LIBRI DI CINEMA – “Michael Moore”
L’uomo di Flint raccontato in poco più di 100 pagine, per la collana Castoro Cinema. Dall’ infanzia orgogliosamente working-class alle spalle del colosso automobilistico americano General Motors ai primi passi nel guerrilla journalism, fino all’ascesa nel cinema, agli insuccessi e soprattutto ai clamorosi successi che hanno fatto di lui un icona pop e populista, decretando una nuova vita per il documentario
Federico Ferrone
Il Castoro Cinema
Settembre 2009
pp. 171 – euro 13,90
Non è un’impresa facile scrivere un libro su Michael Moore. Soprattutto perché il suo è un fenomeno ancora in itinere. Ed è un fenomeno controverso.
Federico Ferrone affronta l’ascesa dell’uomo di Flint con onestà, senza parteggiare a priori per la simpatica canaglia sovrappeso in tenuta da loser, bilanciando critiche ed elogi.
E proprio una delle critiche più spesso mosse a Moore, e cioè quella alla sua eccessiva presenza e all’innegabile attitudine manipolatoria viene analizzata nella prima parte del libro. Ferrone recupera Vertov e il suo uso creativo del montaggio e Flaherty che con il suo Nanuk documentava i personaggi dopo averli spinti a re-interpretare se stessi, ripetendo più volte le stesse scene di “vita quotidiana” come in un set di finzione. “Nanuk è così il capostipite della docu-fiction oggi tanto di moda. Ma la realtà raccontata è per questo meno veritiera?” Il trattamento creativo della realtà è inevitabilmente un elemento fondamentale del cinema cosiddetto documentario.
L’autore evidenzia che, come Jean Rouch, anche Moore sembra riconoscere l’impossibilità di far scomparire del tutto l’autore e la sua impronta. E allora lo rende visibile e parte trainante della costruzione narrativa. D’altra parte è proprio la sua presenza irriverente, iconoclasta, egocentrica che gli è valsa al tempo stesso l’enorme successo di pubblico e l’atteggiamento talvolta scostante di parte della critica.
Fin dai primissimi paragrafi dunque, Ferrone sintetizza l’essenza pop mooriana. L’originalità del nostro working-class hero sta proprio nell’aver capito e sfruttato la soggettività del documentario, miscelandola con altre forme di comunicazione come il giornalismo d’assalto e la satira sociale, l’attivismo politico, il populismo alla Mark Twain e una buona dose di manicheismo moralista di stampo anglosassone. Con l’analisi dettagliata delle opere del regista del Michigan (che segue quella altrettanto precisa e interessantissima perché poco conosciuta ai più della sua carriera giornalistica) l’autore mette in luce l’attitudine volutamente anti-intellettuale e anti-elitaria che da sempre l’ha spinto a cercare di fare “….documentari per gente che non ama i documentari”. Ecco allora la demagogia “simpsoniana” e accattivante che, da Roger& Me fino a Capitalism, passando per i suoi due grandi successi, Bowling a Columbine e Fahrenheit 9/11 sfrutta in pieno gli schemi narrativi hollywoodiani e li plasma opportunisticamente a suo favore. Found footage, spezzoni di vecchi film e di cronaca, cartoni animati, musica rock. La captatio benevolentiae è abilmente costruita e sa come arrivare al cuore dell’americano medio, di cui Moore si erge fieramente e furbamente portabandiera mettendo in gioco prima di tutto il corpo cresciuto a suon di junk-food, sovrastato dall’immancabile berretto da baseball.
Proprio l’abilità con cui Moore si fa personaggio-corpo, protagonista della narrazione documentaria è uno dei punti più interessanti dell’analisi di Ferrone. Moore si sdoppia; da un lato il regista Michael dietro la macchina da presa, dall’altro, davanti all’obiettivo e agli occhi degli spettatori Mike, protagonista-antagonista ingenuo e idealista che lotta contro il Sistema. In questo, come sottolinea nel paragrafo “L’uomo di Flint”, molta critica ha individuato un parallelo con i Mr.Deeds e Mr.Smiths di Capra, grande populista hollywoodiano a cui esplicitamente Moore si ricollega.
Altro segmento notevole del lavoro è “L’effetto Michael Moore”, in cui l’autore dopo averne passato in rassegna l’intera biografia filmica e televisiva, fa un piccolo excursus della situazione documentaria negli Stati Uniti post-Moore, segnalando, prove alla mano, come dopo Bowling a Columbine e Fahrenheit 9/11 il cinema di non-fiction abbia vissuto e stia vivendo un’ improvvisa attenzione fino ad allora riservata quasi esclusivamente al cinema narrativo tradizionale.
Esauriente e ricco di dettagli senza essere supponente, “Michael Moore” di Federico Ferrone si inserisce a pieno merito nella tradizione delle collane Il Castoro. Ottime anche le note bibliografiche.
Abbecedario documentario
Michael Moore
Non-ficiton? Michael Moore e il documentario soggettivo
L’uomo di Flint
Nascita di una maschera e moltiplicazione delle scritture: Roger&Me
Dentro e fuori lo schermo: Pets or Meat: The Return to Flint
Approdo televisivo: Tv Nation
Tra Kubrick e Homer Simpson: Operazione Canadian Bacon
L’ego espanso: The Big One
Il ritorno i tv: The Awful Truth
Michael Moore e i videoclip
Ragazzi con le pistole: Bowling a Columbine
Mr Moore va a Washington: Fahrenheit 9/11
L’effetto Michael Moore
La salute degli altri: Sicko
On the road again: Slacker Uprising
Il cerchio si chiude: Capitalism: A Love Story
Filmografia
Nota bibliografica