissimo a questa idea. Ed è su questo e su molto altro che ci siamo confrontati durante l’incontro tra il pubblico di Sentieri Selvaggi e il regista. Argomento di punta è stato sicuramente la sua seconda opera, Ricordi?, in sala dallo scorso marzo: “Per la preparazione del film abbiamo lavorato tantissimo con gli attori, ma tutto il percorso lo si è sempre svolto in coppia”, racconta Mieli. “Con Luca Marinelli e Linda Caridi abbiamo provato tutta l’estate vedendoci proprio a casa mia, così come anche con l’altra coppia del film, interpretata da Giovanni Anzaldo e Camilla Diana. Non distinguo molto tra uomini, donne, adulti o bambini durante la preparazione di un film.

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Per quanto riguarda invece la scrittura dei suoi personaggi, Mieli ci confessa un suo costante transfert sul personaggio maschile della vicenda. “Lui è esplicitamente una proiezione di me e i personaggi femminili sono una incarnazione di persone immaginate, desiderate. Le ragazze sono le stesse di cui mi sarei potuto innamorare io”.

RICORDI? Valerio Mieli a Sentieri Selvaggi (Riprese di MIchele Bordon e Fabrizio Pesaro, montaggio di Michele Bordon, Gaia Marta Ciannamea e Giovanni Maria Marchi)

E parlando di personaggi si arriva a raccontare un altro protagonista costate nella filmografia del regista: la casa. La casa nei suoi film è vista come il luogo capace di racchiudere varie dimensioni spazio-temporali, raccoglitrici di emozioni passate e future. “Il tempo e i luoghi sono due cose che mi affascinano molto. Ho l’abitudine di tornare nei posti in cui ho ricordi passati, per vedere come il tempo li ha cambiati. Per molto tempo sono tornato vicino alla casa in cui vivevo con i miei genitori, cercando di capire chi ci vivesse per avere l’opportunità di rientrarci ancora una volta. Quando finalmente ci sono riuscito mi ha fatto una certa impressione, era la stessa ma anche molto più piccola. Ed è più o meno la casa che abbiamo ricostruito per girare Ricordi?”

La dimensione della casa viene usata all’interno del film come un fattore soggetto a variazioni, in base alle memorie e alle emozioni scatenate. Infatti per il set sono state costruite due case identiche ma con diverse dimensioni, una più grande e cupa in cui venivano rappresentati i ricordi di un bambino impaurito, e l’altra più piccola e accogliente, raccoglitrice dei segni di un amore. “Poi continua a cambiare, quando lui ricorda con nostalgia i momenti con lei la casa diventa coloratissima”.

Mieli si serve delle immagini, le quali rievocazione dopo rievocazione giocano per restituirci quell’atmosfera incerta, irreale, resa magnifica dalla mente e dal tempo in cui si è conservato quell’attimo. Questo gioco è reso perfettamente anche dall’uso dei luoghi, ambientazioni che sembrano non avere riconoscibilità né nel tempo né nello spazio per quasi tutto il film, per poi diventare all’improvviso realtà riconoscibili. “Per alcuni istanti crediamo di essere nel presente, ma poi, come spesso accade nella vita, quando siamo nel qui e ora la nostra mente corre altrove, e allora magari inizia a nevicare!”. Quell’istante sembra più vivido perché più vicino, ma non si libera mai davvero da quell’atmosfera zuccherina dei ricordi.

Il film ha la rara capacità di trasformarsi in un crocevia di vite e di storie che ognuno di noi si è ritrovato ad attraversare: questa sensazione che si ha durante la visione è data dall’importanza del “dato mancante”. Un’indicazione temporale, geografica, ma ancora più semplicemente i nomi dei personaggi che non sapremo mai. “Tutti i nomi che ho provato a dare a questi personaggi mi sembrava che stonassero, non dovevano avere un nome specifico. Questo, insieme ad altri fattori, gioca a vantaggio dell’astrazione della storia e soprattutto dell’astrazione del ricordo. D’altra parte mi piaceva l’idea che questi personaggi potessero diventare chiunque, capaci di vestire gli abiti di ogni spettatore a cui il film è piaciuto.”

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