LIBRI DI CINEMA – “Così piangevano”, di Emiliano Morreale

così piangevanoIl cinema mélo nell'Italia degli anni Cinquanta. È questo il tema del libro scritto, per Donzelli Editore, da uno dei massimi studiosi della settima arte su quel periodo storico. Emiliano Morreale, traccia una mappa dell'immaginazione melodrammatica nel nostro Paese. In un periodo in cui la condizione femminile è uno dei momenti di maggior contraddizione della società, il cinematografo è un luogo di evasione e consolazione, ma anche di inquietudini e tensioni

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così piangevanoCosì piangevano – Il cinema melò nell'Italia degli anni cinquanta
Emiliano Morreale
Donzelli Editore
Finito di stampare il 20 giugno 2011
pp. 327, euro 25,00

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Il cinema mélo nell'Italia degli anni Cinquanta. È questo il tema del libro, scritto da uno dei massimi studiosi della settima arte su quel periodo storico, e in tal senso sarebbe importante recuperare i suoi testi precedenti, come “Mario Soldati – Le carriere di un libertino” (Le Mani) e soprattutto “Cinema d'autore degli anni Sessanta (Il Castoro). Emiliano Morreale, critico cinematografico di “Cineforum”, “Lo Straniero”, “Cahiers du Cinéma” e del domenicale “Sole 24 Ore”, traccia una mappa dell'immaginazione melodrammatica nel nostro Paese. In un periodo in cui la condizione femminile è uno dei momenti di maggior contraddizione della società, il cinematografo è un luogo di evasione e consolazione, ma anche di inquietudini e tensioni che diventano immagini, metafore volontarie o casuali, sfoghi, catarsi, scene madri.

 
Nel cinema italiano non si è mai pianto così tanto come negli anni cinquanta. E mai si sono viste tante protagoniste femminili. Le platee del nostro Paese sono conquistate dai mélo di Raffaele Matarazzo, con Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson, nei quali confluiscono le eredità della sceneggiata napoletana e del romanzo d'appendice, gli scenari del neorealismo e la novità del fotoromanzo. Donne piangenti o perdute, mariti emigrati o reduci: personaggi che parlano a un pubblico che è l'ultimo dell'Italia contadina. Eppure, in questi film non solo si dà vita a un nuovo divismo, quello delle Mangano, delle Bosè e delle Loren, ma matura anche il grande cinema moderno: le eroine di Antonioni nascono qui, mentre registi come Lattuada, Comencini, Cottafavi caricano il mélo di spinte trasgressive. E su questo immaginario lavorerà astutamente da subito, un nuovo mezzo: la TV.
 
Il cinema strappalacrime è al centro di un gioco di incroci e di mutazioni: tra autori e genere, tra film e aspettative del pubblico, tra nuovo sistema dei media e antiche forme di spettacolo popolare, mentre si affaccia la “prima generazione” di giovani. Il saggio così si divide in tre grandi parti: “L'immaginazione melodrammatica e i suoi menici”, in cui si ripercorrono soprattutto le origini del genere; “Il demone del melodramma”, su cui basterebbe chiudere con una celebre frase di André Bazin: “… il demone del melodramma, al quale non sanno mai del tutto resistere i cineasti italiani…”. Chiude il saggio una terza parte, costituita da “Opere, incoroci, dintorni, parentele”, dove l'autore si concentra su tre registi in particolare: Mario Soldati, Luigi Comencini, Alberto Lattuada.
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