"Nudisti per caso", di Franck Landron

Non basta un'idea vincente per fare un buon film soprattutto se ci si mette di mezzo pure la grandeur d'Oltralpe ad appensantire e rendere ancor più irritante il tutto. Il piatto schematismo ideologico e registico è sparso senza risparmio da Landron che si attacca a sterili close-up non per senso del pudore ma per povertà di sceneggiatura e attori

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Qualcuno vi ha mai dato del "tessile", in altre parole del "vestito"? Beh è quello che accade nel verboso Nudisti per caso a Sophie (Barbara Schultz), sulla quale si abbatte quest'infamante strale per l'imperdonabile pudicizia che la spinge a mostrarsi abbigliata in pubblico su un'isola per nudisti. Ma su quel "lembo di libertà estrema" la bella 'moglie del fornaio' (senza niente della sensuale verve della protagonista dell'omonimo capolavoro di Marcel Pagnol) c'è finita per caso, mandata in avanscoperta dal marito Olivier (Alexandre Brasseur, deludente terza generazione della grande casata attoriale composta dal padre Claude e dallo zio Pierre) che ha acquistato questa fuga dal soffocante tram tram parigino sotto forma di villetta in multi-proprietà a prezzo stracciato. Così Sophie coi due figlioletti si trova incastrata, in attesa dell'arrivo del marito, in una realtà prima imbarazzante, poi ostile e infine di suadente, pruriginosa provocazione sessuale. "Cosa c'è di più indifeso di un uomo nudo?" è la massima che un vicino le snocciola a mo' di summa morale della pellicola e a difesa della filosofia naturista (che è anche un gigantesco business che quest'anno ha mosso un giro d'affari di 400 milioni di dollari solo negli Usa!). Ma sembra più disarmata lei, la "diversa", aggredita spesso e volentieri da tanti nudisti che scambiano la sua fedeltà a sé stessa come un affronto alla loro scelta o semplicemente calpestano incivilmente la libertà altrui, togliendo senso a quella che sbandierano col vessillo del naturismo non tanto diversamente da quelli che indossano l'uniforme dell'esercito o il doppiopetto dei governanti, additati dalla voce-off come esempi della degenerazione della società standardizzata, ovvero abbigliata. Non basta "un'idea vincente" (basta essere in minoranza per sentirsi vestiti e diversi in mezzo a un mondo messo a nudo) per fare un buon film soprattutto se ci si mette di mezzo pure il rincaro della grandeur d'Oltralpe ad appensantire e rendere ancor più irritante il tutto. Il piatto schematismo ideologico e registico è sparso senza risparmio da Landron che si attacca a sterili close-up non per senso del pudore o intimismo ma per povertà di sceneggiatura (poco contano un fiume di parole sparate per lo più a vanvera, con molesta sentenziosità) e di attori incapaci di essere tali in toto, dalla testa ai piedi, con o senza indumenti. L'unica promessa che Nudisti per caso mantiene (servita masochisticamente su un piatto d'argento!) è che si tratta di un "film in cui c'è poco da scoprire!", come proclama lo slogan di lancio sulla locandina. E scusate se è molto.

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Titolo originale: Les textiles


Regia: Franck Landron


Soggetto e sceneggiatura: Franck Landron, Gilles Cahoreau, Christian Vincent


Fotografia: Franck Landron


Montaggio: Louise de Champfleury


Musiche: Jean Dindinaud, Tomás Gubitsch


Interpreti: Barbara Schultz (Sophie), Alexandre Brasseur (Olivier), Magali Muxart (Juliette), Simon Bakhouche (Gilbert), Angelique Thomas (Adeline), Philippe Cura (Jacky), Zoe Landron (Laure), Felix Landron (Nono), Louis Pasquier (Michel), Xavier Aubert (Aubry), Jacky Berroyer (Paul), Emmanuelle Bataille (Corinne)


Produzione: Les Films En Hiver


Distribuzione: Lucky Red


Durata: 92'


Origine: Francia, 2003


 



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