#RomaFF11 – LoveSong, di So Yong Kim

Presentato al Sundance Film Festival del 2016, il film della cineasta coreana prende parte alla selezione Alice nella città della Festa del Cinema di Roma. Con Jena Malone e Riley Keough

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L’allamerican-drama della cineasta So Yong Kim ci racconta la storia d’amore tra due donne e tra diverse realtà che combaciano solo per brevi attimi nelle loro vite.
Sarah (Riley Keough, Mad Max: Fury Road) è alle prese con una insopportabile solitudine che neanche la sua splendida bambina sembra poter colmare: la crisi con suo marito, sempre lontano per lavoro, la porta a cercare conforto nell’amica Mindy (Jena Malone, The Neon Demon) e a riscoprire in lei sentimenti celati. Sullo sfondo di una provincia americana che si sposta tra natura, cowboy e l’ombra di una vicina New York, il racconto si trascina e spande. Nulla serve a portare in superficie la loro storia che, tra crisi coniugali e l’imminente matrimonio di Mindy, non conosce una fine emotiva pur destandosi solo nei loro sguardi.

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Una storia d’amore è il nodo centrale degli 83 minuti di LoveSong della coreana So Yong Kim, un’evoluzione intima che non vede luce: la regista ci racconta una passione vissuta in profondità, fuori dagli schemi di una vita ordinaria dove figli, mariti e amici sono al centro di un’esistenza che sembra percorrere due vie distinte. Sarah e Mindy sono protagoniste di una doppia volontà, di emozioni che contrastano l’una con l’altra, eppure convivono arbitrariamente con esse lasciando margini netti tra la loro condivisione sentimentale e una realtà che le divide. Non ci sono pressioni esterne che le portino a celarsi sotto diverse apparenze, la loro è una scelta che, sebbene fatta da entrambe in diversi momenti, è completamente autonoma.
La confessione conclusiva, quando l’affetto celato trova una forma verbale nella dichiarazione esplicita dei loro sentimenti, sembra aprire finalmente un varco nel mondo alla loro storia, ma non è altro che una promessa reciproca che si consuma tra le due soltanto e lì si declina e struttura, non uscendo in alcun modo dal riflesso della loro interiorità.

La cineasta coreana ci presenta un lavoro nitido, fortemente legato ad una tenera intimità che, come tale, non varca mai la superficie e fa dello spettro interiore l’unica dimensione possibile dei loro impulsi. Un film che scorre malgrado qualche inciampo di una sceneggiatura (scritta dalla stessa Yong Kim e Bradley Rust Gray) che probabilmente avrebbe potuto indagare ancor più i personaggi che racconta.
La colonna sonora di Johann Johannsson (autore che ritroveremo a breve nell’atteso sequel di Blade Runner) ci trasporta nelle vite di queste ragazze, ricordando che tra le note più blasonate di un brano possono nascondersi accordi dissonanti, ma non per questo di minor rilievo.

 

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