OMBRE ELETTRICHE – Il treno della memoria: "Red Eye"

Kim Dong-bin torna alle atmosfere orrorifiche di “Ring Virus”, fortunato remake del “Ring” giapponese, che aprì la strada all'invasione horror in Corea del Sud. Se le intenzioni sono buone, con accenti mélo e momenti crepitanti, la resa delude.

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La notte del 16 luglio 1988 un treno deraglia, stroncando la vita di oltre cento persone. Le cause rimangono un mistero, e l'incidente è presto dimenticato. Sedici anni dopo Mi-sun, assistente di viaggio alla sua prima esperienza di lavoro, sale sull'ultimo treno della notte di quell'identica linea. Il treno lascia la banchina in orario e guadagna piena velocità, tuffandosi nel buio. All'improvviso, senza motivo apparente, il convoglio fa una fermata di dieci minuti nel mezzo del nulla, dopodiché riprende come nulla fosse la sua corsa. Qualcosa nel frattempo è però cambiato: Mi-sun, insieme a Chan-shik, un controllore, e ad altri passeggeri, inizia a percepire strani fenomeni. Cosa è accaduto durante la pausa forzata? Fantasmi del passato sembrano essersi impossessati delle carrozze, e la morte torna a reclamare il suo tributo. Dopo più di cinque anni, Kim Dong-bin torna alle atmosfere orrorifiche di Ring Virus, che nel 1999 gli aveva dato la notorietà. Insieme a Whispering Corridors, dell'anno precedente, il remake del giapponese Ringu aveva infatti scatenato il rifiorire del genere in Corea del Sud. Le due pellicole, insolito successo di pubblico, hanno aperto la strada a una nuova ondata di horror autoctoni. Guardando in retrospettiva, con mezza dozzina circa di pellicole prodotte ogni anno a partire dal 2000, il risultato appare deludente: gli horror coreani, con le uniche eccezioni dello stilizzato Two Sisters e dell'interessante Memento Mori (seguito spurio di Whispering Corridors), non sono riusciti a dimostrare la loro indipendenza da modelli esteri o la necessaria inventiva. Ne è una dimostrazione lo stesso Ahn Byung-ki, il più esportato esponente della rinascita; tutti i suoi film (A Nightmare, Phone, Bunshinsaba) risultano derivativi, proni a formati visivi giapponesi o statunitensi, poco ispirati e fastidiosamente fracassoni. Quello che resta si perde tra il confuso (Unborn but Forgotten), il piatto (Sorum, The Uninvited, Face) e il già visto (Ghost – Dead Friend, Into the Mirror).

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Considerato il ruolo di battistrada, è interessante accostarsi al nuovo lavoro di Kim Dong-bin per cercare di capire se la situazione si è nel frattempo evoluta. Red Eye (titolo alternativo Ghost Train) ha caratteristiche promettenti. In primo luogo, diventa subito chiaro, è permeato da un alone decadente melodrammatico. Il tema del ricordo, della morte, degli spettri del passato che angosciano le persone presenti, indirizzandone gli atti e l'esistenza, segna il tono dell'intera pellicola, trasformandola in una dolorosa riflessione sul tempo perduto, sulle memorie svanite. In questo senso il treno infestato è una metafora calzante, quasi banale nella sua ovvietà, con le rotaie a simbolizzare l'arco della vita e il treno – icona moderna della velocità – a rappresentare l'incessante succedersi delle esperienze. La scelta è però a doppio taglio. I tratti vengono infatti esasperati fino al parossismo, le languide atmosfere, sospese tra rimpianto e nostalgia, dilatate fino all'eccesso. In questo modo il baricentro scivola verso l'inverosimile, il tedioso: gli intenti sono sbandierati con troppa evidenza, perdendo tutta la loro forza. Red Eye rimane così un tentativo smangiucchiato di mescolare horror e sensazioni impalpabili. La suspence è scarsa, con un'unica scena di rilievo, per quanto risaputa – il fantasma che esce da una pozza di sangue nel corridoio tra i sedili. La narrazione, tentando di seguire molti personaggi secondari, diventa caotica, sfilacciandosi. La regia è trattenuta e non riesce a creare la dovuta sensazione d'attesa, nonostante abbia a disposizione un ambiente claustrofobico come le carrozze di un treno in movimento. Le potenzialità sono disperse. L'opera di Kim Dong-bin, se è lecito guardarla come summa delle precedenti esperienze, non riesce a trascendere i limiti ormai evidenti di tutto il filone: formulaicità degli intrecci, attenzione maniacale alla produzione – ma scarso interesse per la pianificazione visuale e, sopra tutto, una costruzione patinata della tensione, poco propensa a colpire i sensi fino in fondo.

FILMOGRAFIA


paese: Corea del Sud


anno: 2005


regia: Kim Dong-bin


sceneggiatura: Sung Ki-young, Lee Yong-yeon, Kwon Nam-ki


cast: Jang Shin-young (Mi-sun), Song Il-kuk (Chan-shik), Kwak Ji-min (So-hee), Lee Eol


 


LINKS


http://www.shuqi.org/asiancinema/reviews/redeye.shtml (in inglese)


http://evilninjax.typepad.com/evil_ninja_xs_asian_movie/2005/06/red_eye_review_.html (in inglese)


 


DOVE ACQUISTARE


Red Eye è disponibile nella versione coreana in una confezione a due dischi con sovracoperta speciale. Il film è presentato nel corretto formato anamorfico con audio originale in DTS o Dolby Digital 5.1 e sottotitoli in inglese. Gli extra sul secondo dvd, non sottotitolati, comprendono making of, intervista con il cast, effetti speciali e trailer.


http://global.yesasia.com


http://www.yeondvd.com

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