La programmazione di Fuori Orario dal 2 all’8 luglio

Carmelo Bene, Luigi Di Gianni, Michelangelo Frammartino e Vittorio De Seta i protagonisti delle tre nottate. Con la prima visione di Il buco.

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Domenica 2 luglio dalle 1.50 alle 6.00

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Fuori Orario cose (mai) viste

di Ghezzi Baglivi Di Pace Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto

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presenta

RUSHES DI OTELLO (Carmelo Bene per sempre – 9) (3)

a cura di Fulvio Baglivi e Simona Fina

RUSHES DI OTELLO – 3

(Italia, 1979, col., sonoro e muto, video)

Regia, scene, costumi: Carmelo Bene

Interpreti: Carmelo Bene, Cosimo Cinieri, Michela Martini, Rossella Bolmida, Cesare

Dell’Aguzzo

Fuori Orario cose (mai) viste manda in onda, suddivise in tre notti, circa 15 ore di girato di Otello o la deficienza della donna, riemerse dagli archivi lo scorso anno. Un estratto di venti minuti è presentato in anteprima il 30 giugno a Bologna all’interno del festival Il Cinema Ritrovato.

La storia dell’Otello televisivo di Carmelo Bene è una storia travagliata, fatta di annunci, scomparse e successive apparizioni che si susseguono dal 1979, quando Carmelo Bene gira per la Rai una versione del suo Otello o la deficienza della donna da William Shakespeare. Le riprese avvennero nello Studio 1 di Torino, allestito con strumenti all’avanguardia che permettessero la sperimentazione in video, con quattro telecamere separate. Carmelo Bene, che pochi mesi prima aveva allestito lo stesso spettacolo in teatro, sa cosa cerca attraverso la televisione, come aveva raccontato a Italo Moscati su Cineforum nel 1978: “La televisione è uno strumento che consente di scavare nel paesaggio umano. Che cosa voglio dire? Il paesaggio umano è costituito dalla presenza degli attori che non sono lontani come sulla scena ma sono una realtà viva sulla quale indagare minuziosamente. La telecamera diventa una specie di occhio esplorativo che coglie tutto, anche i più piccoli dettagli, e offre la possibilità di raccontare potendo selezionare un materiale enorme.”

Terminate le riprese Bene inizia il montaggio con Marilena Fogliatti, sempre a Torino, nella stessa sede dove Michelangelo Antonioni sta montando Il mistero di Oberwald, contemporanea produzione Rai per sperimentare le potenzialità del video. Tra i due nasce un confronto quotidiano, come racconta la Fogliatti, ma durerà poche settimane perché Carmelo Bene abbandona il montaggio per riprendere l’attività teatrale. Ritornerà sul girato venti anni dopo, quando è già ammalato e richiama Marilena Fogliatti per portare a termine il lavoro. L’Otello o la deficienza della donna sarà l’ultima opera di Carmelo Bene, verrà proiettato per la prima volta al Teatro Argentina di Roma il 18 marzo del 2002, due giorni dopo la sua morte. Le cassette su cui erano state riversate le riprese in due pollici del 1979 vengono prese in carico da Fuori Orario cose (mai) viste grazie all’amicizia tra enrico ghezzi e Bene. Alcune parti del girato vengono trasmesse nella notte del 5 aprile 2002, intitolata Infinith Otello e curata da Donatello Fumarola. Da allora i nastri sono rimasti in un archivio di Fuori Orario, fino a quando lo scorso anno, durante un trasloco, sono emerse ventotto cassette contenenti tutto il girato utilizzato da Carmelo Bene per montare L’Otello o la deficienza della donna.

 

Venerdì 7 luglio dalle 00.55 alle 6.00

LO SCHERMO IN MINIATURA. LA PRODUZIONE TELEVISIVA DI LUIGI DI GIANNI (1955-1999) (3) 

a cura di Stefano Francia di Celle e Simona Fina

Fuori Orario presenta un omaggio alla produzione televisiva di Luigi di Gianni, regista con il quale il programma ha stabilito un forte legame nel corso degli anni. Oltre ad aver presentato grande parte dei documentari etnografici e a carattere sociale, Fuori Orario ha contribuito alla produzione del mediometraggio, Un medico di campagna (2011), dal racconto omonimo di Kafka. Il suo nome è indissolubilmente legato al documentario etnografico di cui è considerato il massimo esponente in Italia. Ma ridurre il suo lavoro a questo ambito sarebbe decisamente limitativo e comporterebbe l’omissione di una produzione, ancora poco conosciuta e cronologicamente antecedente a quella cinematografica che Di Gianni ha realizzato per la televisione, dove approdò nel 1955, rientrando tra i cosiddetti “quaranta immortali” che vinsero il concorso per entrare a lavorare nel servizio pubblico. In qualità di regista girò sceneggiati, documentari di diverso genere, riprese televisive di concerti musicali, regie televisive di importanti spettacoli teatrali (L’Ultimo nastro di Krapp e Atto senza parole, 1969 di Samuel Beckett con Glauco Mauri e Il cancelliere Krehler, 1972, di Georg Kaiser) e contributi per programmi a carattere scientifico, storico e sociale (L’Altra medicina, 1970; L’Archeologia, 1986; L’incredibile, 1988 e La storia siamo noi, 1999).

Il piccolo schermo si fa cornice di un sentire che caratterizza, fin da subito, le sue regie televisive, condotte sempre sotto il segno di una scelta: quella di far emergere in ogni lavoro le sue passioni più forti. Alla regia di spettacoli di varietà, prediligerà collaborare con autori a lui affini, come Paolo Emilio Levi (Il caso Pinedus, Jekyll, Ritratto di donna velata), autore dell’atto unico della pièce teatrale La frattura, che Di Gianni realizza nel 1956 con un giovanissimo Luca Ronconi nel ruolo principale. L’altra collaborazione con Levi si realizza due anni più tardi,  nel 1958, con L’ultima faccia di Medusa, prima fiction di fantascienza prodotta dalla RAI. Levi, come Di Gianni, è influenzato da autori del surrealismo e dai temi del dibattito filosofico e politico del secondo Novecento. L’esistenzialismo postbellico (Di Gianni si laurea in filosofia prima di entrate al Cento Sperimentale di Cinematografia di Roma) e la passione per Kafka hanno segnato in maniera indelebile la sua opera. Nel 1978 realizza Il Processo, dal romanzo omonimo, sceneggiato in due puntate trasmesso nel febbraio dello stesso anno dalla seconda rete. La ricca proposta dell’omaggio esprime la volontà di fare cinema. Le “incursioni” nella fiction televisiva rimandano al suo cinema e ai suoi elementi fondamentali, come le cupe digressioni oniriche che evocano il problema metafisico dell’uomo. Così come la grande attenzione agli aspetti musicali della creazione audiovisiva che lo porta a collaborare spesso con compositori importanti.

MEDICINA, MAGIA TERAPEUTICA, RITI CURATIVI E SOCIETA’

(b/n e col., dur., 83’ca)

Montaggio tratto dalle quattro puntate de L’ALTRA MEDICINA (regia di Luigi Di Gianni), da alcuni servizi curati dal regista per LA STORIA SIAMO NOI, e da altri programmi televisivi in cui vengono analizzati i suoi documentari etnografici, come: NEL SUD DI ERNESTO DI MARTINO, CHURINGA, LE INDIE DI QUAGGIU’. Ancora una volta il piccolo schermo subisce il fascino per il Meridione e le sue credenze popolari, le scaramanzie e i riti ancestrali che sopravvivono in un sincretismo religioso che troverà espressione nei documentari etnografici, a partire da Magia Lucana.

IL COPRITEIERA

(Italia, b/n, 1957, dur., 65′)

Regia: Luigi Di Gianni

Soggetto: Giallo televisivo di Alfred Shaughnessy.

Con: Teresa Franchini; Franca Dominici; Silvio Bagolini; Luisa Rivelli

Con ironia e competenza due arzille sorelle inglesi gestiscono una sala da the, Il Copriteiera. Un colonnello del Secret Intelligence Service, fa visita al locale per chiedere alle proprietarie di fare attenzione a una giovane coppia che visiterà presto la sala da the. Secondo le informazioni del colonnello, Il Copriteira è stato scelto dai due giovani come luogo d’incontro per consentire uno scambio di informazioni. L’azione ruota intorno al misterioso contenuto di un pacco che un’anziana signora consegna presso il locale, con la richiesta di farlo recapitare alla misteriosa coppia. Le due sorelle escogitano un piano, addormentano i due giovani per poi avvisare il colonnello, ma poco prima del suo arrivo scopriranno l’identità dei giovani. Non si tratta di terroristi o malfattori, la ragazza è la figlia del colonnello, il quale tanto si oppone al matrimonio della figlia. Il colpo di scena è fornito da un cliente abituale, il Signor Salesbury, che lascerà un grande baule nella sala da the. L’ispettore di polizia è sulle sue tracce e il contenuto del baule ne rivelerà il motivo…

PRIMA DELLA PRIMA

(Italia, 1958, b/n, dur., 19′)

Regia: Luigi di Gianni

Regia teatrale: Sergio Sollima

Soggetto: Sacha Guitry

Con: Gianni Bonaguna; Marco Tulli; Valeria Moriconi; Raffaele Pisu

Siamo a pochi giorni dall’ andata in scena di una commedia nuova. Ma l’ autore e il direttore sono disperati. La prima attrice è inadeguata. Il suo personaggio è volgare e lei è fine, è prepotente, aggressivo e popolano, mentre lei è dolce, sommessa e aristocratica. Bisogna decidersi e sostituirla. Ma non è un’ impresa facile dire a una prima attrice, ad otto giorni dall’ andata in scena, che è inadatta. In teatro, però, imprese impossibili non esistono e l’impresario le parla chiaro. E qui le cose cambiano…

MUSICA DA CAMERA SOLISTI AQUILANI VIVALDI BRITTEN

(Italia, 1975, b/n, dur., 28’)

Regia: Luigi Di Gianni

Vivaldi: Concerto in re maggiore per flauto archi e cembalo op 10 n. 3, RV 428, Il gardellino. Britten: Simple Symphony in re minore per orchestra d’ archi op. 4

Interni auditorium. Il direttore Antonellini e il complesso strumentale I Solisti Veneti ripresi durante l’esecuzione.

 

Sabato 8 luglio dalle 3.10 alle 6.30

VIAGGI ALL’INIZIO DELLA NOTTE

a cura di Fulvio Baglivi

ALBERI    

(Italia, 2013, col., dur., 26’)

Regia: Michelangelo Frammartino

Molti anni fa nel paese di Satriano di Lucania alcuni uomini usavano ricoprirsi d’edera fino a diventare irriconoscibili, erano i romiti, uomini – albero, espressione di un antico culto arboreo, risalente al Medioevo. Camminavano con un bastone, al quale era legato un ramo di pungitopo o di ginestra e bussavano alle porte delle case per ricevere elemosina. Con il tempo il romito è diventato una maschera tra le tante, lentamente dimenticata dalle nuove generazioni.

“Alberi” è una cine-istallazione che gioca con il passato e con il presente; attraverso la macchina da presa, trasforma in realtà qualcosa che era sprofondato nella dimensione non materiale della memoria.

Dal passato al presente, dalla finzione alla realtà, dall’invisibile al visibile, dalla memoria al cinema, “Alberi” rompe la dimensione del tempo, dando vita a un ciclo infinito. Girato in Basilicata, Alberi è stato pensato come una installazione (e come tale è stata presentata per la prima volta al MoMA) senza un inizio e una fine, in un continuo loop, un ciclo senza fine di nascita, morte, rinascita, per innumerevoli volte.

IL BUCO                                                 PRIMA VISIONE TV

(Italia, 2021, col., dur., 93’)

Regia: Michelangelo Frammartino

Con: Antonio Lanza, Nicola Lanza, Claudia Candusso, Giovanbattista Sauro, Mila Costi, Angelo Spadaro, Denise Trombin, Federico Gregoretti, Enrico Troisi, Luca Vinai, Jacopo Elia, Paolo Cossu

Nel 1961 un gruppo di speleologi scende per la prima volta nell’Abisso del Bifurto, nel Pollino. È l’epoca del boom, nascoste le macerie della guerra si sbandiera verso l’alto una nuova idea d’Italia, mentre il gruppo di ragazzi e ragazze si cala nel sottosuolo e disegna prima con la luce e poi sulla carta uno spazio ancora sconosciuto, un vecchio pastore muore…

Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2021, il terzo lungometraggio di Michelangelo Frammartino è un viaggio nel buio, filmato da Renato Berta, e mentre si scende, fisicamente, nell’abisso si risale lungo la rottura causata dai cambiamenti epocali degli anni ’60 in cui nasce la nostra età cieca.

“Questo lavoro tra il nostro mondo e quello che non è ancora è stata la tensione di questo film, cioè l’idea di fare una progressione che ti metta in rapporto con questo fuoricampo assoluto e che in sostanza non finisce mai, perché in grotta è vero che colonizzi e dai forma però la frontiera ogni volta si sposta.” (Michelangelo Frammartino)

INVITO AL BUIO – UNA CONVERSAZIONE CON MICHELANGELO FRAMMARTINO

(Italia, 2022-2023, col., dur., 30’)

A cura di: Fulvio Baglivi

Inizio dell’estate scorsa, a sud di Milano: incontrare Michelangelo Frammartino è un’esperienza molto vicina alla visione dei suoi film, al suo cinema unico, schietto e profondo. Le parole sono chiare quanto problematiche, il discorso è limpido e acuto come la sua visione.

IN CALABRIA

(Italia, 1993, col., dur., 81′)

Regia: Vittorio De Seta

Nato a Palermo da una famiglia aristocratica di provenienza calabrese, Vittorio De Seta esprime non una semplice origine, ma una vera e propria aderenza e appartenenza sociale alla Calabria. A questa Regione, infatti, ha dedicato diversi lavori e in una tenuta della famiglia ha trascorso gli ultimi anni della sua vita. Iniziò a prestare attenzione “ai dimenticati” dopo l’esperienza della prigionia, maturata durante la guerra: pescatori, contadini, pastori, artigiani sono al centro delle sue opere girate in Sicilia, Sardegna e Calabria. In Calabria, girato in 16 mm nel 1993 per la RAI, ha un commento di 13 minuti complessivi, affidato dalla voce di Riccardo Cucciolla. Una mappa allarmata e sconsolata di una regione in mutamento, una ricognizione in cui la Calabria non è soltanto “in Calabria”, ma un po’ dappertutto, intorno ad ognuno di noi.

Alla fine del XX secolo, in Calabria, ci sono ancora persone che vivono come nell’antichità, in luoghi dove il tempo sembra essersi fermato. La macchina da presa di De Seta osserva i pastori versare il latte dei loro animali nei secchi e lavorarlo, uomini in grado di costruirsi manualmente ogni tipo di utensile. Il loro è un mondo contadino fatto di piccoli gesti quotidiani in cui è necessario l’aiuto reciproco. Parallelo a questo, c’è un altro universo, diametralmente opposto, fatto di fabbriche, degrado, grandi macchinari. Nuove costruzioni, tra cui i casermoni dell’Università della Calabria, devastano il panorama naturale, fabbriche abbandonate testimoniano il fatto che gli abitanti devono impegnarsi a non perdere per sempre il tessuto delle proprie tradizioni.

“(…) ha la bellezza disperata del gesto amoroso che vuole stringere nel presente della sua iscrizione l’oggetto amato e che può soltanto mostrarlo cambiato. L’oggetto filmato, la Calabria perduta, si assenta e si sospende, scoprendo contemporaneamente la potenza utopica e ucronica del cinema”. (Jean-Louis Comolli) 

NASCITA E MORTE NEL MERIDIONE – (San Cataldo)    

(Italia, 1959, b/n da col., dur., 21′)

Regia: Luigi Di Gianni

Il film rappresenta, in termini essenziali ed emblematici, la vita precaria di un piccolo paese a trentacinque chilometri da Potenza. Premio “Puccini Senigallia” 1959. Diploma di merito “Nastro d’argento” 1960. Segnalazione “Festival di Oberhausen”.

MAGIA LUCANA                                        

(Italia, 1958, b/n, dur., 29’)

Regia: Luigi Di Gianni

I° Premio del Documentario al Festival di Venezia 1958. Il film, realizzato con la consulenza scientifica di Ernesto De Martino, tratta della sopravvivenza di antiche forme magiche in Basilicata.

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#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

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