Mahmood, di Giorgio Testi

Il cantante viene mostrato con grande rispetto e umiltà senza spingersi troppo nell’estorsione dei ricordi. Lucido e funzionale l’utilizzo dell’archivio. Alice nella città

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Ruota tutto intorno alle connessioni. Mahmood nel documentario diretto da Giorgio Testi, e presentato in anteprima nella sezione di Alice nella città, viene continuamente avvolto dalle connessioni che il mondo attorno a lui cerca di stabilire, a partire dalle lacrime dei fan in delirio durante i grandi concerti internazionali sino ai luoghi più intimi della sua quotidianità, formalmente resi come i classici e nostalgici filmini familiari. Connessioni dalle molteplici forme e linguaggi che vengono legate in un unico costrutto stilistico attraverso il lucido utilizzo, sempre rivolto verso la soluzione ibrida, del materiale d’archivio. E questo continuo gioco di ampliamenti e di repentine riduzioni si sposa perfettamente con il background artistico e caratteriale di Mahmood, una figura che fin dal suo fulminante approdo nella scena ha stupito per il suo approccio umile e paradossalmente timido nei confronti del successo. Quasi bidimensionale nel suo approccio, è anche costantemente proteso verso la più totale espansione della propria musica, dei suoi innumerevoli mondi temporali ed emotivi verso uno stato di fluidità e appunto connessione con la realtà musicale di cui spesso non riesce ad averne coscienza.

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Infatti con grande rispetto e umiltà Testi affronta il personaggio di Mahmood senza spingersi troppo nell’estorsione dei ricordi, come poteva inevitabilmente avvenire col rapporto paterno raccontato come una figura impossibile da identificare. Si sofferma invece, attraverso le immagini in contesti di pura superficie, anche se troppo conformi alle strutture classiche del documentario biografico e spesso con qualche intuizione visiva azzardata. Ma forse è proprio la genuinità del plurivincitore del Festival di Sanremo a mascherare anche il più semplice degli intoppi, trascinando con leggerezza il prodotto su un ulteriore piano di fruizione e verso varie contrapposizioni linguistiche (il passaggio dalle immagini dei concerti fino al più semplice degli home video ne è una prova), e in special modo annullando drasticamente anche la più ovvia distanza che si può creare tra il personaggio/celebrità e lo spettatore, in totale simbiosi con la sua musica. Una piacevole sorpresa…

 

Regia: Giorgio Testi
Distribuzione: Nexo Digital
Durata: 90′
Origine: Italia, 2022

 

 

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
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Il voto dei lettori
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