La programmazione di Fuori Orario dal 17 al 23 settembre

Da stanotte, omaggio a Renato Rascel, focus sui Re tra Chaplin, King Kong e Griffith e post Nouvelle Vague (italiana) con Olmi e Del Monte.

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Domenica 17 settembre dalle 2.10 alle 6.00

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#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

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Fuori Orario cose (mai) viste

di Ghezzi Baglivi Di Pace Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto

presenta

LUCI DEL CINEMA’ (9)

RENATO RASCEL, piccolo grande uomo tra rivista, cinema e televisione 

a cura di Paolo Luciani

“Il debito che il cinema comico italiano ha verso la rivista (e l’avanspettacolo) è incalcolabile. Per anni ed anni il teatro di varietà nel suo massimo fulgore (fine anni ’30 – fine anni ’50) ha fornito al cinema comici, comprimari, donnine, autori, registi, battute, ideologie. Ne è derivata una congerie affannosa e dispersa di operine, spesso ormai dileguatesi nella memoria degli uomini e nei depositi delle case distributrici, effimere come i numeri di una rivistona vera. L’uso che il cinema italiano fece della rivista riguardava soprattutto la componente comica, svariando da un’elaborazione autonoma di personaggi e macchiette già note fino ad un inserimento nella sempre labile struttura di questi film di sketches di successo (fra i film di Totò basti pensare a TOTO’  A COLORI, 1952, di Steno, con molte scene ispirate alla rivista C’ERA UNA VOLTA IL  MONDO). Qualche altra volta si riprendevano pari pari numeri di riviste, con lievi o inesistenti varianti (e ricordiamo soprattutto, anche come uno dei pochi ad essere premiato da un vasto pubblico, I POMPIERI DI VIGGIU’, 1949, di Mattoli, utile per documentarsi sui leggendari numeri della Osiris in AL GRAND HOTEL,  di Dapporto in BUONDI’, ZIA MARGHERITA, di Totò in C’ERA UNA VOLTA IL MONDO

…solo in un paio di occasioni si tentò una trasposizione più specificatamente dello spettacolo teatrale, con un certo successo, come CAROSELLO NAPOLETANO, 1954, di Ettore Giannini. A parte qualche pretestuosa storiellina, che serviva per esibire divi rivistoriali come Taranto , non è dato trovare film che in qualche modo rendano omaggio o si riferiscano a questo formidabile vivaio dei quadri del cinema comico.  Più interessanti sono quelli dedicati all’avanspettacolo, ritenuto evidentemente più “facile”  o più “cinematografico” .

La rivista oggi, quasi scomparsa dal palcoscenico, non vive solo, sublimata, ma degradata, sopravvive e dilaga in televisione. Rarissimi ed impopolari i tentativi di staccarsi dalla formuletta consueta dello show rivistaiolo, i varietà televisivi non sono che pallide, piccole e irritanti copie delle grandi riviste teatrali, che hanno ampiamente contribuito ad uccidere…..Quando dal primo tempo “comico” della rivista televisiva, dominato da UN DUE TRE con Tognazzi e Vianello, si passò al superspettacolo tipo GIARDINO D’INVERNO e CANZONISSIMA, assolutamente ricalcato sulle rivistone, si comprese il fine dell’operazione, perfettamente allineata con la legge del consumismo: mettere in scatola e controllare elettronicamente il “lusso” che rischiava di diventare troppo irrazionale, assurdo, fantastico: pericoloso, insomma, come una risata libera. (tratto da, QUATTRO CAPITOLI SULLA FORTUNA DELLA RIVISTA di Gianni Buttafava, in SENTIMENTAL – Almanacco Bompiani 1975)

Nome d’arte di Renato Ranucci, nato a Torino nel 1912, figlio di cantanti d’operetta, fin da bambino recitava in cori e filodrammatiche. Dal 1929 al 1935 si esibì come ballerino di tip tap, batterista, comico. Dopo una prestigiosa parentesi con i fratelli Schwarz (AL CAVALLINO BIANCO) tornò al varietà accanto , alle sorelle Di Fiorenza, quindi accanto alla prima moglie Tina De Mola. Nel 1949-1950 fu con Wanda Osiris, quindi sempre in proprio con crescente successo fino alle commedie musicali con Garinei e Giovannini. Si dedicò anche alla prosa leggera, oltre ad essere autore di hit musicali. Presente anche al cinema, dove con IL CAPPOTTO (1952) di Lattuada e POLICARPO, UFFICIALE DI SCRITTURA (1959) di Soldati oltre a LA PASSEGGIATA (1953) da lui diretto, offre le sue prove migliori.

“…le connotazioni piccolo borghesi del personaggio, così nette nelle commedie musicali degli anni Sessanta, sembrano apparentemente contraddette dal ventennale esercizio comico pseudo surrealista precedente. In verità le filastrocche, l’abbigliamento bizzarro, le macchiette assurde che ne hanno consacrato la fama , si possono far risalire ad una specie di adolescenza del personaggio del GIORNO DELLA TARTARUGA. La volgarizzazione di modi petroliniani e di Campanile si iscrive in quella lunga tradizione provinciale, surrealgoliardica che va dal Marc’Aurelio fino ad Alto Gradimento. (da SENTIMENTAL  Almanacco Bompiani 1975)

AMOR NON HO, PERO’…PERO’           

(Italia, 1951,  b/n, dur., 77′)

Regia: Giorgio Bianchi

Con: Renato Rascel, Gina Lollobrigida, Luigi Pavese, Aroldo Tieri,  Carlo Ninchi, Kiki Urbani, il cane Rolf, Nyta Dover e la New Orleans Jazz Band

Renato Rascel in una interpretazione tipica dei suoi personaggi stralunati, qui con un di più di chapliniano: salva una ragazza da un tentato suicidio, causato dalla ingiusta detenzione del suo fidanzato per un reato molto grave;  riesce anche a trovare il vero colpevole, ma nel frattempo si innamora di lei. La scarcerazione dell’uomo riunirà i due fidanzati e il povero Rascel rimarrà ancora una volta da solo.

IL BANDOLERO STANCO  

(Italia, 1952,  b/n, dur., 90′)

Regia: Fernando Cerchio

Con: Renato Rascel, Lauretta Masiero, Lia Di Leo, Tino Buazzelli, Luigi Bonos

Rascel prende di mira il genere western, con una parodia dove interpreta Pepito campesino improvvisamente diventato ricco e quindi raggiunto da una maliarda che tenterà in tutti i modi di derubarlo..

 

Venerdì 22 settembre dalle 1.20 alle 6.00

C’ERA UNA VOLTA UN RE

a cura di Lorenzo Esposito

UN RE A NEW YORK                          

(A King in New York, Gb, 1957, col, dur., 102’25’’, v.o sott., it.,)

Regia: Charlie Chaplin

Con: Charlie Chaplin, Dawn Addams, Maxine Audley, Jerry Desmonde, Oliver Johnston, Michael Chaplin

Versione restaurata in collaborazione con Cineteca di Bologna

Diretto e interpretato da Charlie Chaplin nel suo ultimo ruolo da protagonista, Un re a New York, con la sua visione satirica dell’epoca della caccia ai comunisti di McCarthy e di alcuni aspetti della politica e della società degli Stati Uniti, è stato prodotto in Europa dopo l’esilio di Chaplin dagli Stati Uniti nel 1952 e non mostrato negli Stati Uniti fino al 1972. 

Deposto dalla rivoluzione nel suo paese natale, l’Estrovia, il re Igor Shahdov (Charlie Chaplin) arriva a New York quasi al verde, poiché i suoi titoli sono stati rubati dal suo stesso primo ministro. Arriva parlando di energia atomica e finisce per partecipare a spot televisivi e ritrovandosi a rispondere delle sue idee davanti alla “Commissione della Camera per le Attività Antiamericane”.

“Il signor Chaplin è una di quelle rare persone che possono di tanto in tanto sembrare leggermente isteriche senza perdere un briciolo di dignità. Sa essere romantico e al contempo rappresentare con realismo la sfera emotiva. Il suo interesse per il mondo è così vivo e così radicato nella natura del suo genio, che anche le sue più inaspettate manifestazioni di odio possono tramutarsi, con un semplice gesto o un’espressione rassegnata degli occhi, in dolcezza. A King in New York è per molti versi il suo film più amaro e senz’altro il più apertamente autobiografico. È un premeditato e appassionato grido di rabbia incanalato a forza nella gentilezza di una straordinaria vis comica. Come il re del suo film, Chaplin si è lasciato l’America alle spalle, e ora si è voltato per assestarle qualche colpo in piena faccia, con precisione e senza fretta. Alcuni vanno a segno, altri no. In effetti, trattandosi di un bersaglio così grande e facile la mira in molti casi non è delle migliori. Ma ciò che mantiene vivo l’interesse per questo spettacolo di energia male indirizzata è, ancora una volta, la tecnica di un comico unico”. (Dal catalogo del Cinema ritrovato: John Osborne, Chaplin Aims a Kick at America, “Evening Standard”, Londra, 12 settembre 1957)

LA STANZA NASCOSTA

(The Sealed Room, USA., 1909, b/n, muto, dur., 11’)

Regia: D. W. Griffith

Con: Arthur V. Johnson, Marion Leonard, Henry B. Walthall

Un re fa costruire una stanza nascosta per lui e sua moglie. Quando scopre che lei lo tradisce con il trovatore proprio dentro quella stanza, li farà murare vivi. Ispirato al racconto La Grande Breteche di Balzac e Il barile di Amontillado di Poe. 

KING KONG          

(Id, Usa, 1933, b/n, dur., 91′)

Regia: Ernest B. Schoedsack e Merian C. Cooper

Con: Robert Armstrong, Bruce Cabot, Fray Wray, Frank Reicher, Sam Hardy

Tratto da un romanzo di Edgar Wallace, il mito per eccellenza. Il capostipite. La grande scimmia. Un gruppo di zoologi scopre un gigantesco gorilla durante una spedizione su un’isola misteriosa e lo traporta a New York. King Kong salirà in alto verso le vette dell’amore e della metropoli.

 

Sabato 23 settembre dalle 2.00 alle 7.00

UN FILM NON COME GLI ALTRI. OLTRE E DOPO LA NOUVELLE VAGUE (12)

a cura di Fulvio Baglivi e Roberto Turigliatto

LA CIRCOSTANZA

(Italia, 1974, col., dur., 94′)
Regia: Ermanno Olmi

Con: Gaetano Porro, Ada Savelli, Mario Sireci, Massimo Tabak.

Il film inquadra l’alta borghesia in un momento di crisi generale, attraverso le vicende che toccano una famiglia-tipo milanese, con appartamento cittadino e villa al mare: il padre, già mortificato in casa, perde il posto di dirigente, la madre indipendente e autoritaria avvocatessa e zootecnica, i tre ragazzi che cercano di costruirsi una vita diversa, uno sposato, l’altro inventore, l’altra romantica studentessa; un giorno la madre soccorre un motociclista rimasto ferito in un incidente stradale e gli si affeziona, lei dura e arida com’è sempre stata; il marito si umilia a chiederle una raccomandazione; la moglie del primogenito partorisce in campagna con mezzi di fortuna, circondata da estranei amorevoli; la ragazza infine si innamora di un ragazzo. Olmi segue le loro comuni solitudini, e descrive i loro momenti di disorientamento: l’umiliante disgrazia del padre, il repentino intenerimento della madre, i ragazzi che non capiscono ciò che succede attorno a loro. Tutto finisce con l’estate: il giovane ferito scompare e per la donna la vita deve riprendere come prima.

“Un montaggio sempre più frammentato, accompagnato dall’uso della macchina da presa a mano, conducono Olmi a fare un cinema, poco visto e poco commentato all’epoca, che oggi ci appare tra le sue esperienze più fertili e avanzate: oltre che a I fidanzati mi riferisco al televisivo Giovani, a Un certo giorno e a La circostanza: Questo stile moderno non è mai esibito, conserva la naturalezza del suo cinema in prosa. Certo, l’amarezza è alle soglie, ma si sente l’amore del regista per tutti i suoi personaggi, se non per il mondo che abitano. In questo egli è profondamente umanista, e ancora una volta rosselliniano. Non condivide certo il cinismo e il gusto per la denuncia di molto cinema italiano coevo” .(Adriano Aprà).

LE PAROLE A VENIRE

(Italia, 1970, b/n, dur., 56’)

Di: Peter Del Monte

Con: Natalino Longo, Mario Cellupica, Ennio Di Stefano

Tratto dal racconto Les muets di Albert Camus, Le parole a venire è un mediometraggio che anticipa lo stile e la poetica intimista del cinema di Peter Del Monte. È la storia dei rapporti tra un ingegnere proprietario di una piccola fabbrica a Fiumicino e i suoi operai, un intreccio di storie che scava e andando oltre il rapporto standardizzato e ideologico tra padrone e lavoratore.

RACCONTI DI GIOVANI AMORI

(Italia, 1967, b/n, durata totale 111′)

Regia: Ermanno Olmi

  • La cotta
  • Piccoli discorsi (Nino il fioraio / Bomba vale a dire. Ballata beat di Vincenzo / Franco e Antonio gli scienziati / “Qualcosa” di Niki / Il ragazzo di Gigliola)
  • Le delusioni (La regina. Gianni e Graziella / …dal diario scolastico di Cesare Cornoldi / Roberto Salvatore Benito Sergio / La minigonna)

Cortometraggi realizzati da Ermanno Olmi per tre puntate del programma televisivo “Giovani”, curato da Gian Paolo Cresci e andate in onda l’1l e il 16 febbraio, il 22 marzo e il 13 aprile 1967, sul  secondo programma alle ore 21.15.

Regia: Ermanno Olmi

Dopo aver realizzato Il posto (1961), I fidanzati (1963) e E venne un uomo (1965), Olmi non girerà più film per il cinema fino a Un certo giorno (1968). Molte sono in quegli anni le realizzazioni per la televisione, che Fuori Orario ha esplorato nel Corso degli anni, presentando rarità e riscoperte. La serie dei corti dal titolo complessivo “Racconti di giovani amori” (La cotta altri 9 cortometraggi) – piccole narrazioni di giovani alle prese con i primi innamoramenti, colti sul nascere nei  trasalimenti e nelle rifrazioni  –  non sono invece per noi una riscoperta, ma fanno ormai parte della storia e dell’identità del programma. Mandati in onda più e più volte da Fuori Orario fin dalla fine degli anni Ottanta,  sono tra i risultati più affascinanti e straordinari dell’intera filmografia del regista e oggi possono essere visti anche in relazione a Il tentato suicidio dell’adolescenza, film inedito e ritrovato del 1968, presentato per la prima volta alla  Mostra di Venezia. Del 2017.   “Un montaggio sempre più frammentato, accompagnato dall’uso della macchina da presa a mano, conducono Olmi a fare un cinema, poco visto e poco commentato all’epoca, che oggi ci appare tra le sue esperienze più fertili e avanzate: oltre che a I fidanzati mi riferisco al televisivo Giovani, a Un certo giorno e a La circostanza: Questo stile moderno non è mai esibito, conserva la naturalezza del suo cinema in prosa. Certo, l’amarezza è alle soglie, ma si sente l’amore del regista per tutti i suoi personaggi, se non per il mondo che abitano. In questo egli è profondamente umanista, e ancora una volta rosselliniano. Non condivide certo il cinismo e il gusto per la denuncia di molto cinema italiano coevo”. (Adriano Aprà).

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