"Prey – La caccia è aperta", di Darrel James Roodt

Il film parte come dramma familiare sull'incomunicabilità, passa poi ad una fase cartolinesca, prosegue in una concitata fase di sopravvivenza e termina quindi con l'agognato quanto incerto ricongiungimento familiare. Quattro atti dunque, dei quali il più riuscito è quello relativo ai leoni che cacciano le prede umane

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Il safari non sempre è divertente e rilassante, ha comunque la capacità di regalare emozioni forti, almeno questo sembra voler raccontare Roodt. Al suo terzo lavoro nel lungometraggio, dopo Serafina! Il profumo della libertà e Yesterday, il regista sudafricano – qui anche sceneggiatore –  cambia registro e dal dramma sociologico-razziale passa all'azione (quasi) pura, ma il risultato lascia qualche dubbio e perplessità. La storia, tratta da un fatto realmente accaduto, è semplice e diretta: una famiglia si ritrova nel bel mezzo della savana in balia di tre leoni (due femmine e un maschio) affamati e per nulla intenzionati a mollare le loro prede terrorizzate e chiuse dentro una jeep, le quali attendono che il marito (Peter "Robocop" Weller) venga a salvarle. Il film parte come una sorta di dramma familiare sull'incomunicabilità e non accettazione – il padre separato e risposato di fresco, la nuova moglie che non viene accolta dai due figli – per poi passare ad una fase cartolinesca, dove la famiglia visita un parco safari colmo di animali e si ristora in un albergo da "sogno africano", prosegue in una concitata fase di sopravvivenza e termina quindi con l'agognato quanto incerto ricongiungimento familiare. Quattro atti dunque, dei quali il più riuscito è  quello relativo ai leoni che cacciano le prede umane. Interessante osservazione fatta dalla parte predatrice, soggettive che inquadrano in un bianco e nero sfocato il potenziale cibo e primi piani che cadono frequentemente sugli occhi e sullo sguardo dei grossi felini che fanno dell'attesa la loro arma più micidiale, sorta di studio documentaristico ravvicinato dell'arte della caccia. Qui si concentra l'ancestrale rapporto preda-predatore in un paio di sequenze suggestive: il leone intento ad esplorare la macchina dove all'interno è barricato il "pranzo" quotidiano, la leonessa che parte all'attacco della donna e per una frazione di secondo manca il bersaglio cozzando il muso contro la portiera della macchina. Particolare cura è data al sonoro dei ruggiti di studio, attacco e sbranamento, inquietanti nella loro ferina naturalezza. Il film perde di smalto quando vuole presentare un atto morale neanche troppo celato, facendo fare una brutta fine alla guida, ai bracconieri  ed al cacciatore antipatico e solitario, tutti divorati dai leoni vendicatori, atto d'accusa verso chi è (presunto) colpevole di rendere giorno dopo giorno l'Africa sempre più agonizzante. Ma è una stigmatizzazione vuota di approfondimento e analisi, sbrigativa e per certi versi caricaturale, priva di quella forma eticamente coinvolgente capace di indurre chi guarda ad una riflessione attenta e partecipata.  

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Titolo originale: Prey


Regia: Darrel James Rodt


Interpreti: Peter Weller,  Carly Schroeder, Connor Dowds, Jamie Bartlett, Bridget Moynahan


Distribuzione: Eagle Pictures


Durata: 92'


Origine: USA, 2007


 

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