LIBRI DI CINEMA – "Filmare la morte – Il cinema horror e thriller di Lucio Fulci", di As Chianese e Gordiano Lupi

Sulla scia sempre più seguita dei libri dedicati all'horror e al thriller, esce per l'EIF (Edizione Il Foglio), un saggio su uno dei massimi autori del cinema di genere italiano, amato e stimato più all'estero che in Italia

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Filmare la morte – Il cinema horror e thriller di Lucio Fulci      

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As Chianese e Gordiano Lupi


Edizioni Il Foglio


2a edizione – dicembre 2006


233 pag. – 12,00 euro


 


A dieci anni dalla morte del regista romano esce un libro sul suo cinema horror e thriller, tenendo da parte quasi completamente tutto il mondo che riguarda il discorso erotico, comico e apocalittico, in cui Lucio Fulci aveva orbitato. Grande autore maltrattato dalla critica ufficiale, cineasta completo che ha lasciato un segno indelebile nel cinema di genere italiano, affrontando ogni tipo di pellicola con la massima professionalità, nonostante budget ristretti e produttori poco coraggiosi. Dalle sceneggiature per Steno ai primi film con Totò, alla saga di Franco e Ciccio, ai film erotico-maliziosi, per finire ai rinomati thriller e horror. Scompigliatore dei generi rassicuranti in Italia, da sempre nascosti in una zona grigia, dove il melodramma assopiva ogni asprezza trasgressiva. Il cinema è una parentesi (anche alimentare) sempre aperta alla rivoluzione: vecchio ideale romantico ed intellettuale, che avvolge l'uomo in un'eterna, poetica, illusione. L'Aldilà…e tu vivrai nel terrore, I quattro dell'Apocalisse, Un gatto nel cervello, Luca il contrabbandiere, Non si sevizia un Paperino: alcuni magnifici titoli per un'estetica del sole e della violenza, oltre il sensazionalismo della parodia splatter, dell'estremo, dell'ultraviolenza. Meglio del pulp a tutti i costi e dei giovani cannibali di oggi affetti dalla sindrome-Tarantino. Le atrocità del reale sono talmente esasperate che i registi stentano a stare al passo con i tempi. E allora si salvano ironizzando, scegliendo il lieve o il greve delle commedie nere. I giovani registi non amano essere "generati": urlano, ma spesso il loro cinema è giulivo, inoffensivo, innocuo e respingono sempre ogni etichetta smarcandosi appena possibile da ogni classificazione di genere. I generi sono sempre esistiti… il cinema è un genere. Il cinema di Fulci è paradossalmente "teatrale": non si scioglie al sole, ma disarma l'estetica dell'abbondanza. Il libro di Chianese e Lupi sa essere anche una valida testimonianza di come il cinema fulciano sia stato saccheggiato da grandi autori americani: uno su tutti,  Wen Craven (Nightmare: Nuovo Incubo ha ripreso il plot metacinematografico direttamente da Un gatto nel cervello). Diviso in tre parti: la saggistica, le recensioni dei film e alcuni articoli critici dello stesso Fulci, il libro, mostra una certa agilità e destrezza nel muoversi nel magmatico e interdisciplinare universo immaginifico del regista.

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