Lette e…riviste – "A great eye to make a great picture": Don Burgess, da "Forrest Gump" a "Antarctica"

Il suo nome è legato ad alcuni dei più famosi blockbuster hollywoodiani, ma il direttore della fotografia di “Forrest Gump” e “The Polar Express” non ha paura di dire che per fare un film di successo ci vuole un grande team. MovieMaker intervista Don Burgess: scelte tecniche, scelte di vita e otto consigli per aspiranti cineasti…

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Attualmente sul set di Antarctica, il prossimo film di Frank Marshall, Don Burgess (nato a Los Angeles) ha lavorato alla fotografia di film come Ritorno al Futuro (Parte II e III), Batman returns, Deep impact, Cast Away, Spider-man, The Bourne Identity, Terminator 3: dal cinema indipendente alla collaborazione con Robert Zemeckis, le tecniche, lo sguardo e le "dritte" che fanno una carriera.

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MovieMaker:
Com'è avvenuto il salto alla grande produzione?
Don Burgess:
Lavoravo nel cinema indipendente e ho corso un rischio: quello di tornare in "seconda unità" per avere la possibilità di lavorare a film più importanti. Il rischio è nel fatto che le persone tendono ad incasellarti…se sei il "second unit cameraman", si presume che tu non sappia come usare la luce o come raccontare una storia. Poi succede che qualcuno guarda più in là del suo naso e ti chiama…così Zemeckis ha deciso che mi voleva per Forrest Gump.



MM: E' stato il tuo primo film high-budget?
Burgess: Sì, avevo 35 anni. La chiamata di Zemeckis è stata uno di quei momenti che possono cambiarti la vita: quando mi ha chiesto un parere sulla sceneggiatura, sono stato il più onesto possibile. Mi chiese di lavorare al suo episodio – Yellow – per la serie TV Tales from the Crypt: dieci giorni di lavoro, mentre avevo appena ricevuto un'offerta da un ottimo regista per una mini-serie che mi avrebbe impegnato per quattro mesi…l'ho mollata.  Anche se avevo tre bambini piccoli e zero soldi in banca.



MM: Decisione non facile…
Burgess:
Tutte le decisioni in questo mestiere sono difficili: sei un freelance, non c'è lavoro fisso. Sei sempre in cerca del prossimo ingaggio e cerchi contemporaneamente la qualità e la sopravvivenza…ti parlano di un film e ti chiedono di lavorare alla fotografia, hanno la sceneggiatura pronta da farti leggere.Ti dicono che si gira l'estate prossima. Tu pensi che ti piacerebbe, ma sai che le possibilità che quel film venga effettivamente realizzato sono esigue…



MM: Una scena di Forrest Gump fondamentale per la storia?
Burgess:
Una delle mie preferite è quella in cui Gump è un soldato sotto la pioggia. Ad un certo punto esce il sole e iniziano i colpi…lui finisce in una trincea. L'abbiamo girata in un'unica ripresa: all'inizio il movimento della camera è passivo, si limita a seguirlo mentre marcia nella pioggia. Quando il nemico inizia a sparare e Gump va a terra, l'operatore salta con lui trincea e si passa ad un'inquadratura da sopra le spalle del protagonista: vedi solo le luci degli spari, non effettivamente i nemici…qui il movimento della m.d.p. è fondamentale, perché permette allo spettatore di esperire la situazione caotica, e di farlo dal punto di vista del personaggio: diventi parte della scena, e questo grazie al modo in cui è usata la camera.


MM: Come avete usato il GPS (geographic positioning system) in questo film?


Burgess: La casa di Gump è stata costruita in base alla posizione che il sole avrebbe assunto nel momento in cui avremmo girato le scene-chiave. Con il GPS, una volta inserita la tua posizione sul pianeta, conosci l'angolazione del sole con intervalli di 15 minuti. L'abbiamo usato soprattutto per le scene in cui avevamo bisogno che le immagini fossero perfette, con il sole esattamente al posto giusto. […]

MM: Parlaci della scena del disastro aereo in Cast Away


Burgess: Ci vorrebbe un manuale! Prima di tutto, la storia è raccontata interamente dal punto di vista del protagonista. Non siamo mai usciti dall'aereo. Non hai bisogno di vedere il disastro, la caduta: la cosa terrificante per lo spettatore è sentirsi lì dentro con Tom Hanks e vivere la sua stessa esperienza. Questo fa sì che la storia prenda realmente una piega drammatica…ciò che rende Zemeckis un grande regista è la capacità di trovare il punto di vista giusto. Quando sei in grado di "unire" il pubblico al protagonista come lui ha fatto in Cast Away, il film diventa qualcosa di davvero potente…avevamo sette diversi livelli di intensità per l'oscillazione della m.d.p., usati in crescendo durante la scena. Abbiamo utilizzato lenti specifiche per dare un respiro maggiore alle inquadrature nella parte iniziale, poi una lente speciale – "lunga" – che rendeva la visione claustrobica, isolando il personaggio. Luce e polvere quando il vento soffia, per dare al pubblico l'idea dello spostamento d'aria all'interno dell'aereo. Non è proprio come dire: "Okay, shakereremo la camera e useremo un po' di questo e un po' di quello" … una struttura drammatica va progettata e costruita. Ed è fondamentale fare in modo che il pubblico desideri continuare nella direzione in cui tu lo stai conducendo. […]



MM: The Polar Express: una rivoluzione per il direttore della fotografia?Burgess: Spesso mi viene chiesto qual è il nostro ruolo in un film computer-animated. Zemeckis ha voluto affrontare la sfida lavorando con la sua squadra di sempre, ed è stato un grande lavoro di problem-solving. Una volta scelta la tecnica (motion capture), bisognava decidere come utilizzarla, come realizzare le singole scene…ed essere certi che ogni inquadratura avesse il giusto taglio, le lenti giuste. Abbiamo creato un vero e proprio linguaggio per quanto riguardava la composizione ed i movimenti; usare le distanze focali ci permetteva invece di discutere le inquadrature nel modo in cui l'avevamo sempre fatto.



MM: Di recente, in un seminario all'American Film Market, hai detto che è fondamentale coinvolgere i direttori della fotografia nella fase di pre-produzione. Il pubblico – giovani produttori e registi di film indipendenti e low-budget – sembrava sorpreso 
Burgess: Dipende dalla percezione che la gente ha del nostro lavoro. Alcuni ci immaginano andare in giro sul set a controllare la luce e a stabilire la quantità di illuminazione necessaria per l'esposizione della pellicola. Ma ci sono diverse questioni – artistiche e pratiche – su cui il direttore della fotografia andrebbe interpellato: per esempio l'uso dei colori, la scelta delle location. La pianificazione è fondamentale per la riuscita del film.



MM:
La tecnologia sta cambiando il ruolo del direttore della fotografia?
Burgess: Questo avviene costantemente. Ieri la camera a mano e il bianco e nero, oggi il digitale e una serie di strumenti che in parte semplificano il lavoro. Ma la percezione comune – che oggi chiunque possa fare un film, che tutto sia diventato più facile – secondo me è errata. Al di là delle tecnologie disponibili, ci vuole ancora un grande sguardo per fare un grande film.



 

 


Don Burgess: Quello che ho imparato sul set
Cattura il momento. Che sia un documentario o un film, questa è la cosa più importante.
Impara il lavoro di editing. La capacità di decidere cosa è necessario o superfluo per la storia migliora anche il lavoro sul set.
Lavora per gli spot: così puoi permetterti di "restare in attesa" dell'occasione giusta e al tempo stesso di sperimentare.
Cura la relazione con gli attori: è indispensabile che abbiano fiducia in te e che si sentano a loro agio, perché sanno che li riprenderai nel miglior modo possibile.
Trova collaboratori non solo validi, ma capaci di lavorare bene insieme.
Leggi e visualizza. Quando leggo uno scipt, immagino contemporaneamente la scena.
Fotografi si nasce. Forse per questo ci sono stati davvero pochi grandi direttori della fotografia.
Insisti. Se davvero ami questo lavoro, non mollare.


"A legend from LA to Antarctica" di Bob Fisher – da MovieMaker, autunno-inverno 2005
www.moviemaker.com/hop/vol5/03/cinema.html


traduzione di Annarita Guidi

MovieMaker – The art and business of making movies è una delle riviste di cinema indipendente più lette al mondo. Il quadrimestrale americano punta a raccontare cosa succede nel mondo del cinema indipendente, sia sul fronte artistico che su quello economico-finanziario, soprattutto dando la parola ai protagonisti e agli operatori del settore: l'obiettivo è formare, informare e allo stesso intrattenere il proprio pubblico – gli artisti come i cinefili – attraverso il commento e la critica, l'attenzione alle novità in fatto di prodotti, strategie e tendenze, le interviste e l'aggiornamento costante delle informazioni. MovieMaker spazia dai trendsetter ai personaggi che lavorano dietro le quinte, dai grandi nomi contemporanei ai giganti di ieri e alle promesse del cinema. On-line è possibile acquistare copie ed abbonarsi alla rivista. (a.g.)

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