Pupi Avati: "Con Il cuore altrove mi sono innamorato di nuovo del cinema"

Abbiamo incontrato Pupi Avati (neo presidente di Cinecittà) che insieme ai suoi entusiasti e affiatati interpreti, Neri Marcorè e Vanessa Incontrada, ci ha parlato de “Il cuore altrove” e del futuro del cinema italiano.

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Partiamo dagli interpreti. Il cuore altrove ha come protagonisti un attore brillante come Neri Marcorè, alla prima 'uscita' d'autore, e una esordiente come Vanessa Incontrada. Come li ha 'scovati'?

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Pupi Avati: Io avevo scritto questo copione in maniera molto chiara, molto puntigliosa. Le mie sceneggiature in realtà sono come dei romanzi perché le arricchisco di pensieri, di atmosfere, includo una serie di dati e informazioni che in qualche modo sarebbe scorretto inserire nelle sceneggiature ma che consentono agli attori sul set di muoversi con una consapevolezza maggiore. Quando ho scritto il personaggio di Nello Balocchi mi sono trovato con mio fratello a chiedermi chi avrebbe potuto mai interpretare la parte. Abbiamo incontrato diversi attori ma avevano tutti qualcosa di più o qualcosa di meno, o erano troppo caratterizzati o esprimevano troppo poco il senso di incertezza e di disagio del personaggio di Nello. Un pomeriggio mio fratello mi ha telefonato per dirmi di accendere il televisore perché c'era in una trasmissione tv (Per un pugno di libri) il conduttore più a disagio che avesse mai visto. Solitamente ti capita di vedere infatti conduttori molto aggressivi, che hanno tutto in mano, e quindi vedere 'l'imbranamento', la tenerezza, la 'gracilità' di Neri mi ha colpito tantissimo. L'abbiamo chiamato subito e, dopo averlo conosciuto, gli abbiamo dato la sceneggiatura. La sera stessa lui mi ha chiamato dicendomi: "ma questo sono io, ho passato tutta la mia adolescenza così". Siamo riusciti così a trovare il nostro Nello. Per trovare lei invece abbiamo faticato moltissimo. Ho visto una quarantina di ragazze, attrici e non provenienti da tutto il mondo, senza riuscire a trovare ciò che 'vedevo' nel personaggio di Angela. Cercavo una bellezza indiscutibile e immediata che potesse 'travolgere' e 'illuminare' Nello alternando arroganza e tenerezza, una ragazza talmente energica da non essere davvero menomata dalla sua cecità. Per fortuna abbiamo trovato Vanessa.

Com'era l'atmosfera sul set?


Pupi Avati: Fantastica! Devo dire che avevo proprio bisogno di un film così in cui si respirasse finalmente un'aria pulita, ricca di un entusiasmo palpabile e di un sano cameratismo. Oltretutto credo di essere riuscito a trasmettere a tutti il divertimento che ha caratterizzato la mia fase di scrittura. Lavorare con attori così diversi tra loro, di provenienze opposte, da Nino D'Angelo al pirandelliano Giulio Bosetti passando per Sandra Milo, è stato molto stimolante perché c'era una grande stima reciproca, ognuno era incuriosito dagli altri. Naturalmente la grande incertezza era sulla capacità di Neri e Vanessa di tenere il film sulle loro spalle ma sin dai primi giorni la loro bravura ci ha molto rassicurato.


 


Com'è riuscito ad amalgamare attori molto diversi tra loro?


Pupi Avati: Devo dire che in molto del mio cinema è presente questo elemento. Mi capita sempre di sentire parlare di professionalità ma ciò che più mi sta a cuore è l'aspetto umano, la sensibilità delle persone con cui lavoro. L'importante è che tutti abbiano qualcosa che permetta la nascita di un bel rapporto umano e questo è un discorso che faccio sempre a tutte le persone che lavorano con me, agli attori come al resto della troupe. Privilegiando l'aspetto umano tutto scorre molto più naturale e in questo film, probabilmente uno dei più fortunati sotto questo aspetto, credo di aver trovato davvero ciò che volevo. Questo film mi ha fatto 'innamorare' di nuovo del cinema in un momento in cui avevo deciso di smettere dopo il cupo, ferale silenzio che si è abbattuto sul mio film precedente, I cavalieri che fecero l'impresa. Non riuscendo a spiegare la ragione per cui questo film è stato trattato così malamente, avevo infatti iniziato a pensare di non essere più capace di affrontare un'avventura del genere.

Dove ha trovato la forza per ricominciare?


Pupi Avati: Non so se lei ha mai avuto un animale, in ogni caso una volta quando un cane si feriva non veniva portato dal veterinario ma rientrava malconcio in casa e trascorreva diverso tempo sotto al letto. Poi improvvisamente una mattina vedevi che si avvicinava alla ciotola dell'acqua e cominciava a bere. Ecco, anch'io un giorno mi sono avvicinato alla macchina da scrivere e ho iniziato a buttare giù qualcosa. Mi incuriosiva moltissimo la storia di questo singolare istituto in cui una volta al mese arrivavano questi bolognesi sui loro calessi per andare a ballare con le cieche. Mi sembrava che fosse una cosa incredibile, mi chiedevo che tipo di uomini fossero questi. Da lì è uscito Nello Balocchi che solo successivamente è diventato il figlio del sarto del papa. Ma io avevo una cosa in serbo che non avevo mai usato, che tenevo in tasca da venticinque anni, avevo un titolo per una storia che non c'era: Il cuore altrove. L'unione di queste due cose ha portato alla 'nascita' del film.


 


Sempre a proposito del rapporto particolare che la lega ai suoi attori, ho letto su alcuni quotidiani che gli interpreti di Regalo di Natale le hanno chiesto di dare un seguito a quella storia. È vero?


Pupi Avati: Si è vero. Ora però voglio godermi ancora il mio Cuore altrove anche perché parlare del prossimo film mi da la sensazione di voltare le spalle ad una creatura appena nata e a cui sono molto affezionato.


 

Ora che lei è diventato presidente di Cinecittà, come pensa di ridare nuovo slancio al 'nostro' cinema?


Pupi Avati: Quando io andavo al cinema da ragazzo, non sapevo davvero nulla, quasi mi chiedevo se gli attori in realtà da qualche parte vivessero o se fossero soltanto il prodotto del raggio di luce che li proiettava sul telone giallastro. Mentre gli americani sono riusciti a mantenere quest'aura magica tenendo lo star-system come elemento centrale delle loro storie, in Italia abbiamo invece abbiamo dilapidato un patrimonio potenziale di attori protagonisti ma anche di comprimari in cambio di un'assunzione di responsabilità totale del regista che si è 'sostituito' da molti decenni agli attori. Una volta si andava al cinema per vedere i film di Sordi, della Loren di Mastroianni, poi, improvvisamente, si è andati a vedere i film del cosiddetto 'cinema d'autore'. Questo fatto secondo me ha creato una progressiva diffidenza del pubblico nei confronti del cinema italiano. Io ora sono lì a Cinecittà per cercare di trovare le strategie per produrre un'inversione di tendenza, per riavvicinare il pubblico al nostro cinema.


 


Tornando al film, il finale lascia la porta aperta a molte interpretazioni con Neri Marcorè che sembra sospeso tra l'entrare in seminario e continuare la sua vita. Qual è stata la sua 'chiave'?


Pupi Avati: Il finale del film esprime soprattutto un concetto. Nello è uno che non riuscirà mai a 'cantare in nessun coro', è un individuo nettamente separato dal coro/massa. Il fatto che lui continui a vivere dopo essere stato ferito, ma non 'ucciso' da Angela e addirittura si proponga quando la rivede con un sorriso così ostentato, testimonia il fatto che questa esperienza lo ha arricchito. Nello continuerà comunque a essere qualcuno con il 'cuore altrove', continuerà a investire sul sogno, sulle attese, su ciò che il futuro gli riserverà.

 


 


Neri Marcorè


 


Quando hai ricevuto la chiamata di Pupi Avati a che cosa hai pensato?


Neri Marcorè: Inizialmente di essere su Scherzi a parte, poi quando ho capito che la faccenda era seria avevo solo fretta di cominciare. Mi sono sentito molto fortunato che Pupi mi avesse regalato questo 'gioiellino', questa grande opportunità.


 


Avati ha 'visto' in te Nello Balocchi ma secondo te chi è Nello?


Neri Marcorè: Quando ho letto sul copione le caratteristiche di Nello ho ripensato a come ero nella mia adolescenza, certe timidezze, certi imbarazzi mi sono ritornati subito alla mente. Lontano dall'essere il Forrest Gump italiano come alcuni hanno scritto, Nello è invece un uomo che, seppur nella sua ingenuità, dimostra una grande 'forza dolce' che lo spinge a lottare per conquistare la sua Angela.


 


Com'è stato interagire con 'papà' Giannini?


Neri Marcorè: È bello il contrasto che c'è tra me, colto e laureato, e lui, sanguigno e tendente all'analfabetismo, la nostra interazione crea dei momenti di vera comicità. Sono stato molto fiero di poter recitare, anche se per pochi giorni, con un attore della sua grandezza.


 


E ora cosa ti aspetti per il futuro?


Neri Marcorè: Spero che questo film rappresenti un pilastro della mia carriera, che mi porti più proposte cinematografiche di quanto sia successo finora, augurandomi di essere anche bravo nello sceglierle.


 


Vanessa Incontrada


 


Come ti sei preparata alla parte della non vedente?


Vanessa Incontrada: Prima di girare ho provato a 'guardare' dei miei amici non vedenti per cercare di carpire più cose possibile, di sentire ciò che loro sentono, poi sul set Pupi e suo fratello Antonio mi hanno aiutato a calarmi nel personaggio di Angela. Pupi che oltre a essere un grande regista è una persona molto umile, ha fatto moltissimo per farmi sentire sempre a mio agio.


 


Quali sono i tuoi progetti per il futuro?


Vanessa Incontrada: Ho diverse proposte ma per ora preferisco non parlarne per scaramanzia. Mi piacerebbe lavorare di nuovo con Pupi ma anche essere diretta da un regista spagnolo. Oltre al grande Almodovar, sarei molto felice di far parte di un film di Fernando Trueba o di Alejandro Amenabar.



 


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    Un commento

    • Io l'ho visto solo ieri e, purtroppo, pur non volendo, in certe entrate di Marorè in scena, o mi veniva da aspettarmi di seguito quella musichetta demenziale suonata col cazoo nella pubblicità TIM, o mi veniva da vederci, in Marcorè, Antonio Di Pietro imitato, o Alberto Angela. Non me lo son potuto godere.