"Peter Pan – Ritorno all'isola che non c'è" di Robin Budd, Donovan Cook

Le orecchie a punta, il fatto di camminare sempre armato, la capacità di volare, la necessità di circondarsi di uno stuolo di bambini che ne formano l'esercito, fanno di Peter Pan un essere diabolico, capace di abbindolare le abilità senso-percettive di chi, invece, tenterebbe, tra i mille pericoli del caso, di crescere

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Nato dalle inquietudini dei primi anni del Novecento e dalla penna di un commediografo scozzese (James Matthew Barrie), Peter Pan approda in casa Disney (nel 1953) e finisce, qualche decennio dopo, nei manuali di psicologia quale caso clinico per niente pacifico, sindrome da bambinismo congenito, incapacità a maturare, volontà negativa verso il genere adulto. Le orecchie a punta, il fatto di camminare sempre armato, la capacità di volare, la necessità di circondarsi di uno stuolo di bambini che ne formano l'esercito, fanno di Peter Pan un essere diabolico, capace di abbindolare le abilità senso-percettive di chi, invece, tenterebbe, tra i mille pericoli del caso, di crescere…

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Eppure la mitologia che lo circonda ne fa un personaggio adatto a trascinare, dentro di sé, il concetto rivoluzionario della fanciullezza quale periodo felice, del sogno e della fantasia quale "antirealtà" meravigliosa, da contrapporre ad uno squallido e terrificante quotidiano. Finisce così che, in questa seconda puntata, con Wendy ormai grande – lei sì che invecchia – ed una nuova bambina (la figlia) decisa a crescere, Peter Pan se la deve vedere con gli incubi di una guerra (la II mondiale) che ben si presta a fare da sfondo alla sua ideologia che favorisce senza scrupoli il regno del sogno, della fantasia… Ma è tutto da stabilire se, alla guerra reale, sia da contrapporre l'orrore di un mondo ben poco felice (quello dell'Isola che non c'è), un mondo fatto di una guerra continua tra fazioni avverse (ed è solo per tranquillizzarci che non ci fanno vedere i morti che facilmente possiamo presupporre se, in quei mari, si annidano mostri tanto possenti, se le navi vanno a picco, se i bambini non riescono a ritrovare le madri)…


Ma il film è un gioco – come questo articolo, del resto: siamo nel dissestato mondo del narrativo, dove è facile dire di tutto, dove chiunque può interpretare al meglio il perverso mondo dei segni. Bisognerebbe chiedere ai bambini – esseri conservatori, antidemocratici, birichini, reazionari, simpatiche canaglie e così via. A loro il film potrebbe risultare piacevole – rimarrà viva l'idea che, quello delle fiabe, è un mondo in cui è bello adagiarsi e riposare, che i buoni (da qualunque parte stiano) vincono sempre, che la mamma ha sempre ragione… ma queste son cose che loro già sanno benissimo.

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Titolo originale: Return to Never Land
Regia: Robin Budd, Donovan Cook
Sceneggiatura: Temple Mathews
Montaggio: Anthony F. Rocco
Musica: Joel McNeely
Scenografia: John Kleber
Effetti speciali: Del Larkin, Adam Phillips
Voci: Harriet Owen (Jane/Wendy bambina), Blayne Weaver (Peter Pan), Corey Burton (capitan Uncino), Jeff Bennett (Smee e i pirati), Kath Soucie (Wendy), Andrew McDonough (Danny), Roger Rees (Edward), Spencer Breslin (Cubby)
Produzione: Christopher Chase, Dan Rounds per Walt Disney Pictures
Distribuzione: Buena Vista International Italia
Durata: 72'
Origine: USA, 2002


 

 

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