"La fisica dell'acqua", di Felice Farina

La fisica dell'acqua Felice Farina
In meno di un’ora e mezza il regista sa costruire un universo infantile non privo di fascino, fatto di ossessioni per vecchi oggetti abbandonati, di gelosie feroci e di memorie ingombranti, ma appesantisce la messa in scena con rimandi simbolici troppo reiterati ed esibiti che penalizzano, anziché valorizzarla, la dimensione onirica del racconto
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La fisica dell'acqua Felice Farina

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Il vissuto rimosso dietro la tranquillità quotidiana e la sostanza impenetrabile e stagnante delle acque lacustri. Muovendo da un’associazione simbolica immediata ed elementare, Felice Farina lavora su un accumulo progressivo di riferimenti metaforici in cui l’elemento liquido mette in relazione – come un legame sotterraneo appena percettibile – un ampio territorio di ricordi, visioni, traumi, misteri.
Un mistero da decifrare appare la psiche di Alessandro, un bambino di sette anni che vive con la madre in una grande casa sul lago e che un bel giorno decide di manomettere i freni dell’automobile dello zio, riapparso all’improvviso nella sua vita e verso il quale nutre un istantaneo quanto apparentemente inspiegabile rancore. Tocca a un commissario dall’aria sensibile e mesta affrontare la perdita dell’innocenza che ha lasciato il segno nello sguardo smarrito eppure spaventosamente adulto di Alessandro, immergersi sotto la superficie della sua coscienza per aiutarlo a riappropriarsi di una parte di se stesso legata alla perdita del padre avvenuta alcuni anni prima. In meno di un’ora e mezza il regista sa costruire un universo infantile non privo di fascino, fatto di ossessioni per vecchi oggetti abbandonati, di gelosie feroci e di memorie ingombranti tenute a freno da una mente precoce e razionalizzatrice, che ripetutamente tenta, nei dialoghi e nei monologhi interiori, considerazioni mature e logiche sul mondo e sulla natura umana: lentamente il vissuto sovraccarico di ricordi emerge a livello cosciente, come nelle visioni del bambino l’acqua invade, spezzandola, l’accurata geometria di certe scene. Purtroppo, però, Farina si lascia più volte prendere la mano e appesantisce la messa in scena con rimandi simbolici troppo reiterati ed esibiti – le continue immersioni di Alessandro, il suo rifiuto di imparare a nuotare, la morte per annegamento del padre, i fantasmi fluttuanti nelle acque e riflessi sulle pareti – che penalizzano, anziché valorizzarla, la dimensione onirica del racconto. A togliere linfa a questo tentativo di sperimentare atmosfere e suggestioni non comuni nel cinema italiano (tentativo apprezzabile anche in considerazione delle difficoltà di realizzazione del film, dovute al fallimento della casa di produzione) interviene poi una scrittura macchinosa, a cui tutto il film rimane irrimediabilmente ancorato, che esplicita inutilmente nei dialoghi quanto la metafora visiva renderebbe già sufficientemente evidente. Ne fanno le spese soprattutto gli attori: non tanto il piccolo Vavassori, abbastanza spontaneo e convincente, quanto gli adulti, in particolare la Cortellesi e Amendola, il cui lavoro sui rispettivi personaggi rimane, a dispetto di immersioni ed emersioni simboliche e non, congelato sulla superficie dello schermo.
 
Regia: Felice FarinaFarina
Interpreti: Paola Cortellesi, Claudio Amendola, Stefano Dionisi, Lorenzo Vavassori
Distribuzione: Iris Film
Durata: 76’
Origine: Italia, 2009
 
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