La programmazione di Fuori Orario dal 15 al 21 ottobre

Omaggio a Vittorio De Seta per il centenario della nascita. E poi il primo film mai terminato di Ruiz-Sarmiento, Mathieu Amalric e Alberto Momo.

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CORSO DI SCENEGGIATURA ONLINE DAL 6 MAGGIO

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Domenica 15 ottobre dalle 2.30 alle 6.00

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#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

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Fuori Orario cose (mai) viste                                                        

di Ghezzi Baglivi Di Pace Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto

presenta

DE SETA RIVISITATO. PER I 100 ANNI DI VITTORIO DE SETA (2) 

a cura di Fulvio Baglivi

LA SICILIA RIVISITATA – puntata 4

(Italia, 1981, col., durata 55’)

Di: Vittorio De Seta

Diviso in quattro puntate è un film sul passaggio del tempo e la mutazione con De Seta ritorna nella

sua Sicilia, nei luoghi dove aveva girato negli anni Cinquanta i suoi primi celebri cortometraggi, cercando i resti di una cultura cancellata dalle politiche economiche, sociali e culturali del dopoguerra. In questa notte le prime due puntate.

HONG KONG CITTA’ DI PROFUGHI – puntata 1, 2 e 3

(Italia, 1980, col., dur., 132’)

Regia: Vittorio De Seta

1° episodio: Un aereo in avvicinamento all’aeroporto di Hong Kong; foto fisse di “boat people”, i profughi dal Vietnam che arrivati a destinazione dovranno attendere in porto mesi prima di poter sbarcare. L’aereo è atterrato in una città ultramoderna, tutta grattacieli.

Nella sua baia ci sono barche sovraffollate di profughi. Uno dei campi di transito è nei capannoni in disuso della Compagnia delle Indie, stracolmi di gente. Riso e verdura sono amministrati a grandi secchi.

Hong Kong in realtà è una città cinese: porto franco, città cerniera tra capitalismo e   comunismo, frutto di un compromesso, rappresenta una mediazione tra la Cina e il resto del mondo. Ogni anno duecento-trecentomila persone entrano clandestinamente, soprattutto immigrati illegali dal resto della Cina, molti sono giovani così l’età media della popolazione è di ventiquattro anni.   Il lavoro, la vita in comune ha reso indistinguibili cinesi, vietnamiti e locali.

2° episodio: una suora salesiana fa da traduttrice alla signora Tran, che faceva parte di un gruppo di 42 persone arrivate a Hong Kong. Ora abita in un piccolo appartamento insieme ad altre quindici persone e lavora come operaia in un’industria elettronica situata in un grattacielo. I suoi compagni di lavoro sono per la maggior parte vietnamiti bisognosi di essere impiegati che vengono sfruttati e retribuiti con uno stipendio da fame.

3° episodio: De Seta affronta il problema degli immigrati clandestini provenienti dalla Cina. Quando vengono arrestati, vengono riconsegnati dalla polizia al governo cinese, ma presto riproveranno a varcare il confine. Dopo anni in cui nella città di Hong Kong si trovano a vivere e lavorare a stretto contatto. Il tempo ha livellato le differenze tra locali, cinesi e vietnamiti, rendendoli irriconoscibili ad un osservatore esterno.

 

Venerdì 20 ottobre dalle 1.40 alle 6.00

LA VITA DEI MORTI ovvero IL TEMPO DI UN RITORNO

a cura di Roberto Turigliatto

SERRE MOI FORT (STRINGIMI FORTE)       PRIMA VISIONE TV

(Francia, 2021, col., dur., 95’, v. o sottotitoli in italiano)

Regia: Mathieu Amalric

Con: Vicky Krieps, Arieh Worjalter

Dopo La chambre bleue e Barbara, Serre moi fort è l’ottavo film da regista di Mathieu Amalric, un’opera che egli ha conquistato nel corso degli anni strappandola tenacemente alla sua splendida e straripante  carriera di attore.  Un’opera  più che notevole, che va ormai considerata   tra le più personali e inclassificabili del recente cinema francese,  anche per la straordinaria anima “musicale” che  guida la struttura frammentata, combinatoria, dei suoi film. Non a caso negli ultimi anni Amalric continua parallelamente, a tappe successive,  una serie di  documentari dedicati a John Zorn.

Stringimi forte è la storia di “una donna che parte” o che sembra partire. Clarissa (nella magnifica interpretazione di Vicky Krieps) di primissima mattina abbandona la famiglia, il marito che dorme al suo fianco e i bambini addormentati nei loro lettini. «È umano, se ne faranno una ragione», racconta a sé stessa. Poi la donna parte a bordo di una vecchia macchina senza sapere bene dove andare. Nella sua fuga  le note del pianoforte (la figlia studia lo strumento)  sono il filo conduttore dell’emozione. I frammenti di Schoenberg, Ligeti, Messiaen, Chopin, Debussy, Rameau, Ravel, Beethoven, Mozart, Rachmaninov – attraverso un montaggio frantumato – dirigono il viaggio verso una ‘montagna’ di dolore, strutturano un film che ne contiene due. Due film che raccontano la stessa fuga, ma nel primo una donna fugge dalla casa dove vive con suo marito e i suoi figli, nel secondo fugge la loro assenza. L’elaborazione della perdita diventa una questione di creazione artistica. Amalric ha citato anche Ritorno a casa di Oliveira tra le fonti della sua ispirazione,

“A un certo punto ho pensato al melodramma, alla sua forza, dove non è più possibile imbrogliare, e anche all’ambiguità che esso racchiude, come viene suggerito nel bellissimo titolo di un libro di Carole Desbarats, Le plaisir des larmes. Poi ho pensato a mia madre, che ha perso un figlio al quale non ha mai smesso di parlare. È una cosa bella, questa. Infine questa storia conduceva a un altro motivo: pensiamo spesso di partire, di fuggire. Sentiamo la fascinazione per chi sparisce senza lasciare tracce…Per preparare il film ho visto molti melodrammi, di ogni genere, Pagnol, Vecchiali… E molti film di fantasmi, Il fantasma e la signora Muir, i film di fantasmi giapponesi… Ho anche letto Laura Kasischke, e subito si è imposta l’idea che il delirio e il reale dovessero venire trattati esteticamente nello stesso modo… È il personaggio a fare il film. Il personaggio si fa un film”. (Mathieu Amalric, da un’intervista sui Cahiers du Cinéma, n. 770, settembre 2021)

IL TANGO DEL VEDOVO E IL SUO SPECCHIO DEFORMANTE

(El Tango del viudo y su espejo deformante, Cile, 1967/2020, col.& b/n, dur., 60’, v.o. sott.it.)

Regia: Raúl Ruiz, Valeria Sarmiento

Con: Ruben Sotoconil, Sergio Hernández, Claudia Paz, Chamila Rodríguez, Luis Alarcón, Néstor Cantillana, Shenda Román, Gabriela Arancibia, Delfina Guzmán, Marcela Golzio, Luis Vilches, Gabriel Urzua

Primo lungometraggio, mai terminato, di Raúl Ruiz. Sono passati più di cinquant’anni. Nel 1973, il putsch militare lo costrinse all’esilio e le bobine del film furono ritrovate solo molto più tardi nascoste in un cinema. Valeria Sarmiento, regista e vedova di Ruiz, si è occupata di riportare in vita il film. Consulenti sordi l’hanno aiutata a ricostruire i dialoghi leggendo le labbra degli attori. La storia è incentrata sul signor Iriarte, la cui vita viene sconvolta dalla morte della moglie. La donna lo perseguita di notte, le sue parrucche si muovono sul parquet e alla fine anche il diavolo stesso fa la sua comparsa. Ma è a questo punto che il film si guarda allo specchio riavvolgendosi in una deformazione abissale.

“Raúl Ruiz continua a consegnare film dall’altro mondo. Ha buoni medium, tra i quali c’è anche la sua ex moglie. Tuttavia, il loro ultimo risultato è ancora più grande del precedente: portare sullo schermo il primo lungometraggio di Ruiz. Oggi il film appare quasi profetico, una meditazione sulla morte e sull’irreversibilità del tempo che segue senza mezzi termini la logica dei sogni per stabilire la sua narrazione. “Tu non esisti più”, dice un personaggio a un altro. La sua sfacciataggine poetica sta nel modo in cui le sue azioni disobbediscono alla continuità e, a metà film, iniziano a muoversi all’indietro come se venissero riavvolte, aggiungendo alcune nuove variazioni a ciò che abbiamo già visto e sentito. La trama? La moglie di un uomo muore (o viene uccisa) e l’uomo non riesce a dormire e pensa di togliersi la vita. Il resto del film è Ruiz allo stato puro e selvaggio: una parrucca vortica per la casa; i piedi di una donna appaiono sotto il letto; una cena, una visita a una libreria; un incontro con un amico – ma tutti questi eventi non sono mai del tutto tali. La libertà regna assoluta”. (Roger Koza per la Viennale)

 

Sabato 21 ottobre dalle 1.40 alle 7.00

DE SETA RIVISITATO. PER I 100 ANNI DI VITTORIO DE SETA (3) 

a cura di Fulvio Baglivi

LA SCUOLA PROSSIMA                                PRIMA VISIONE TV

(Italia, 2020, col., dur., 69’)

Regia, produzione, fotografia, montaggio: Alberto Momo

“Cosa succede quando una scuola deve chiudere per un’emergenza sanitaria? La comunità scolastica si ritrova a modificare azioni e pratiche, riconfigurando i suoi stessi ruoli. Spesso arrivando dove altre istituzioni non riescono ad agire. Questo è il racconto di quanto è avvenuto in alcune scuole di Torino: raccoglie voci e materiali realizzati durante la chiusura degli istituti da studenti e docenti; è al tempo stesso una cronaca, una testimonianza e una verifica sui temi che l’emergenza ha messo in luce. Un racconto corale, la storia di una scuola che ha voluto essere più vicina, perché nessuno si sentisse escluso. E anche una riflessione su quello che potrebbe essere, in un futuro che non è mai stato così vicino.”

Presentato nel 2020 al Torino Film Festival, La scuola prossima è un film unico, che coglie la scuola in un momento inatteso quanto sconvolgente per la vita comune e privata di insegnanti e alunni

 QUANDO LA SCUOLA CAMBIA – CONVERSAZIONE CON ALBERTO MOMO

(Italia, 2023, col., dur., 15’)

A cura di: Fulvio Baglivi

Alberto Momo racconta la genesi del suo film La scuola prossima, che coglie un momento di fortissimo cambiamento all’interno delle scuole dovuto all’improvvisa pandemia del 2020.

Momo è un cineasta che Fuori Orario segue fin dai suoi primi cortometraggi (Un’aria oscura, 2000, Il paese delle rane, 2001, Liquido atlante, 2002, Ponti sospesi, 2003, tutti andati in onda su Rai 3), La scuola prossima fa parte della sua produzione più vicina al documentario, di cui fanno parte Eliorama (codiretto da Maicol Casale e vincitore del TFF doc nel 2005) e Bormida (2018).

QUANDO LA SCUOLA CAMBIA – 1°, 2° e 3° puntata

(Italia, 1979-1980, col., durata totale 177’)

Regia, sceneggiatura, montaggio: Vittorio De Seta

Dopo aver girato nel 1973 Diario di un maestro, Vittorio De Seta torna a girare nelle scuole italiane con la serie dal titolo Quando la scuola cambia. Diviso in segmenti dalla durata di un’ora, girato in luoghi diversi, il film di De Seta si concentra su figure di educatori eccezionali, a partire da Mario Lodi e la scuola di Vho di Piadena, protagonisti della prima parte Partire dal bambino. Il maestro pugliese Carmine De Padova, nella scuola di San Marzano sono i protagonisti di Tutti i cittadini sono uguali senza distinzioni di lingua, mentre Lavorare insieme non stanca si concentra sull’attività di Margherita Foschi Pini del Movimento di Cooperazione Educativa nella scuola di Gorla. Una quarta parte, intitolata I diversi sull’inserimento dei bambini diversamente abili nelle scuole di Lecce, andò in onda successivamente all’interno di un altro programma educativo.

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