LIBRI DI CINEMA – Rob Zombie

La maschera del Male - il cinema di Rob Zombie

La maschera del male. Il cinema di Rob Zombie”, di Francesca Lenzi, traccia il ritratto di un personaggio poliedrico, nato musicista, poi cineasta e sceneggiatore che con soli tre lungometraggi diretti finora (La casa dei 1000 corpi, La casa del diavolo, Halloween – The Beginning) si è saputo conquistare un posto nel cuore di molti appassionati. Nella collana Cinema per Edizioni Il Foglio.

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LA MASCHERA DEL MALE. IL CINEMA DI ROB ZOMBIE - coverLA MASCHERA DEL MALE. IL CINEMA DI ROB ZOMBIE

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Francesca Lenzi

Edizioni Il Foglio 

Finito di stampare nel mese di agosto 2008

Pag. 190 –  15,00 euro

 

 

Francesca Lenzi, che ha scritto anche Inferno – Dario Argento da Suspiria alla Terza Madre (Profondo Rosso, 2008), e ha realizzato i bei disegni che impreziosiscono questo volume dedicato a Rob Zombie, (uscito per Il Foglio, piccola ma dinamica casa editrice – nella sua collana cinema, diretta da Fabio Zanello, sono stati pubblicati anche Piovono rane dal cielo – Il cinema di Paul Thomas Anderson, di Diego Mondella, e Non è tempo d’eroi – il cinema di Johnnie To, di Matteo di Giulio e Fabio Zanello) traccia il ritratto di un personaggio poliedrico, nato musicista – nei ’90 con i suoi White Zombie, in seguito come solista – ma anche cineasta e sceneggiatore che con soli tre lungometraggi diretti finora (La casa dei 1000 corpi, The Devil's Reject, Halloween – The Beginning) si è saputo conquistare un posto nel cuore di molti appassionati, grazie alla sua raffinata, seducente miscela di tematiche e stili del cinema americano degli anni ’70, delle figure dei serial killer entrate nell’immaginario collettivo, e per merito del suo sguardo personale capace di creare personaggi ambigui, insieme malvagi e puri, privi di senso morale e membri di una Famiglia “la famiglia prima di tutto” (p.97) e perfino, ironicamente, una famiglia felice, capace di fare muro contro una società che la respinge e la teme.

Come scrive Zanello nell’introduzione della prima monografia italiana dedicata a Rob Zombie, al secoloThe Devil's Rejects Robert Bartleh Cummings, il libro è un percorso alla ricerca degli archetipi cinematografici (e musicali – alle colonne sonore è dedicato un capitolo apposito, Ballate Macabre) seminati nel lavoro di un artista che sembra portare sullo schermo le figure di certa letteratura americana “sudista” (Mc Carthy e soprattutto Lansdale, con i suoi antieroi spesso grotteschi) oltre ai ralenti e ai piano sequenza in esterno dei '70. La postfazione di Andrea Fontana ha il merito di spiegare sinteticamente e impeccabilmente il punto di forza e la peculiarità dell’opera di Rob Zombie, la sua “classicità” radicale che recupera e fa proprio un cinema sinceramente estremo, “espressione di un malessere intrinseco alla società statunitense”, classicità in controtendenza rispetto alle facili scappatoie di certo horror contemporaneo, specialmente se la si paragona a “operazioni che si fingono citazioniste (Eli Roth con i suoi Hostel) di mercato (il nuovo filone torture)” (p. 171-172).

Per ciascun film è stata realizzata scheda tecnica, sinossi e una serie di approfondimenti critici sulle scelte estetiche e sui contenuti: dal cromatismo che serve a esplorare una realtà malata e a giocare con il contrappunto tra buio e luce del sole, in quello che spesso è un convincente ribaltamento dei canoni dell’horror d’atmosfera a favore di uno spiazzante contrasto, all’uso degli spazi, nella dinamica dell’opposizione tra la casa come rifugio intimo e domestico e il microcosmo di follia e brutalità che rappresenta, tra la violenza della Famiglia e quella della Società, in uno scambio fertile e mai banale tra vittime e carnefici nel segno di una mordente e amara ironia; vengono tracciati gli identikit di tutti i personaggi, con particolare attenzione ai mutamenti della caratterizzazione psicologica dal primo al secondo film: da una certa puerile e demenziale spensieratezza nel fare il male, dal buio degli interni e dalla sovrabbondanza di trucchi e mascheramenti di La casa dei 1000 corpi, al sole accecante degli esterni e alla più sofferta maturità, alla veste “profetica” e sociopatica del capofamiglia Otis e al male puro e “nichilista” de I reietti del diavolo, in cui i nostri antieroi rivelano in più punti una sconcertate vulnerabilità e un affetto reciproco difficile da collocare nel contesto della loro assenza di morale, uno degli aspetti che rende particolarmente interessante e spesso perfino commovente il cinema di Rob Zombie (una sezione apposita è dedicata all’epico finale del secondo film, che alterna una cavalcata verso la morte alla Peckinpah a immagini di una nostalgica serenità familiare).

Per ogni pellicola, un elenco di riferimenti a quelle che non sono semplici omaggi o menzioni, ma veri e propri punti di riferimento a partire dai quali si sviluppa la poetica eccessiva di Rob Zombie: dalle tematiche e ambientazioni che si rifanno al western e al poliziesco sporco dei ’70, agli ammiccamenti all’umorismo del cinema dei fratelli Marx; al rapporto e al debito con Tobe Hooper è riservata una sezione specifica che cerca di individuare elementi in comune e differenze, oltre alle citazioni vere e proprie.

Particolarmente dettagliato è poi il confronto tra l’Halloween di John Carpenter e il recente “non-remake” di Rob Zombie, che nella Zombie Familyprima parte reinterpreta in chiave introspettiva la figura di Michael Meyers; il confronto intelligentemente parte dall’assunto che non sempre è necessario "decidere, salvare una versione e affondarne un'altra; alle volte è concesso godere di entrambe" (p. 142) e vede nella versione di Zombie una sapienza registica più matura, che nel contempo probabilmente finisce per mancare della “sana follia direttiva”, entusiasmante, per quanto imperfetta, delle altre due pellicole (p.127).Infine, si fa cenno a Werewolf Women of SS, uno dei quattro fake trailer realizzati da altrettanti registi, che aprivano la proiezione (almeno in USA) di Grindhouse di Tarantino e Rodriguez, e al prossimo progetto del regista: The Haunted World of SuperBeasto, film animato tratto da un fumetto creato proprio da Rob Zombie e che sarà probabilmente doppiato tra gli altri  (l'immancabile Sheri Moon, il grande "Capitanob Spauding" Sid Haig) dalla leggendaria musa di Russ Meyer, Tura Satana. Concludono il testo filmografia, bibliografia e sitografia.

Infine, un appunto che va riferito a molte monografie di uscita recente e che soffrono probabilmente di tempi di “lavorazione” troppo stretti: non guasterebbe maggior cura nell’impaginazione e nella correzione delle bozze – il retrocopertina presenta più di uno sproposito.

 

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    3 commenti

    • Mi dite quali sono gli spropositi? Noi cerchiamo di fare le cose con cura, ma gli errori sono sempre all'erta. Se ci dite dove abbiamo sbagliato correggiamo in una prossima edizione.<br /><br />Gordiano Lupi

    • @gordiano lupi: infatti specificavo "solo un appunto", e peraltro azzardavo l'ipotesi dei tempi di lavorazione stretti sapendo bene che i refusi sono ordinaria amministrazione e a volte sfugge qualcosa, per questo esiste la correzione di bozze… però dispiace trovarli in un testo cartaceo, specie quando prima di recensirlo lo si legge interamente – non è un'osservazione tanto scontata 🙂 e in un testo poi così graficamente piacevole: comunque nel retrocopertina, a parte gli spazi di troppo e un "le colline han–no gli occhi", copio le ultime righe: "tutte immagini che amalgamano saggiamente i diversi aspetti filmici, storici tematici filmati dal cineasta, in un invito a riflettere su cosa ci aspetta nel momento, che varcheremo la soglia della casa del diavolo con prefazione di Fabio Zanello e postfazione di Andrea Fontana". dalla costruzione, per una virgola di troppo e una, invece, sfuggita, così sembra che si debba varcare la soglia con la prefazione in mano 🙂 ripeto, è solo una sensazione, ma ho l'impressione che in tanti libri recenti, non solo di cinema, ci sia un pò di fretta nel farli venire alla luce e meno attenzione alla revisione dei testi. tutto qui.

    • gordiano lupi

      grazie mille, credo che abbia ragione. il problema è economico, purtroppo. siamo piccoli e ci affidiamo per le correzioni agli autori e alla buona volontà di un grafico pagato poco…