King Kong, di Merian C. Cooper ed Ernest B. Schoedsack

L’immortale gorilla non smette mai di stupire gli spettatori, oggi come nell’anno della sua uscita, il 1933. Un capolavoro iconico della storia del cinema mondiale. Stanotte alle 5 su Rai Movie

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L’uomo e la bestia. Il cinema e le sue infinite possibilità rappresentative, che già nel 1933, anno di uscita di King Kong, erano sbalorditive. Il mondo dell’ignoto, l’esotico che al tempo stesso incanta e spaventa la “civiltà”. Nell’indimenticabile immagine del mostro che si arrampica sull’Empire State Building c’è molto di più della semplice spettacolarità di un cinema che in quegli anni andava migliorandosi nella realizzazione di effetti speciali sempre più articolati. La rappresentazione di Kong è avvenuta sia attraverso sia un pupazzetto alto qualche decina di centimetri, sia con oggetti che rispettavano la grandezza naturale del mostro, come mani lunghe più di 2 metri. Il film di Cooper e Schoedsack oltre a giocare con il meraviglioso però, inserisce all’interno di una trama lineare più elementi narrativi, che alternano politica, fiaba, fantasia e orrore. I due insieme avevano già co-diretto Grass: A Nation’s Battle for Life (1925) e Chang: la giungla misteriosa (1927).

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Il film ha dato origine ad una serie quasi interminabile di sequel e remake. Lo stesso Shoedsack otto mesi dopo il primo film ha presentato un sequel, intitolato Il figlio di King Kong, il quale ottenne però scarso successo. Negli ultimi anni si ricordano il King Kong di Peter Jackson con Andy Serkins nei panni di Kong, secondo remake del film del ’33 dopo quello del 1976 con Jeff Bridges e Jessica Lange. Dal 2014 è poi partito il media franchise crossover MonsterVerse che unisce i due mostri più noti del cinema, King Kong, appunto, e Godzilla. Dopo un reboot intitolato Kong: Skull Island uscito nel 2017 uscirà il prossimo marzo il film intitolato Godzilla vs. Kong con Alexander Skarsgård, Millie Bobby Brown, Rebecca Hall.

Se è vero che lo scimmione è noto a tutti ed è ormai parte fondante dell’immaginario cinematografico collettivo, la trama di King Kong molto spesso passa in secondo piano rispetto alla notorietà del suo protagonista. Carl Denham (Carlo in italiano) è un avventuroso produttore di documentari che ingaggia una giovane disoccupata di New York, Ann (Anna), come attrice. I due partano con una spedizione alla volta di un’isola tropicale, l’isola del Teschio (Skull Island). Questo l’incipit di una serie di avvenimenti che vedranno la donna innamorarsi dell’ufficiale Jack Driscoll (Jack Jò) per poi essere rapita dagli indigeni dell’isola per essere data in pasto alla loro divinità, King Kong, il quale però, anziché uccidere la ragazza la porta con sé, di fatto “innamorandosene”. Lo scimmione finirà poi per essere catturato e messo in mostra a New York come l’ottava meraviglia del mondo, ma dopo essersi liberato, scatenerà il panico fra gli spettatori.

Come accentato prima, dietro alla meraviglia, alla tensione e alla paura che suscitano le scene più violente del film, in esso c’è un intensa realtà metaforica. Da un lato c’è la sottesa politicizzazione del rapporto fra la ciurma occidentalizzata e il gruppo di indigeni selvaggi: la contrapposizione fra conquistatore e conquistato, il difficile rapporto fra civiltà. Si è arrivati a vedere in King Kong un’impronta politica talmente forte da connetterlo con l’elezione di Franklin D. Roosvelt, avvenuta in concomitanza con il film. Dall’altro lato c’è appunto l'”amore”, già citato prima, da parte della bestia nei confronti della bella (la fiaba viene infatti più volte citata come ispirazione), al punto tale che nella famosissima frase che chiude il film, davanti al gorilla deceduto, Carl Denham afferma: “Oh, no, it wasn’t the airplanes. It was Beauty killed the Beast”.

L’affetto di Kong per Anna (interpretata da una splendida Fay Wray) lo umanizza. Ed è infatti così che si finisce per amare lo scimmione, anche quando si comporta effettivamente “da bestia”, proprio per il suo essere così umanizzato ma allo stesso tempo dell’uomo gli manca un elemento. Kong non sceglie di fare il male consapevolmente (come fa nei suoi confronti l’uomo che lo utilizza come fenomeno da baraccone) e tutto quello che mette in atto prima di essere ucciso è, come sottolineato da Denham, frutto dell’amore per Anna, che infatti ricerca disperatamente. Kong diventa vittima di se stesso, della sua condizione di mostro ma soprattutto del sentimento. E in questo risulta inevitabile che il film, anche a distanza di quasi un secolo, continui a stupire, non soltanto per i suoi “effetti speciali” ma anche per la ricchezza della trama che serve da palcoscenico alla spettacolare rappresentazione del mostro.

 

Titolo originale: id.
Regia: Merian C. Cooper, Ernest B. Schoedsack
Interpreti: Fay Wray, Robert Armstrong, Bruce Cabot, Frank Reicher, Sam Hardy, Noble Johnson
Durata: 100′
Origine: USA, 1933
Genere: avventura, horror, fantastico

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.8

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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