Le nozze, di Pavel Lounguine
Si addentra nelle profondità della Russia contadina, segue i suoi miserabili nelle profondità delle miniere, si addossa a loro corpi e ai loro volti: la camera a mano di Pavel Lounguine è un occhio commosso e partecipe, ebbro di vodka e di speranza.
Ritornano le tematiche care al regista: lo scontro generazionale e il ribellismo dei giovani, la diffidenza verso l'occidentalizzazione, la penuria, la disoccupazione, la corruzione e l'alcolismo. Le nozze è un vaudeville disperato, una tragicommedia in cui un'intera comunità mette a nudo se stessa e le sue profonde contraddizioni, consapevole di essere lo specchio di tutta una nazione, abbandonata dai suoi funzionari e dai suoi governanti. Il matrimonio tra Michka e Tania è, infatti, solo un rito di passaggio che permette la rivelazione improvvisa di verità a lungo nascoste (il figlio di Tania e il suo dubbio passato) e di sentimenti da tempo repressi: l'ambizione (come quella del poliziotto), la paura del futuro (dei parenti di Michka), l'orgoglio dei minatori, la gelosia del manager di Tania, il desiderio di essere amati (nel caso della zia di Tania). Le nozze è la rappresentazione di un microcosmo che esplode ma, dinnanzi a questa ferita aperta, il regista russo serba una leggerezza che non aveva avuto nei precedenti film. I suoi giovani sono meno "arrabbiati" rispetto ai loro fratelli moscoviti di Taxi Blues, sono solidali tra loro, fiduciosi in un prossimo cambiamento e, fieri della loro anima russa, sanno perdonare le menzogne delle loro donne, il tradimento dei loro compagni e la piccola meschinità dei loro burocrati. E in questo universo contadino, ancora puro (diversamente da Mosca, di cui si parla come una città ormai perduta) e incarnato dal disarmante Michka, la musica è vita, erotismo, passione, allegria, un collante armonioso che avvicina vecchi e giovani, uomini e donne, padroni e operai e che disperde dissapori e rancori. E se il ballo, con il suo dinamismo e la sua energia emerge come un evidente contrasto nei confronti di un sistema politico-economico rigido e in lento disfacimento, la musica rende migliore anche il più rozzo dei contadini, così come il jazz rendeva divino il disperato Liocha di Taxi Blues.
Simona Pellino