“Rent, di Chris Columbus
Chris Columbus, il re del teen-movie, alle prese con un manipolo di giovani artistucoli: pur affrontando tematiche "impegnate" come l'AIDS o l'omosessualità, "Rent" sembra essere soltanto l'ennesima occasione sprecata di un cinema che non riesce più a decriptare la realtà.
Portando al cinema il musical campione d'incassi Rent, Chris Columbus conferma la sua leadership nella speciale sezione del cinema "giovane", categoria sempre più fonte di infiniti business per le major hollywoodiane.
Dopo aver traghettato al cinema intere generazioni di fanciulli, dagli anni Ottanta con i Gremlins e i Goonies da lui scritti, passando per i Novanta della faccetta impunita di Macaulay Culkin per finire ai giorni nostri con le due avventure del maghetto con gli occhiali Harry Potter, Columbus sposta un po' più in là il suo target generazionale preferito adattando per il grande schermo il musical ispirato alla gioventù bohémienne dell'East Village newyorkese degli anni Ottanta.
Prima di tutto una parola sui personaggi: evitando ogni riferimento all'opera di Jonathan Larson che all'epoca vinse anche un Pulitzer per Rent, non si può fare a meno di notare come i protagonisti del film, quasi tutti facenti parti del cast teatrale originale, risultino sinceramente anacronistici e totalmente improbabili.
D'accordo che la storia è ambientata nei dorati anni Ottanta, con tanto di World Trade Center ancora intatto nello skyline newyorkese, ma i personaggi sembrano usciti da un museo delle cere tanto sono abbozzati ed immobili nella loro gabbia scenica.
Forse vale la pena spendere due parole in più per descrivere i nostri "eroi": c'è Roger, un ex tossico, che si innamora di Mimì, una tossica che è alle prese con un suo misterioso "fardello personale", ma che è anche ballerina di lap-dance (andrebbe considerato l'apporto che Rosario Dawson ha dato alla parte…); poi c'è Mark, novello celovek s kinoapparatom, che va in giro con la sua biciclettina e una cinepresa 16mm che non registra l'audio eppure tutti i suoi filmati vengono considerati capolavori ed acquistati dalla Tv come se fossero i cinegiornali "ritrovati" di John Ford; ma ci sono anche due "coppie di fatto", omosessuali in pieno odore di PACS e nuove eroine nel manifesto della diversità in stile Sinistra Antagonista, che si amano e litigano in modo molto politically correct.
E che dolore nel vedere questa banda di giovani arrabbiati alle prese con la storica linea della metropolitana newyorkese che termina la sua corsa in quel di Coney Island, il lembo di terra dove i Warriors ebbero vita difficile nel tornare…
Non c'è da stupirsi, dunque, se il risultato finale sembra essere uno sbiadito ritrattino di una irreale porzione di realtà: senza la volontà di ferire o colpire qualcuno, criticare o giudicare qualsivoglia atteggiamento ma solo la volontà di abbozzare questo teatrino dell'assurdo in formato Cinemascope (per di più, visto che trattasi di un musical, era lecito aspettarsi qualcosa in più di un paio di coreografie azzeccate…).
Quel "più realtà" che si invoca in lungo e largo nella pellicola, insomma, non è una dichiarazione programmatica o d'intenti ma piuttosto uno scialbo riferimento a certo cinema, e a certa arte più in generale, che vorrebbe intrattenere con la realtà un rapporto quantomeno, diciamo così, di buon vicinato…
Ed è anche l'ennesima riprova che tra un testo teatrale ed una sceneggiatura cinematografica, e la sua effettiva messa in scena, passa qualcosa in più di quello che solitamente si crede…
Titolo Originale: Id.
Regia: Chris Columbus
Interpreti: Rosario Dawson, Taye Diggs, Wilson Jermaine Heredia, Idina Menzel
Distribuzione: Sony Pictures
Durata: 135'
Origine: USA 2006