"Omicidio in paradiso" di Jean Becker

Tra noir e commedia, un film sagace, ricco di humour, dedicato alla provincia francese, a questo microcosmo apparentemente fantastico (come lo era la palude de “I ragazzi del Marais”) unito nello spirito e nella memoria

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Ancora una volta il cinema di Jean Becker prende le forme di un elogio romantico e delicato alla libertà e alla natura. Una dedica commovente e allo stesso tempo arguta alla provincia francese, a questo microcosmo apparentemente fantastico (come lo era la palude de “I ragazzi del Marais”), unito nello spirito e nella memoria. Uno sguardo curioso che accantona i tratti più malinconici del suo precedente film, per cogliere gli aspetti più sagaci e grotteschi dei suoi abitanti, una galleria di personaggi caratteristici e caratterizzati che, nella tipizzazione, non perdono mai la loro vitalità, la loro natura ontologica di figure della contemporaneità (anche se il film è ambientato nel 1980), vive, reali, in continua evoluzione e visceralmente attaccate alla terra (seppur abitano in paradiso…). Jojò Braconnier (uno splendido Jacques Villeret), che già nel nome ha in sé i segni della sua tragica contraddizione, veste nuovamente i panni dell’ingenuo, come ne “La cena dei cretini” di Veber, ma il suo carattere, indagato con circospezione nei continui primi piani, subisce una metamorfosi sottile che lo trasforma nel corso del film da vittima a carnefice inconsapevoli e da carnefice a vittima consapevoli. Becker, che non abbandona le sue radici di cineasta di film polizieschi, quasi ad omaggiare il padre, realizza così una commedia nera, ricca di humour, proprio come lo era “Pas de caviar pour tante Olga”, in cui l’incontro con la pellicola di Sacha Guitry, “Ho ucciso mia moglie”, non poteva dare risultati migliori. Becker opera infatti con l’essenzialità e la sobrietà che lo contraddistinguono e lima tutti gli aspetti più ‘diabolici’ messi in risalto da Guitry, per dar vita a un film genuino, ma non semplice, in cui la vicenda giudiziaria e i suoi toni gialli da feuilleton popolare si mescolano alle storie tutte umane dei singoli membri della comunità, uniti da un sincero sentimento di amicizia e da un senso di solidale comprensione che ha le sue radici nella cultura contadina. Ma questo mondo rurale, seppur lontano dal ritratto spietato di “Le corbeau” di Henri-Georges Clouzot, non è scevro di malignità e pettegolezzi e dinnanzi a fragilità comuni e, soprattutto, alle meschinità della povera Lulu, il regista francese non mostra alcun giudizio, anzi, si pone come un osservatore imparziale, a tratti divertito, a tratti dispiaciuto, che scruta la progressiva esplosione di conflitti da tempo repressi e la loro lenta ma inevitabile risoluzione. Contrariamente alla provincia americana, sempre più contaminata dal germe degenerativo della metropoli, dove i rapporti una volta lacerati non hanno più modo di ricostituirsi, la provincia di Becker si pone quindi come luogo antitetico, una nicchia solida, coesa e protetta, ancora in grado di sopravvivere alle sue anomalie, capace di difendersi dall’intrusione esterne (come quella dei media) e pronta a rintracciare, tra le sue dolorose incoerenze, i motivi stessi della sua (r)esistenza.Titolo originale: Un crime au paradis
Regia: Jean Becker
Sceneggiatura: Sebastien Japrisot
Fotografia: Jean-Marie Dreujou
Montaggio: Jaques Witta
Musica: Pierre Bachelet
Scenografia: Thérèse Ripaud
Trucco: Paul Le Marinel
Interpreti: Jacques Villeret (Jojò Braconnier), Josiane Balasko (Lulu Braconnier), André Dussolier (Jacquard), Suzanne Flon (la maestra), Gérard Hernandez (Jackie), Roland Magdane (il proprietario del caffè), Valerie Mairesse (Magali), Maryse Déol (la merciaia), Jenny Clève (Signorina Bertrand), Jean Dell (il giudice Frégard).
Produzione: France 2 Cinéma, Josy Films, K.J.B. Production, Les Films Christian Fechner, Rhône-Alpes Cinéma.
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 90'
Origine: Francia, 2000

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