Pesaro 44 – VIDEO – "Ci sono più registi che film nella Germania di oggi": incontro con i rappresentanti del cinema tedesco contemporaneo

Giovanni Spagnoletti, direttore della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro ed il critico Olaf Möller provano a fotografare la realtà contemporanea del cinema tedesco, a conversazione con alcuni dei giovani registi formatisi presso le principali scuole di cinema della Germania, per discutere di modelli vecchi e nuovi e delle influenze dei nuovi mezzi espressivi – VIDEO

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Il cinema oggi è in totale trasformazione. Quanto ha significato per voi l’esperienza dei padri, che è stata poi quella più importante dopo quella degli anni ’20 e quali sono i vostri riferimenti?

 

Martin Gypkens: Avere studiato a Potsdam non ha influenzato molto le mie radici di cineasta, se non nella misura in cui mi ha dato la possibilità di lavorare in un contesto internazionale. Ho potuto vedere e studiare la struttura di film degli anni ’60, ’70 e ’90 e non solo di quelli tedeschi. Tra le pellicole che sono state per me oggetto di studio ci sono anche quelle americane degli anni ’60 e ’70. Tutto nella scuola procede a livello individuale, singolare, risultando fondamentale per la costituzione di una solida base professionale, ma non per quella di una estetica comune. La mia personalità insomma non è unicamente tedesca, ma anche internazionale .

 

Mario Mentrup: Io ho studiato in un’altra scuola, essendo nato in una piccola città del sud della Germania e per me non sono importanti solo i registi che compongono il panorama della mia generazione. I film degli anni ’70 (quelli tedeschi, ma anche quelli italiani e francesi) come quelli dei padri del cinema tedesco, mi hanno sicuramente interessato e influenzato: il cinema in effetti è qualcosa che io scopro quotidianamente. Una curiosità che mi fa piacere condividere  con voi è quella che vede, oggi come oggi, moltissimi ragazzi iscritti alle scuole di cinema. Il risultato è che ci sono probabilmente più registi di quanti siano i film che vengono realizzati ogni anno.

 

Volker Sattel: la mia è una formazione per lo più attoriale, mentre come regista mi sono formato da autodidatta. Amo i film a cinema, ma non escludo quelli che passano in TV. Ad esempio, negli ’70, era possibile vedere in televisione anche film della Nouvelle Vague ed ecco che tra i miei punti di riferimento, per fare un nome, c’è anche Godart, che considero un “padre” alla pari di tanti altri registi del panorama tedesco. È stato importante vedere moltissimi film, (Fassbinder, film horror americani) ma mi risulta difficile parlare di vera e propria influenza. Il nostro modo di lavorare in Germania ha a che fare con il fatto che siamo tedeschi, ma abbiamo anche un respiro internazionale, permeato da influenze con origini diverse per nazionalità e ambiti. Un esempio può essere rappresentato dalla scuola di Amburgo, influenzata dalle band musicali.

 

Olaf Möller: I registi che vengono prodotti in questi anni sono molto talentuosi, a livello professionale e teorico. La particolarità del cinema tedesco rispetto a quello degli anni ’70 è l’impossibilità di analizzarlo nella sua totalità. È possibile infatti solo approfondire un determinato periodo della storia del suo cinema, che oggi ha un’importanza, oltre che una sensibilità internazionale.

 

Till Steinmetz: come Martin ho iniziato alla scuola di cinema e forse per me l’influenza americana è anche più forte di quella tedesca. Durante gli anni di studio ho approfondito la cinematografia della Germania, Antonioni e il cinema coreano. Ho così potuto selezionare a livello teorico delle caratteristiche che non appartengono ad una cinematografia in particolare, ma hanno respiro internazionale.

 

La televisione, fondamentale per molti registi negli anni ’70, è oggi una sorta d’inscatolamento, intervenendo ormai su tempi e modi della sceneggiatura. In che misura la presenza dei redattori televisivi o quella delle istituzioni che finanziano i progetti, condiziona il vostro lavoro artistico?

 

Martin Gypkens: io ho sviluppato la sceneggiatura insieme al mio produttore, quindi i redattori televisivi non mi hanno influenzato. Sono consapevole della fortuna che ho, perché so quanta influenza ha oggi la televisione sulle sceneggiature. All’interno della scuola berlinese poi, ci si incontra e si ricercano dei progetti comuni, ma bisognerebbe che la categorizzazione fosse meno rigida, permettendo il riconoscimento delle singole personalità

 

Mario Mentrup: per l’ultimo film non ho subito alcuna influenza televisiva ed i finanziamenti sono stati privati. Per il cinema tedesco in generale però, l’influenza del mezzo televisivo è molto forte, soprattutto per i produttori. È necessario infatti lavorare a stretto contatto con i redattori, cosa che si riversa sull’influenza che essi hanno sul “passo creativo” della sceneggiatura.

 

Volker Sattel: alla Berlinale Schule si realizzano anche film per la TV, per esempio per la ZDF, portati poi in giro per i festival ed eventualmente anche in sala. È evidente quindi come l’influenza del mezzo televisivo si manifesti già all’interno della scuola.

 

Till Steinmetz: io non ho un’esperienza diretta di collaborazione con la TV, ma so che la realizzazione stessa di progetti in quell’ambito è molto problematica. Dei registi mi hanno raccontato ad esempio che, una volta realizzato un documentario, sono stati costretti a scendere a patti con i redattori, inserendo un commento in voice-over che non era assolutamente nei loro progetti.

 

Che ruolo ricoprono internet e le nuove tecnologie nel vostro modo di fare cinema?

 

Volker Sattel: internet non è fondamentale come puro mezzo di comunicazione, considerando che molti dei registi in questione abitano nella stessa città e alcuni nello stesso quartiere. Riconosco però l’importanza dei blog, nei quali è possibile anche per noi scambiarsi delle idee che possono risultare molto interessanti, oppure quella di youtube. Per ciò che riguarda l’avvento delle nuove tecnologie, la ritengo personalmente una cosa positiva. Imparare ad usare una macchina digitale significa avere delle possibilità diverse anche se, a produrre un film così, ci si sente un po’ “sporchi”. Esiste comunque un forte scambio di idee tra noi e questo tipo di cinema sperimentale; spesso ci confrontiamo con gli artisti che si servono già di queste tecnologie. Sono i registi più giovani a fare uso del digitale, il più delle volte come mezzo per produrre esercizi di stile, avendo a disposizione tutti i mezzi, anche quelli della pittura e della scultura e come metodo per procedere stilisticamente in maniera non rigida, affidando a questo aspetto una valenza politica. È possibile comunque che nei prossimi film ci serviremo anche noi del digitale, dal quale non rifuggiamo completamente.

 

Till Steinmetz: quelli che si possono osservare oggi dopo lo sviluppo delle nuove tecnologie, sono meccanismi simili a quelli che furono rilevati nell’industria musicale degli anni ’80. Nel cinema il risultato più tangibile riguarda in particolare il miglioramento delle possibilità produttive. Un esempio può essere rappresentato da youtube, che ha dato origine quasi ad un eccesso di offerta, ad una sorta di alimentazione forzata.

 

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