Monte Verità, di Stefan Jäger

Per quanto racconti una vicenda coinvolgente, rischia di essere l’ennesimo film figlio dell’era me too e di sorvolare invece sugli aspetti più interessanti.

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La farfalla in ottone che la protagonista stringe con forza in mano fino a lasciarle il segno è la necessità che quell’immagine o meglio, ciò che simboleggia quell’immagine, deve essere trattenuta, impressa, per non dimenticarsene. Perché la libertà è un’utopia, come viene detto più volte nel film e se viene trovata va tenuta stretta, perché da un momento all’altro può volare via. Monte Verità è un’altalena di aperture e chiusure, di libertà e restrizioni. Si passa dalle claustrofobiche stanze dei palazzi nobili agli sconfinati paesaggi di una natura alla Rousseau dove la parola d’ordine è libertà. Jäger, ispirandosi alla storia del Monte Verità, ha deciso di romanzare una storia di emancipazione femminile narrando la storia di una donna in fuga dal suo ruolo di moglie e madre nobile nel quale si sente relegata. Fa amicizia con lo psicoanalista Otto Gross, che si opponeva alle teorie di Freud e tra i due si crea un rapporto quasi alla Jung e Spielrein narrate da Cronenberg in  A Dangerous Method.

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Jäger documenta e allo stesso tempo romanza dal punto di vista di una donna, un luogo nascita di intellettuali, di liberi pensatori, ma non riesce allo stesso tempo a rendere effettivamente manifesto l’anima di quel posto, soprattutto qual è la sua peculiarità. Rimane forse tutto troppo racchiuso in una cornice non molto grande e limitato come le fotografie scattate dalla protagonista. Hanna decide di diventare la fotografa della comunità, forse per un suo bisogno di contenere, racchiudere, dare una cornice di quei momenti di spensieratezza. Ma emerge anche la voglia di documentare, dare prova che si possa vivere una vita diversa ed essere comunque donne e uomini. Certo che la libertà ha un prezzo e Hanna lo sa bene, deve abbandonare il cordone ombelicale che la lega a quel posto di donna privilegiata come il marito le rinfaccia più volte, per abbracciare la professione che la fa sentire parte di una comunità, che però non emerge mai nella sua pienezza durante la narrazione. Si vedono appunto il dottor Otto Gross, lo scrittore Herman Hesse ma non c’è un approfondimento. È come se fossero due storie staccate tra loro: una sull’emancipazione femminile e l’altra sulla narrazione di una vita di comunità su uno dei monti più peculiari storicamente parlando. Monte Verità, per quanto racconti una vicenda coinvolgente, rischia di portare sul grande schermo l’ennesimo film figlio dell’era del me too e di lasciare invece fuori dall’inquadratura gli aspetti più interessanti, il tutto legato da  immagini di ambienti naturali che per quanto suggestive, non riescono a far provare empatia allo spettatore.

 

Titolo originale: Der Rausch der Freiheit 
Regia: Stefan Jäger
Interpreti: Maresi Riegner, Max Hubacher, Julia Jentsch, Hannah Herzsprung, Joel Basman, Phillip Hauss
Distribuzione: Draka Distribution
Durata: 116′
Origine: Svizzera, Austria, Germania, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
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Il voto dei lettori
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