Resistenza naturale – Incontro con il regista Jonathan Nossiter

Il regista americano-brasiliano, trasferitosi qui poiché grande amante del Bel paese, parla degli agricoltori “naturali” come dei nuovi contestatori, cui è delegata la ribellione etica contro questo sistema socioeconomico che ci sta schiacciando. E non manca di criticare Eataly e chiunque lucri su «un gesto di sincerità contadina». Il film uscirà il 29 maggio, distribuito da Lucky Red

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Al termine della proiezione del documentario Resistenza naturale, il regista Jonathan Nossiter ha rinunciato al microfono e ha invitato i giornalisti a sedersi vicino a lui. Il suo film uscirà il prossimo 29 maggio, distribuito dalla Lucky Red in tutte le grandi città e godrà di lunga vita grazie alla FICE. Nossiter sarà anche presente a una serie di anteprime in giro per l’Italia.

Jonathan Nossiter: Non mi piace avere in mano un microfono, e anche al microfono non piace. Sono molto onorato che questo film così modesto sia distribuito dalla Lucky Red. Resistenza naturale nasce dall’esigenza di raccontare quella che viene chiamata con un eufemismo bugiardo “crisi”, e che in realtà consiste in un cambiamento radicale dell’ordine socioeconomico mondiale. I primi emarginati siamo noi cosiddetti artisti e coloro che fanno un lavoro artigianale. La sopravvivenza del giornalismo e del cinema dipende dai gesti chisciotteschi. Assistendo alle conversazioni tra i vignaioli ripresi in questo documentario e Gian Luca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna, mi sono detto che avrei dovuto filmarle, perché rappresentavano un modello di resistenza a un sistema che ci sta schiacciando.

Come ha incontrato questo tipo di realtà agricola?

Nossiter: Grazie a Mondovino, che diressi anni fa e che mi ha fatto odiare dagli industriali del vino ma apprezzare dagli artigiani, con cui ho potuto avviare un’amicizia. Loro hanno assunto il ruolo che noi, i cosiddetti artisti appunto, abbiamo dimenticato: il ruolo di contestatori. L’artista sta tornando a essere artigiano, e i vignaioli in questo hanno un sacco di cose da insegnarci. Ho molto riflettuto sul mio mestiere: io sono stato il tramite in questo film più che l’autore. Ma ci sono aspetti positivi nella trasformazione dell’artista in artigiano. I vignaioli filmati rappresentano quattrocento vignaioli in Italia. Per la legge sul biologico approvata a Bruxelles non si possono usare conservanti, ma si possono usare sostanze chimiche. Ovviamente perché c’è un accordo con le industrie chimiche, e ciò è scandaloso. Chi decide a Bruxelles non sono i governi, ma le multinazionali. Perciò questi agricoltori sono coraggiosi: portano avanti una ribellione etica.

In genere quando si descrive l’artigiano del vino emerge la figura di chi rifiuta a priori la tecnologia o di un radical chic… Nossiter: Invece sono loro i veri avanguardisti. Non rifiutano la tecnologia né sono passatisti, ma pensano che non si possa innovare se non c’è una consapevolezza del passato. Possiedono una coscienza storica non solo della cultura della terra, ma anche della cultura tout court. Non ci può essere ecologia ambientale se non c’è ecologia culturale, e già trovo straordinario che a questa proiezione siano presenti almeno una quarantina di persone. Per quanto riguarda la figura del radical chic, sì, ci sono persone appartenenti a una sinistra modaiola che considera “fico” fare il contadino. Ma la stragrande maggioranza dei vignaioli italiani, che io conosco, è davvero idealista in un mondo governato dal cinismo.

Come mai ha girato il film in Italia e non in altri paesi come la Francia? Un film del genere non sarebbe stato possibile altrove?

Nossiter: Si potrebbe fare questo film in tanti paesi; anche in Francia c’è una realtà del genere. Io sono americano-brasiliano, e sapevo che avrei voluto vivere in Europa. Pensavo al Portogallo, poi alla Francia. Alla fine io e mia moglie abbiamo deciso di stabilirci qui in Italia, e siamo molto felici. So che agli italiani non piace parlare bene del loro paese, ma qui per esempio nonostante i problemi nell’istruzione ci sono maestre bravissime, e questa è civiltà. Inoltre qui esiste un legame con la vita contadina molto più profondo che da qualsiasi altra parte. Sono felice che i miei bambini stiano crescendo qui.

E ci sono delle scene in cui vengono ripresi anche bambini. Pensa che questo sia un film da far vedere a un pubblico infantile?

Nossiter: Mi piacerebbe, sebbene la scena del film di Oshima non sia molto adatta. È un film istruttivo soprattutto per i giovani, dato che moltissimi di loro sono senza lavoro e ci sono milioni di ettari di terra abbandonati e “magici”. Sto cercando infatti di mostrare questo film nelle università, ma non sempre è facile.

Nel film si fa riferimento a Eataly due volte…

Nossiter: Non ci saranno proiezioni a Eataly. Mi fa schifo che un gesto di sincerità contadina venga trasformato in un oggetto di lusso: lo trovo tragico. Magari una contadina mette un prodotto a due euro e sugli scaffali di Eataly si trova a quattordici. Il cinema, l’arte, l’agricoltura dovrebbero essere condivisi in modo democratico: è la disuguaglianza che ci sta distruggendo. Eataly è un tempio della società consumistica. Se si compra un vino a dieci euro il ristoratore a volte lo mette addirittura a ottanta, mentre metterlo a quindici sarebbe onesto. Non si può giocare a fare i banchieri. Questi vignaioli indipendenti sono minacciati da tale sistema, che non li fa esistere economicamente.

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